LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere -
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - rel. Consigliere -
Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 8675/2009 proposto da:
F.A. - ricorrente -
contro
A.A. - controricorrente -
contro
I.N.P.D.A.P. ;
- intimati -
avverso la sentenza n.1159/2008 della Corte d'Appello di Roma, depositata il 14/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/03/2013 dal Consigliere Dott. Rosa Maria Di Virgilio;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato Pansini Giovanna che si riporta al ricorso e chiede l'accoglimento;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato Gentili Carla Maria che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fucci Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

A.A., moglie divorziata di C.E., deceduto il ____, agiva in giudizio nei confronti di F. A., moglie superstite del C., nonchè dell'Istituto Nazionale di Previdenza per i dipendenti dell'Amministrazione pubblica(Inpdap) e del Ministero del Tesoro, per ottenere il riconoscimento del proprio diritto ad una quota della pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto, traenti origine dal rapporto di lavoro del C., quale magistrato della Corte dei Conti, col competente Ministero del Tesoro. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 5 aprile 2003, respinta l'eccezione di incompetenza territoriale, determinava la quota spettante al coniuge divorziato della pensione di reversibilità nella misura del 70% e quella spettante al coniuge superstite nella misura del 30%, sulla base della maggior durata del primo matrimonio, protrattosi dal 31 gennaio 1979 sino al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio del 27 giugno 1992, rispetto a quella del secondo matrimonio, contratto il 27 aprile 1993 e cessato per la morte del C. il ____; rigettava la domanda della A. diretta ad ottenere dalla F. la restituzione delle somme relative alla pensione di reversibilità percepite in misura superiore a quella spettante alla moglie superstite; riconosceva il diritto dell'A. ad una quota del trattamento di fine rapporto dell'ex coniuge nella misura del 40% dell'indennità totale corrisposta al C. per i 36 anni di lavoro prestato, e condannava la F., quale erede del C., al pagamento della predetta quota, liquidata nella complessiva somma di L. 45.922.561; compensava infine tra la parte attrice e le Amministrazioni convenute le spese processuali, mentre condannava la soccombente al pagamento delle spese processuali a favore dell' A. nell'importo come liquidato.
Proponeva appello la F., a cui l' A. resisteva, proponendo appello incidentale.
La Corte d'appello, con sentenza 26 settembre - 22 novembre 2002, respingeva l'appello principale e, in accoglimento dell'appello incidentale, condannava la F. al pagamento a favore della A. della somma di lire 45.922.561, con gli interessi legali dal dovuto, disponendo l'integrale compensazione tra le parti delle spese del solo giudizio d'appello.
Ricorreva per cassazione la F., e la Corte adita, con sentenza del 10 novembre 2005 - 7 marzo 2006, in accoglimento del solo secondo motivo di ricorso, cassava la decisione impugnata rinviando alla Corte d'appello in diversa composizione, per l'applicazione del principio di diritto enunciato e per la disciplina delle spese processuali, incluse quelle pertinenti al giudizio di cassazione.
Il giudizio veniva riassunto regolarmente dalla F.; si costituiva l' A., chiedendo il rigetto della domanda; anche l'Inpdap chiedeva il rigetto del gravame, mentre il Ministero del Tesoro non si costituiva in giudizio. La Corte d'appello, con sentenza in data 7 febbraio - 14 marzo 2008, ha determinato nella percentuale del 60% del totale la quota della pensione di reversibilità derivante dall'attività lavorativa prestata dal defunto C.E., da attribuire alla moglie divorziata A.A., e nel 40% la quota della medesima pensione da attribuire alla moglie superstite F.A.; ha dichiarato conseguentemente l'obbligo dell'Inpdap di provvedere con decorrenza dal primo mese successivo alla morte del C. alla ripartizione della pensione di reversibilità tra la A. e la F. secondo la proporzione suindicata, salvo il diritto di ripetizione dell'ente previdenziale nei riguardi della parte finora beneficiata di quota superiore rispetto a quella riconosciuta; ha disposto l'integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di riassunzione e di legittimità, confermando nel resto l'impugnata sentenza.
Nello specifico, la Corte del merito, premesso il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, ha ritenuto di dovere procedere al complessivo riesame degli elementi correttivi del criterio meramente temporale della durata dei matrimoni, al fine dell'equa ripartizione della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite.
