REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto - Presidente -
Dott. ARMANO Uliana - Consigliere -
Dott. STALLA Giacomo Maria - Consigliere -
Dott. LANZILLO Raffaella - Consigliere -
Dott. CARLUCCIO Giuseppa - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 25473/2008 proposto da:
D.S., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato MEDEI PIERLUIGI giusta procura in calce al ricorso
- ricorrente -
contro
SARA ASSICURAZIONI SPA in persona del suo legale rappresentante Avv. B.R. domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato GAETANO ALESSI, giusta procura speciale in calce al controricorso;
- controricorrente -
e contro
C.E.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 582/2007 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 14/12/2007, R.G.N. 16/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/05/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l'inammissibilità.

Svolgimento del processo

1. C.E., nel 1998, convenne in giudizio D.S. e la Sara Assicurazioni e chiese il risarcimento dei danni subiti in esito a un sinistro stradale riconducibile alla sola responsabilità del D., quale conducente e proprietario della autovettura assicurata dalla assicurazione convenuta.
L'assicurazione contestò le pretese attoree superiori al massimale e svolse azione di rivalsa nei confronti del D. per aver guidato in stato di ebbrezza. Il D. si difese e nei confronti dell'attore e nei confronti della azione di rivalsa dell'assicurazione.
Il Tribunale di Camerino, riconosciuta l'esclusiva responsabilità del D., lo condannò in solido con l'assicurazione al pagamento di un miliardo e mezzo di lire, pari al massimale garantito, oltre gli interessi legali dalla data del sinistro sulla somma annualmente rivalutata, riconosciuta la mala gestio dell'assicurazione; condannò il D. al pagamento di oltre 460 milioni di lire, oltre interessi legali dalla data del sinistro, sulla somma annualmente rivalutata; dichiarò inammissibile la domanda di rivalsa proposta dall'assicurazione.
La Corte di appello di Ancona, adita dal D., dichiarò inammissibile l'appello (sentenza del 14 dicembre 2007).
2. Avverso la suddetta sentenza, D. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Resiste con controricorso la Sara Assicurazioni, eccependo l'inammissibilità per inadeguatezza dei quesiti di diritto, e chiedendo, comunque, il rigetto nel merito.
Il C., ritualmente intimato, non svolge difese.

Motivazione

1. Ai fini che ancora rilevano, la Corte i merito, nel riassumere la censura avanzata dal D. in appello, ha riferito di una lamentata contraddizione tra l'essere stata riconosciuta la "mala gestio" dell'assicurazione e la condanna dell'assicurato danneggiante per quanto spettante al danneggiato oltre i limiti del massimale.
Ha dichiarato la censura inammissibile.
Ricostruita la censura di appello come l'invocazione di una condanna dell'assicurazione per responsabilità da "mala gestio"; messa in evidenza la differenza tra "mala gestio impropria", relativa al rapporto tra danneggiato e assicurazione, che da luogo solo alle conseguenze per l'assicuratore della mora nelle obbligazioni pecuniarie, e la "mala gestio propria", relativa al rapporto tra assicurato/danneggiante e assicuratore che da luogo a responsabilità contrattuale, la Corte di merito ha rilevato la confusione tra le due diverse ipotesi nelle richieste dell'appellante e ha argomentato nel senso che il D. non aveva proposto la relativa e specifica domanda in primo grado. A tal fine, richiamato l'atto introduttivo del giudizio e la memoria ex art. 183 c.p.c., ha sostenuto che dagli stessi risulta solo invocata la "mala gestio impropria", concernente il rapporto danneggiato assicuratore, mentre nessuna pretesa era stata avanzata nei confronti dell'assicuratore per la parte del risarcimento non coperta da massimale.

2. Con il primo motivo di ricorso, articolato in tre profili, si deduce la violazione dell'art. 112 c.p.c., e il motivo si conclude con un quesito di diritto (pag. 8/9/10 del ricorso). Nel primo profilo si lamenta che la Corte di appello avrebbe privilegiato la precisazione della domanda fatta ai sensi dell'art. 183 c.p.c., dando rilievo nell'interpretazione della stessa alla formulazione letterale e senza considerare l'accettazione del contraddittorio; nel secondo profilo si lamenta del mancato riconoscimento da parte della Corte di appello della omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado sulla domanda che sarebbe stata contenuta nella comparsa di risposta e nella precisazione delle conclusioni; nel terzo profilo, riportata la domanda come formulata nella precisazione delle conclusioni, sembra sostenere che cosi sarebbe stata posta la domanda di "mala gestio propria".

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 360, n. 5, e il motivo si conclude con un quesito (pag. 12/13 del ricorso), in riferimento al mancato riconoscimento della "mala gestio propria" (tra assicurato e assicuratore), con conseguente condanna dell'assicurato/danneggiante al risarcimento riconosciuto oltre il massimale.

