NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI GENOVA
SECONDA SEZIONE CIVILE
In persona del giudice unico dott.ssa Valeria Albino ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 6562/013 R.G. promossa da:
B. P. e D.R., elettivamente domiciliati in Genova ____ presso l'Avv. S.B., che li rappresenta e difende unitamente all'Avv. S.S. in forza di mandato a margine dell'atto di citazione
- attori -
contro
P., elettivamente domiciliata in Genova ____ presso gli Avv. M. e G.M., che la rappresentano e difendono in forza di mandato in calce alla copia dell'atto notificato
- convenuto -

Svolgimento del processo

Ex art. 45, comma 17, L. n. 69/2009 La presente vicenda processuale trae origine dalla domanda proposta davanti a questo Tribunale dai sigg.ri B.P. e D.R. contro la ditta P. al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 25.120,00, o della somma diversa meglio vista, in conseguenza del danno subito a causa del furto di gioielli e suppellettili perpetrato sabato 19/11/011 all'interno dell'appartamento di loro proprietà sito in Genova, ____ da persona ignota che, dopo aver utilizzato il ponteggio situato all'interno del vano scale condominiale per l'esecuzione di lavori straordinari alla copertura ed essere giunta sul lastrico solare, si era facilmente calata sul balcone sottostante degli attori ed era entrata nell'appartamento, forzando la porta finestra.
Deducevano altresì che era stata rinvenuta nella porta di accesso al lastrico solare la chiave consegnata dall'amministratore all'impresa convenuta. Invocavano a fondamento della domanda gli artt. 2043 e 2051 c.c.
Si costituiva la ditta P., contestando la domanda di cui chiedeva il rigetto.
Opponeva: l'assenza del nesso di causalità fra la presenza dell'impalcatura e il furto; il fatto che il capitolato dei lavori non prevedesse alcun sistema di allarme; il fatto che non vi fosse prova del furto né dell'utilizzo del mazzo di chiavi in uso alla ditta; il fatto che le chiavi di tale porta fossero in deposito in un vano utilizzato anche dal Condominio per deposito. Contestava il difetto di potere di sorveglianza in capo al Condominio convenuto, nonché il quantum risarcitorio richiesto.

Concessi i termini ex art. 183, 6 comma, n. 1, 2 e 3, ammesse ed espletate le prove orali dedotte da parte attrice, disposta ctu atta alla quantificazione dei gioielli, la causa, precisata come in epigrafe, all'esito dello scambio delle difese finali, passava in decisione.

Motivazione

Risulta dall'istruttoria svolta che nel tardo pomeriggio di sabato 19/11/011, è stato perpetrato un furto all'interno dell'appartamento degli attori.
Sulla base delle deposizioni dei testi può ritenersi accertato che il malvivente si sia calato dal soprastante lastrico solare, passando attraverso il balcone dell'appartamento attiguo int. 31 (cfr. dep. Or.), per poi giungere al balcone dell'appartamento degli attori e da qui entrare nell'appartamento. Ciò si desume dal fatto che nell'immediatezza del furto il signor B. abbia riferito ai condomini accorsi, tra i quali va annoverato anche l'amministratore G. (cfr. dep. Teste D.O., che ha sentito il trambusto sulla scala, R.G.) di aver visto un uomo che si allontanava per le scale e dal fatto che gli stessi condomini abbiano constatato delle impronte nel canalone di gronda presente nel balcone del sig. B. (cfr. dep. Gr.), sulla ringhiera dello stesso balcone (cfr. dep. R.), nonché sulla ringhiera del balcone dell'ultimo piano abitato dalla teste O.
Risulta altresì dalla deposizione dell'amministratore G. che fu rinvenuta nella serratura della porta di accesso al lastrico solare la chiave che costui nella dichiarazione scritta resa il 18/7/012 (produzione 12 di parte attrice) aveva dichiarato aver consegnato al titolare dell'impresa, signor P., e che invece nel corso della deposizione ha dichiarato di non ricordare da chi materialmente fosse stata consegnata a quest'ultimo, confermando invece di aver consegnato all'impresa la chiave del sottoscala e quella di accesso al pianerottolo da cui si giunge ai lastrici solari. Sul punto, la signora O. ha dichiarato che aveva personalmente consegnato le chiavi della porta di sua pertinenza per l'accesso al lastrico all'amministratore affinché a propria volta la consegnasse al titolare dell'impresa.
A prescindere, in ogni caso da chi avesse consegnato materialmente le chiavi, è certo che il signor P. disponesse delle chiavi (cfr. anche risposta all'interrogatorio formale sub ca. 16) di tale porta che, come è altresì emerso, era l'unica da cui si poteva accedere durante i lavori dell'impresa convenuta al lastrico solare, essendo state le altre tutte ostruite da ponteggi (cfr. dep. G., dep. O.).
In ordine al rinvenimento della chiave nella toppa della porta di accesso al lastrico dopo il furto, la teste O. ha dichiarato di non aver constatato personalmente se nella serratura della porta vi fossero le chiavi, ma che il marito gli riferì di aver trovato la porta socchiusa, mentre il teste R. ha invece dichiarato di aver rinvenuto dopo il furto tale porta socchiusa, mentre l'amministratore G. ha confermato la circostanza del suo rinvenimento nella toppa.