Tanto premesso, la Corte capitolina ha rilevato che la mancanza del fascicolo d'ufficio del primo grado e l'omessa integrale produzione del fascicolo di primo grado della parte convenuta, essendo quello depositato nel giudizio privo delle note a verbale d'udienza del 6 ottobre '99 davanti al G.I., che si assumeva contenessero l'articolazione della prova testimoniale, impedivano di procedere al controllo di ammissibilità e rilevanza della prova, che risultava specificamente articolata con indicazione dei testimoni soltanto nel presente giudizio di rinvio, restando quindi non verificabile la rituale tempestiva deduzione della prova richiesta (della quale comunque, nella versione esposta, emergevano la genericità e l'irrilevanza con riguardo ai capitoli numeri 2 e 3. Ciò posto, la Corte del merito ha rilevato che le prove documentali legittimamente acquisite nel corso del giudizio di merito consentivano di ritenere provate le seguenti circostanze: la durata molto modesta dell'effettiva convivenza tra l' A. ed il C., risultando i coniugi comparsi davanti al Presidente del Tribunale nel procedimento di separazione già il 17 dicembre 1980, con separazione consensuale formalizzata il 19 ottobre 1981 ed omologata il 30 ottobre successivo, cui aveva fatto seguito la sentenza di scioglimento del matrimonio, divenuta irrevocabile il 27 giugno 1992; la relazione affettiva tra il C. e la F., documentata fin dai primi anni '80, con il trasferimento della residenza del C. presso la casa della F., avvenuta formalmente il 2 gennaio 1992, in coincidenza con il collocamento a riposo dello stesso C. cui era seguito il matrimonio celebrato il 27 aprile 1993; l'attribuzione all' A., con la predetta sentenza di scioglimento del matrimonio, dell'assegno di divorzio di L. 1.200.000 al mese, con decorrenza dalla pubblicazione della decisione di primo grado e con rivalutazione automatica annuale secondo gli indici Istat a far tempo dal 1 gennaio 1989; le diverse condizioni reddituali della moglie divorziata rispetto a quella superstite, essendo l' A. sprovvista di redditi propri e la F., già maestra elementare, titolare di propria pensione ed inoltre proprietaria di alcuni beni immobili.
Valutato quindi, con la doverosa ponderazione, insieme alla durata legale dei due matrimoni, anche il tempo dell'effettiva convivenza della A. con il C., di fatto inferiore a quello della relazione affettiva dello stesso C. con la F.;
valutato l'assegno di divorzio riconosciuto all' A. ed il divario economico esistente tra le due mogli a favore della prima, priva di redditi autonomi, la Corte del merito ha temperato il criterio della durata legale dei due matrimoni con i parametri costituiti dalla maggiore durata dell'effettiva convivenza con la F. e dell'entità dell'assegno divorzile, ed ha ritenuto equo attribuire alla moglie divorziata, priva di redditi propri anche in precarie condizioni di salute, una quota pari al 60% della pensione di reversibilità ed alla moglie superstite, la quota del 40% della medesima pensione. La Corte d'appello ha altresì respinto la domanda della F. di condanna della A. alla restituzione delle maggiori somme percepite dal giugno 1999 rispetto alla quota di pensione di reversibilità riconosciutale e dichiarato invece l'obbligo dell'Inpdap di provvedere alla ripartizione della pensione tra le due parti nella proporzione indicata, fin dal primo giorno del mese successivo al decesso del C., salvo il diritto dell'ente di ripetere le somme versate in eccesso dal coniuge titolare della quota minore di pensione.
Ha respinto altresì la domanda subordinata di condanna del Ministero del Tesoro, non essendo detto Ministero l'ente erogatore del trattamento pensionistico.
Ha infine compensato integralmente tra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione e del giudizio di rinvio, visti gli esiti del giudizio di cassazione e del giudizio di rinvio.
Ricorre avverso detta pronuncia F.A., sulla base di quattro motivi.
Si difende con controricorso A.A.