3. In generale, deve precisarsi che i quesiti formulati con il primo motivo, pur non proprio rispondenti alle prescrizioni che la Corte di legittimità ha enucleato per la idoneità degli stessi, consentono comunque alla Corte di enucleare natura e specificità della censura mossa alla sentenza di appello, quale error in procedendo, oltre alla tesi del ricorrente, secondo il quale sarebbe stata proposta in primo grado domanda di "mala gestio propria".
Il secondo motivo poi, che pure non assume carattere autonomo come quaestio facti, comunque sembra lamentare l'omesso esame della domanda di "mala gestio propria", che - secondo il ricorrente - sarebbe stata avanzata dall'assicurato/danneggiante nei confronti dell'assicurazione e la contraddittorietà delle argomentazioni giuridiche. Sono, pertanto, superabili le eccezioni di inammissibilità per non idoneità dei quesiti sollevate dalla società convenuta e le censure vanno esaminate congiuntamente.

4. Il ricorrente, essenzialmente, lamenta - deducendo la violazione dell'art. 112 c.p.c. - il mancato riconoscimento da parte del giudice di primo grado, e poi da parte del giudice dell'impugnazione (il quale ha ritenuto inammissibile la censura in appello stante la mancata proposizione della domanda di "mala gestio propria" da parte dell'assicurato) della avvenuta proposizione della domanda di "mala gestio propria", nonostante sia stata affermata la "mala gestio impropria". Denuncia, quindi, una violazione processuale, nonostante l'improprio richiamo dell'art. 360 n. 3, invece che dell'art. 360 c.p.c., n. 4.

I motivi non hanno pregio e vanno rigettati.
4.1. Dall'esame degli atti processuali, che il vizio processuale consente alla Corte e che sono stati idoneamente indicati nel rispetto dell'art. 366 c.p.c., n. 6, deve escludersi che l'assicurato abbia idoneamente proposto domanda di "mala gestio propria". Ed invero, anche se - per il regime processuale applicabile al giudizio iniziato nel 1998 - la domanda poteva essere integrata in sede di memoria ex art. 183 c.p.c., fermo restando che la precisazione delle conclusioni non sarebbe potuta andare oltre quanto risultante dagli atti introduttivi ed oltre quanto precisato ai sensi dell'art. 183 cit. per effetto della riforma dell'art. 189 c.p.c., deve dirsi che in tutti gli atti rilevanti, rispetto ai quali il ricorrente vorrebbe far emergere delle differenze, mai la domanda in questione può dirsi proposta con quel grado di specificità richiesto dalla giurisprudenza di legittimità. Specificità che deriva dalle caratteristiche della domanda di "mala gestio propria" in relazione alla diversità della domanda di "mala gestio impropria"; domande che il ricorrente, invece, tende a sovrapporre.
Ed infatti, nella comparsa di risposta, si è indicata l'Assicurazione come responsabile dei danni causati dal colposo ritardo, ed "in particolar modo per le eventuali somme relative a interessi moratori e svalutazione monetaria dovute a causa dell'ingiustificato ritardo nell'adempimento".
Nella memoria ex art. 183 c.p.c., il D. ha chiesto di essere sollevato degli eventuali effetti pregiudizievoli che possano derivare dal comportamento illegittimo della Assicurazione, non solo per il pagamento delle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno nell'ambito del massimale, "ma anche di quelle che potrebbero eccedere tale limite a titolo di interessi, di svalutazione monetaria, quando tali somme derivino dell'ingiustificato e colpevole ritardo". In sede di precisazione di conclusioni in primo grado, ha chiesto, nel denegato caso di accoglimento della domanda di rivalsa (avanzata dalla Assicurazione per guida in stato di ebbrezza), di ritenere "il D. estraneo all'eventuale pagamento della maggiore somma relativa ad interessi moratori e svalutazione monetaria", dovuta per l'ingiustificato ritardo della Assicurazione nell'adempimento della prestazione.

4.2. La Corte di merito ha correttamente ritenuto che rassicurato/danneggiate non avesse proposto in primo grado domanda di "mala gestio propria" nei confronti dell'Assicurazione e ha rilevato la confusione tra le due diverse ipotesi di mala gestio nella prospettazione da parte dello stesso assicurato. Confusione che emerge chiaramente dalla richiesta di tenere indenne l'assicurato dalla maggiore somma a titolo di interessi moratori e svalutazione monetaria.
4.2.1. Da tempi ormai lontani (a partire da Cass. 8 luglio 2003, n. 10725) e in modo costante (da ultimo Cass. 28 giugno 2010, n. 15397, Cass. 4 febbraio 2005, n. 2276) si distinguono nettamente le due ipotesi di mala gestio, quali due diversi tipi di responsabilità conseguenti all'ingiustificato ritardo dell'assicuratore nel sistema della assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli (per una applicazione fuori da tale sistema, Cass. 27 gennaio 2014, n. 1606). Nel sistema suddetto l'assicuratore è obbligato a pagare l'indennità direttamente al danneggiato, che può chiederla giudizialmente trascorsi sessanta giorni (L. n. 990 del 1969, ex art. 22). Una volta scaduto il termine, l'assicuratore è in mora verso il danneggiato, sempre che sia stato posto nella condizione di determinarsi in ordine all'an ed al quantum della responsabilità del suo assicurato. In tal caso l'obbligazione dell'assicuratore verso il danneggiato può superare i limiti del massimale per colpevole ritardo (impropriamente detta "mala gestio") a titolo di responsabilità per l'inadempimento di un'obbligazione pecuniaria, la quale ha per effetto l'obbligo di pagare gli interessi ed, eventualmente, il maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2, anche in eccedenza rispetto al massimale.