La giurisprudenza della Suprema Corte richiamata a sostegno della tesi prospettata in causa da parte attrice non è del tutto pertinente perché riguarda casi di riconosciuta responsabilità del condominio e/o dell'impresa appaltatrice di lavori di ristrutturazione del caseggiato per danni da furto subiti da condomini a causa di impalcature/ponteggi installati lungo la facciata del condominio e poi lasciati incustoditi e privi di adeguate protezioni ed impianti di allarme/illuminazione con la conseguente "creazione colposa" di un "agevole accesso ai ladri' per penetrare all'interno dell'unità immobiliare attraverso l'"uso anomalo della struttura" (da ultimo tra le tante Cass. n. 6435/2009).
E' opportuno ricordare che in tali casi la responsabilità dell'impresa appaltatrice dei ripristini condominiali (nonché quella del Condominio) non può discendere dalla sola e necessaria realizzazione delle impalcature nei pressi delle facciate del condominio, ma deve fondarsi su una obiettiva agevolazione colposa alle altrui iniziative delinquenziali.
La circostanza che l'azione criminosa di terzi sia stata agevolata dalla presenza di ponteggi non determina alcuna automatica responsabilità dell'appaltatore, occorrendo un quid pluris, vale dire la negligente tenuta del ponteggio, avendo riguardo alle circostanze di tempo e di luogo. Solo in tal modo l'utilizzo di un ponteggio da parte di terzi può diventare fonte di responsabilità aquiliana per l'appaltatore, in quanto l'installazione di un ponteggio di per sé non costituisce res illicita: in tal senso si è espressa la prevalente giurisprudenza di legittimità, valendo in proposito il richiamo alle decisione della Corte di Cassazione così massimato per cui in tema di furto consumato da persona introdottasi in un appartamento avvalendosi dei ponteggi installati per i lavori di manutenzione dello stabile, è configurabile la responsabilità, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., dell'imprenditore che per tali lavori si avvale dei ponteggi ove, violando il principio del "neminem laedere", egli abbia collocato tali impalcature omettendo di dotarle di cautele atte ad impedirne l'uso anomalo (cfr. Cass. n. 292/011; Cass. n. 8630/06; Cass. n. 24897/05; Cass. n. 2844/05, e da ultimo recentemente Cass. n. 1890/2013).