F.A. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Motivazione

1.1.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia "infedele esecuzione da parte del giudice di rinvio del principio di diritto enunciato dalla S.C. con la pronuncia di annullamento ed omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia - Violazione dell'art. 384 c.p.c., in relazione alla L. n. 898 del 1970, art. 9, (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)"
Secondo la ricorrente, il Giudice del rinvio ha solo operato il parziale riesame delle prove documentali; la Suprema Corte aveva affermato la rilevanza dell'ammontare dell'assegno goduto dal coniuge divorziato prima del decesso e dell'esistenza del periodo di convivenza prematrimoniale, ritenendo assorbite le censure sulla statuita inammissibilità delle prove; la Corte del merito è tornata a fondare la decisione sugli stessi elementi già considerati dalla sentenza annullata, mentre avrebbe dovuto considerare la proporzione esistente tra lo stipendio del C., magistrato della Corte dei Conti, e l'assegno divorzile dell' A., priva di altre fonti di reddito, e, in secondo luogo, i diversi tenori di vita goduti dalle parti prima del decesso del C., che sin dagli anni '80 aveva costituito con la F. una comunione materiale oltre che spirituale; avrebbe dovuto altresì verificare l'esatto ammontare della pensione del C. alla data delle nozze con la F., accertare il tenore di vita goduto da dette parti, e quindi determinare la percentuale della pensione di reversibilità spettante alla A., in ragione dei caratteri solidaristici della pensione stessa, dei principi di uguaglianza sostanziale e solidarietà sociale, di quanto statuito dalla Corte cost. con la sentenza 419/99 e dell'intento del legislatore, di cui alla L. n. 898 del 1970.
La Corte del merito avrebbe dovuto accertare il periodo di convivenza prematrimoniale della F. con il C., con l'escussione dei testi sui capitoli dedotti in primo grado e ritrascritti, non ammessi in primo ed in secondo grado, la cui ritenuta inammissibilità era stata censurata con il secondo motivo di ricorso avanti alla Suprema Corte, e da questa ritenuta assorbito.
Il Giudice del rinvio ha reso a riguardo motivazione carente ed illogica, e quantomeno avrebbe dovuto prestare attenzione alle dichiarazioni in atti, del medico curante, dei titolari degli alberghi indicati, di amici e conoscenti, così come dalla situazione di salute della F., dichiarata invalida civile totale.
1.2.- Col secondo motivo, la ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione dell'art. 347 c.p.c., omessa pronuncia su fatto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)": le note a verbale dell'udienza del ottobre 1999, ove erano state dedotte le prove, non avrebbero dovuto o potuto trovarsi nel fascicolo di parte, ed erano state trascritte, con l'indicazione degli stessi testimoni, nell'atto d'appello e nell'atto di citazione in riassunzione; la Corte del merito non avrebbe dovuto procedere a valutare l'ammissibilità e la rilevanza delle prove, perchè sulla questione si doveva ritenere formato il giudicato, e in ogni caso, avrebbe dovuto disporre l'acquisizione del fascicolo di primo grado, non pervenutole.
1.3.- Col terzo motivo, la ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione art. 91 c.p.c., in relazione all'art. 385 c.p.c. - difetto di motivazione in punto di compensazione delle spese di lite (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)".
La F. non si è mai opposta all'attribuzione di quota della pensione di reversibilità alla A. e deve considerarsi totalmente vittoriosa nel giudizio di legittimità e nel giudizio di rinvio.
2.1.- I primi due motivi di ricorso, strettamente connessi, vanno accolti nei limiti e per le ragioni di seguito indicati.
Questa Corte, nella pronuncia 4867/2006, nell'accogliere il secondo motivo del ricorso della F., respinti gli altri, ha enunciato il principio di diritto, al quale avrebbe dovuto attenersi il Giudice del rinvio, richiamando la propria precedente giurisprudenza in relazione alla ripartizione del trattamento di reversibilità in caso di concorso tra il coniuge superstite ed il coniuge divorziato, aventi entrambi i requisiti per la relativa pensione, e specificamente indicando che tale ripartizione "deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata del rapporto matrimoniale (ossia del dato numerico rappresentato dalla proporzione fra le estensioni temporali dei rapporti matrimoniali degli stessi coniugi con l'ex coniuge deceduto) anche ponderando ulteriori elementi, correlati alle finalità che presiedono al diritto di reversibilità, da utilizzare eventualmente quali correttivi del criterio temporale; fra tali elementi, da individuarsi nell'ambito della L. n. 898 del 1970, art. 5, specifico rilievo assumono l'ammontare dell'assegno goduto dal coniuge divorziato prima del decesso dell'ex coniuge, nonchè le condizioni dei soggetti coinvolti nella vicenda, e in quest'ottica, e al solo fine di evitare che l'ex coniuge sia privato dei mezzi indispensabili per mantenere il tenore di vita che gli avrebbe dovuto assicurare nel tempo l'assegno di divorzio, ed il secondo coniuge il tenore di vita che il de cuius gli aveva assicurato in vita, anche l'esistenza di un periodo di convivenza prematrimoniale del secondo coniuge potrà essere considerata dal Giudice del merito quale elemento da apprezzare per una più compiuta valutazione delle situazioni".