Il riflesso processuale è che il danneggiato da sinistro stradale che intenda invocare la responsabilità ultramassimale dell'assicuratore della r.c.a. del responsabile incorso nella c.d. "mala gestio impropria" non ha l'onere di formulare la relativa domanda in modo espresso, potendosi la stessa ritenere necessariamente ricompresa nella richiesta di condanna dell'assicuratore stesso all'integrale risarcimento del danno, che è comprensiva sia della somma rappresentata dal massimale di polizza, sia delle altre somme che al massimale possono essere aggiunte per interessi moratori, rivalutazione e spese.
Invece, nella disciplina codicistica del rapporto di assicurazione, l'obbligazione dell'assicuratore non da all'assicurato il diritto di ottenere il pagamento dell'indennità fino a quando non risulti accertato quanto, nell'ambito del rapporto di responsabilità, l'assicurato deve al danneggiato. Ma, nella esecuzione del contratto e delle obbligazioni che ne derivano, l'assicuratore è obbligato a comportarsi rispettando le regole della buona fede e della correttezza, e tali regole viola se si rifiuta di accogliere la richiesta dell'assicurato di pagare l'indennità al danneggiato in presenza di convenienti proposte di definizione della controversia sulla responsabilità o di elementi sufficientemente chiari circa la misura della responsabilità e del danno cagionato dall'assicurato.
Dalla violazione di quest'obbligo verso il proprio assicurato a questi potrà derivare un danno corrispondente al pregiudizio che il danneggiato subisce per il ritardo e consegue l'obbligo dell'assicuratore di tenere indenne l'assicurato, anche in misura eccedente il massimale, di un importo pari alla differenza tra quanto il responsabile avrebbe dovuto pagare al danneggiato se l'assicuratore avesse tempestivamente adempiuto le proprie obbligazioni e quanto, invece, sarà costretto a pagare in conseguenza del ritardato adempimento.
Sul piano processuale, l'assicurato che intenda invocare la responsabilità ultramassimale del proprio assicuratore della r.c.a., per c.d. "mala gestio propria", ha l'onere di formulare in modo esplicito la relativa domanda.
Il risultato di un superamento del limite del massimale può derivare, quindi, da due diverse responsabilità dell'assicuratore verso soggetti diversi: verso il danneggiato, la responsabilità dell'assicuratore trae disciplina e contenuto dall'art. 1224 c.c., quale obbligazione da ritardo nell'adempimento di una obbligazione pecuniaria "mala gestio" impropria); verso l'assicurato, la responsabilità dell'assicuratore trae la propria disciplina dalle norme sulla responsabilità per l'inadempimento delle obbligazioni in rapporto alla diversa obbligazione di comportarsi secondo buona fede "mala gestio" propria). Con la conseguenza che deve escludersi che la seconda domanda possa intendersi esplicitamente proposta quando si invochino, come nella specie, le conseguenze del ritardo nell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria, atteso che il diverso fondamento della responsabilità invocato toglie ogni specificità alla domanda. Con la conseguenza che il riconoscimento della mala gestio nei confronti del danneggiato non è di per sè incompatibile con il mancato riconoscimento della stessa verso l'assicurato/danneggiante, in mancanza di domanda esplicita dallo stesso proposta.

4.3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato sulla base del seguente principio di diritto: "Nel sistema della assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, qualora l'assicurato/danneggiante chieda di essere sollevato degli eventuali effetti pregiudizievoli che possano derivare dal comportamento illegittimo della Assicurazione per il pagamento delle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno nell'ambito del massimale e di quelle che potrebbero eccedere tale limite a titolo di interessi e di svalutazione monetaria, la domanda manca della necessaria specificità affinchè possa intendersi espressamente proposta come invocazione della responsabilità ultramassimale dell'assicuratore per cd. mala gestio propria, che si fonda sull'inadempimento dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nelle obbligazioni derivanti dal contratto di assicurazione e non - al contrario della ed mala gestio impropria - sulla responsabilità da colpevole ritardo nell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria".

5. Non avendo l'intimato C. svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali. Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti, seguono la soccombenza a favore della controricorrente.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2014


 

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