Si tratta di trasferire tale elaborazione giurisprudenziale nel caso in discussione per verificare il fondamento dell'addebito di colposa agevolazione all'altrui - impresa criminosa, che l'attrice annette all'impresa convenuta sotto due profili: ossia 1) il fatto di aver posizionato delle impalcature non allarmate che avevano neutralizzato la funzione deterrente degli offendicula sporgenti in ferro del cancello posto sulla sommità delle scale condominiali; 2) il fatto di aver lasciato incustodita la chiave della porta di accesso sul lastrico solare, da cui il malvivente era passato per poi calarsi nell'appartamento degli attori.
E', infatti, principalmente sotto il profilo della colpa "agevolativa" sotto il profilo sub 2) di cui sopra, che si ravvisa la fondatezza della domanda.
Può ritenersi emerso con sufficiente certezza che il malvivente rimasto ignoto sia riuscito a penetrare all'interno dell'appartamento degli attori usufruendo dei ponteggi posti all'interno del vano scale, dai quali è riuscito a superare l'ostacolo rappresentato dagli offendicula presenti intorno al cancello di accesso al pianerottolo, da cui ulteriormente si accede al lastrico solare, e da dove si è calato nel balcone e poi nell'appartamento degli attori. Al riguardo, infatti, oltre ad essere emerso dal rinvenimento delle impronte riferite dai testi il percorso del malvivente, è altresì emerso dal testimoniale che per l'accesso al lastrico solare esistono quattro distinte porte, ognuna dotata di una diversa serratura, la cui chiave si trovava prima dei lavori in questione nella esclusiva disponibilità dei condomini proprietari dell'ultimo piano. Essendo le altre tre porte di accesso chiuse da ponteggi, la chiave dell'unica porta da cui si poteva accedere al lastrico solare era nella disponibilità, oltre che forse dei proprietari A.O., certamente dell'impresa, alla quale era stata consegnata per esigenze lavorative (cfr. interrogatorio formale D.P.). Questi ha altresì dichiarato che per praticità le chiavi venivano conservate nel sottoscala, la cui porta si apriva con chiave conservata in vano attiguo aperto e con la quale è stata aperta l'unica porta che consentiva in quel momento l'accesso al lastrico solare, porta nella cui toppa è stata trovata dall'amministratore G. la chiave.
Il malvivente si è certamente servito di tale chiave per accedere al lastrico solare, salvoche, e questa è un'ulteriore plausibile ipotesi, l'impresa abbia lasciato/dimenticato la chiave posizionata nella porta di accesso al lastrico.

Se sotto il profilo dell'addebito sub 1) non ritiene il Tribunale l'esistenza di per sé sola di profili colposi della convenuta, in ragione del fatto che le impalcature non erano poste all'esterno del caseggiato - come tali ben visibili dalla pubblica via e idonee a costituire un "facile ed agevole accesso" ai piani alti delle abitazioni da parte di tutti i possibili malintenzionati - bensì all'interno delle scale, quindi visibili da una ristretta cerchia di persone (condomini, loro frequentatori e personale dell'impresa), nonché in ragione del fatto che nel capitolato d'appalto il condominio e l'impresa non avevano pattuito la installazione di un impianto di allarme (cfr. dep. G.), invece a diversa conclusione deve pervenirsi in ragione dell'addebito sub 2), qualificandosi come comportamento gravemente imprudente quello di lasciare le chiavi della porta di accesso al lastrico solare in un vano, la cui porta poteva essere aperta con chiave tenuta in attiguo vano anch'esso aperto (senza considerare l'altra plausibile ipotesi maggiormente negligente consistente nell'aver dimenticato o lasciato la chiave direttamente nella toppa della porta di accesso al lastrico). Al termine della giornata lavorativa, l'impresa avrebbe dovuto chiudere la porta del lastrico solare e/o custodirne con cura ed in modo appropriato la chiave, tenuto conto proprio del fatto concomitante inerente alla collocazione di ponteggi interni alla tromba delle scale, suscettibile di consentire il facile accesso all'ultimo piano.
Parte convenuta ha affermato in comparsa di risposta (pag. 4) che alcuni giorni prima del furto la porticina del locale ove erano depositate le chiavi era stata forzata e sottratti degli oggetti da lavoro, circostanza che avrebbe dovuto allertare il dovere dell'impresa di controllo e di attenzione, non potendosi attribuire invece valore dirimente alle dichiarazioni rese dal sig. P. in sede di interrogatorio formale ex art. 2734 c.c. come vorrebbe parte convenuta, proprio in ragione dell'iniziale posizione difensiva assunta dalla medesima parte, e successivamente modificata ingiustificatamente.
Quanto, infine al fatto che la porta di accesso al lastrico fosse facilmente apribile, è circostanza contrastante col dato testimoniale per cui si trattava di porta in alluminio anodizzato e chiusa a chiave (cfr. anche foto in atti), tale comunque, ove effettivamente chiusa, da costituire un ostacolo all'azione del malvivente che invece nel caso in esame non ha dovuto effettuare alcuno scasso, posto che, come risulta dalla relazione Le. prodotta da parte convenuta la porta finestra in legno da cui il malvivente è entrato in casa dell'attore era facilmente apribile anche con una spinta.