Il S.C. ha pertanto annullato la sentenza della Corte d'appello per non essersi uniformata a detto principio ed ha conseguentemente ritenuto assorbite "le ulteriori censure sollevate dalla ricorrente nel secondo motivo in relazione alla ritenuta inammissibilità delle richieste istruttorie formulate per provare la durata della convivenza tra la stessa F. e il C. e alla situazione economica e allo stato di salute delle parti, in quanto l'esigenza di prendere in considerazione e valutare, come elemento correttivo del criterio matematico della durata dei rispettivi matrimoni, anche i periodi di convivenza comporta il complessivo riesame degli elementi correttivi da prendere in considerazione per la determinazione delle quote di pensione di reversibilità spettante alle parti e delle istanze istruttorie formulate a tale riguardo".
La pronuncia 4867/2006 ha pertanto chiaramente indicato la valutazione spettante al Giudice del rinvio ed ha esattamente individuato il punto della motivazione carente nella sentenza impugnata, in relazione all'indagine sulla durata dell'effettiva convivenza prematrimoniale del C. con la F.; la Corte ha altresì precisato che le ulteriori valutazioni sulle prove e sugli altri elementi -, correttivi già individuati erano di spettanza del Giudice del rinvio, che avrebbe dovuto provvedere al complessivo riesame degli elementi correttivi, dovendo lo stesso prendere in considerazione anche i periodi di effettiva convivenza.
Il S.C. ha così indicato anche l'iter logico-giuridico che avrebbe dovuto seguire il Giudice del rinvio. La Corte d'appello di Roma, a riguardo, nel dare seguito al complessivo riesame come alla stessa demandato, e nel valutare l'ammissibilità e la rilevanza delle prove richieste dalla F., ha osservato che la mancanza del fascicolo d'ufficio e l'omessa produzione delle note a verbale dell'udienza del 6 ottobre 1999, contenenti in tesi la deduzione delle prove, non consentivano la verifica della rituale e tempestiva deduzione della prova medesima; ha rilevato che, comunque, i capitoli dedotti sub nn. 2 e 3 dalla F. nell'atto di citazione in riassunzione erano generici ed irrilevanti, attenendo "rispettivamente ad un trasferimento di indumenti personali del C., nell'agosto del 1991, dalla casa _____ a quella in _______ (provincia di _______),dove avrebbe convissuto con la F., e all'abitudine della coppia C. - F. nell'arco di tempo dal 1983 al 1993, di trascorrere le festività e le vacanze insieme, ciò che, anche se accertato, non sarebbe di per sè, sufficiente a dimostrare il diverso rapporto di convivenza more uxorio, oggetto del solo capitolo n. 1, che si assume instaurato tra il C. e la F. in tempo antecedente la celebrazione del loro matrimonio".
Orbene, la motivazione della Corte capitolina in relazione alla ritenuta genericità ed irrilevanza dei capitoli di prova dedotti dalla F. e riportati nell'atto di riassunzione (ritrascritti nel ricorso per cassazione alle pagine 21-22) è palesemente illogica e carente, in quanto argomenta sulla rilevanza (giudizio che comunque le competeva, per il rinvio operato dalla Cassazione, nè sul punto si era formato alcun accertamento definitivo, ed anzi tale fatto costituiva l'oggetto dell'indagine richiesta al Giudice del rinvio) dei capitoli 2 e 3, siccome correlati al capitolo 1, sul quale la Corte del merito tace completamente.
Il ragionamento seguito quindi giustifica l'irrilevanza dei capitoli alla stregua del collegamento con il cap. 1, che costituisce proprio il fatto oggetto di prova ed il cui esame è stato omesso.
Così argomentando, la Corte del merito è incorsa in vizio motivazionale, che l'odierna ricorrente deve ritenersi avere sostanzialmente censurato, tra gli altri rilievi, con i primi due motivi, ed è pertanto incorsa nella violazione del principio di diritto rimesso dalla S.C. nella pronuncia 4867/2006.
Rimangono assorbite le ulteriori censure sul complessivo giudizio rimesso alla Corte del merito, nella rivalutazione della effettiva durata della convivenza tra il C. e la F. come elemento correttivo del criterio matematico della durata dei due matrimoni, e nel complessivo riesame delle situazione economica e di salute delle parti. E' altresì assorbito il terzo motivo.
Da ciò consegue la cassazione della pronuncia impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione, che provvedere alla valutazione delle istanze istruttorie della F. secondo quanto sopra rilevato, ed al complessivo riesame degli elementi correttivi da prendere in considerazione per la determinazione delle quote della pensione di reversibilità spettante alle parti, e che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2013


 

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