Alla luce di quanto sopra, la responsabilità della ditta convenuta deve, quindi, essere affermata ai sensi dell'art. 2043 c.c. Invero in tema di responsabilità civile qualora l'evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni il problema del concorso delle cause trova soluzione nell'art. 41 cod. pen. in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l'esclusiva efficienza causale di una di esse: in particolare, in riferimento al caso in cui una delle cause consista in una omissione, la positiva valutazione sull'esistenza del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l'azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l'evento dannoso ovvero a ridurne le conseguenze (Cass. n. 11903/2008; Cass. n. 25020/2008; Cass. n. 10741/2009). Inoltre, il problema della causalità omissiva postula l'individuazione dell'obbligo giuridico, specifico o generico, che impone la tenuta della condotta omessa, e non è possibile ricostruire la serie causale sulla base della almeno iniziale applicazione del principio della cosiddetta equivalenza condizionale ("conditio sine qua non"), senza domandarsi se tale oggettiva mancanza si ricolleghi all'esistenza in capo al soggetto asseritamente danneggiante di un obbligo, giuridico o specifico, di tenere la condotta che avrebbe determinato gli effetti di cui si constata la mancanza. La preliminare individuazione di siffatto obbligo deve precedere il momento di apprezzamento successivo della causalità omissiva, che, com'è noto, consiste nell'accertare se l'evento sia effettivamente ricollegabile in tutto od in parte all'omissione, nel senso che esso non si sarebbe verificato se l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli (e, dunque, anche escludendo il rilievo di concause che abbiano potuto rendere irrilevante l'omissione), con l'ulteriore avvertenza che l'evento dannoso dev'essere anche riconducibile alla tipologia di eventi che l'obbligo specifico o generico di tenere la condotta omessa intendeva evitare (cfr. Cass. n. 975/09).
Nella fattispecie concreta l'evento dannoso, pur cagionato dal fatto illecito di rilevanza penale commesso da persona rimasta ignote, è stato certamente agevolato dalla avvenuta disponibilità delle chiavi da parte del malvivente, queste si facilmente accessibili.
La domanda quindi va accolta.

Venendo al quantum, risulta dall'istruttoria svolta documentale (denuncia di furto dell'attore redatta nell'immediatezza del fatto) e testimoniale (B.D. e B.F.) che gli oggetti sottratti corrispondono a quelli indicati in atto di citazione, il cui valore è stato stimato dal CTU R.B. in Euro 11.500,00 all'epoca del furto. Riguardo poi agli accessori sulle somme risarcitone riconosciute è dovuta, conformemente ai principi generali sui debiti di valore, la rivalutazione monetaria maturata dalla data del sinistro (19.11.011) fino all'odierna liquidazione (data sentenza), da calcolarsi applicando gli indici ISTAT del costo della vita.
Per il calcolo degli interessi compensativi, occorre applicare il criterio messo a punto nella nota sentenza della Corte di Cassazione a Sezione Unite 17.2.1995 n. 1712, secondo il quale gli interessi sui debiti di valore vanno calcolati sulla somma corrispondente al valore della somma al momento dell'illecito, via via rivalutata anno per anno sulla base dei noti indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.
In applicazione di tale criterio, al fine del calcolo degli interessi, la somma capitale come sopra determinata deve essere previamente devalutata in base ai detti indici ISTAT fino alla data del sinistro e sulla stessa, progressivamente rivalutata anno per anno, devono calcolarsi gli interessi al tasso legale.
Le spese di lite seguono la soccombenza, liquidate ex D.M. n. 55/014 applicabile alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore ex art. 28 (3/4/014), secondo lo scaglione per cui vi è condanna.

PQM

Il Tribunale di Genova, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:
- dichiara la responsabilità della ditta convenuta P. in ordine al furto di cui è causa e, per l'effetto, la condanna al risarcimento del danno patrimoniale subito dai sig.ri B.P. e D.R. che liquida in Euro 11.500,00, oltre interessi e rivalutazione sulla somma annualmente rivalutata dal 19/11/011 alla presente sentenza, oltre interessi corrispettivi dalla sentenza al saldo;
- condanna la ditta convenuta P. al pagamento delle spese di lite in favore degli attori, che liquida in Euro 220,00 per esborsi e Euro 4.835,00, oltre spese forfetizzate al 15%, iva e c.p.a.;
- pone a carico in via definitiva della ditta convenuta Pc. le spese di ctu, come liquidate in istruttoria.
Così deciso in Genova il 13 maggio 2015.
Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2015.


 

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