REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente -
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere -
Dott. DI NICOLA Vito - Consigliere -
Dott. ACETO Aldo - Consigliere -
Dott. SCARCELLA Alessio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
- L.N.;
avverso la sentenza della Corte d'appello di PALERMO in data 27/02/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F. Baldi, che ha chiesto annullarsi senza rinvio l'impugnata sentenza;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell'Avv. F. Bognanni, che ha chiesto accogliersi il ricorso.

Svolgimento del processo

1. L.N. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello di PALERMO, emessa in data 27/02/2013, depositata in data 27/05/2013, confermativa della sentenza del Tribunale di PALERMO del 21/06/2011, con cui il ricorrente veniva condannato per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 bis, alla pena sospesa di mesi 4 di reclusione (fatto contestato come accertato il 30/09/2005).

2. Con il ricorso, proposto dal difensore fiduciario cassazionista, vengono dedotti complessivamente due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p.
2.1. Deduce, con un primo motivo, il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e), per mancanza della motivazione in relazione ai fatti contestati e alla condotta ascritta al ricorrente nonchè all'elemento psicologico ed al nesso di causalità tra condotta ed evento.
I giudici d'appello avrebbero recepito acriticamente la sentenza di primo grado, senza affrontare le doglianze espresse nell'atto di appello, in particolare per quanto concerne l'assoluta assenza dell'elemento psicologico del reato; apparirebbe, in particolare, arduo sostenere che il ricorrente abbia agito allo scopo di non versare le somme dovute da altri soggetti al solo scopo di ledere l'interesse dell'erario alla corretta e puntuale percezione dei tributi dovuti; il ricorrente, a seguito di contestazione dell'Agenzia delle entrate dell'8/10/2007 con cui gli si chiedevano chiarimenti in relazione alla dichiarazione relativa all'anno di imposta 2004, mod. 770/2005 semplificato, essendosi accertato il mancato versamento delle ritenute relative all'anno di imposta 2004 per un importo di Euro 107.256,00, non appena appresa l'irregolarità aveva provveduto al versamento il 26/10/2007, comprensivo di sanzioni ed interessi per Euro 124.742,85; si sarebbe trattato, quindi, di una dimenticanza non potendo parlarsi di dolo, nemmeno generico, del ricorrente; ciò sarebbe dipeso, secondo il ricorrente, dal fatto che la condotta omissiva contestatagli era stata commessa qualche mese dopo l'entrata in vigore della legge finanziaria 2005 che aveva posticipato il termine per eseguire i versamenti fino al termine per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, comminando una sanzione penale; è quindi plausibile, in applicazione dell'art. 5 c.p., che stante il breve periodo temporale intercorso tra l'entrata in vigore della predetta legge e il tempus commissi delicti, che il ricorrente non fosse ancora a conoscenza delle innovazioni legislative o che non si fosse tempestivamente informato dal suo consulente fiscale, non commettendo quindi con dolo il fatto ascrittogli; la Corte territoriale, sul punto, sarebbe del tutto mancante di motivazione, non avendo accertato i giudici dell'appello l'esistenza dell'elemento psicologico.

2.2. Deduce, con un secondo motivo, il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. b), per erronea applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 10 bis e 13, in relazione all'art. 133 c.p., e art. 533 c.p.p., nonchè il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e), per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione ai fatti contestati e alla condotta ascritta al ricorrente nonchè all'elemento psicologico. La Corte territoriale non avrebbe valutato le doglianze formulate nell'atto di appello circa la non conformità a giustizia della pena irrogata, considerata l'attenuante speciale di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13, e le attenuanti generiche; la motivazione sarebbe affetta dai prospettati vizi non avendo chiarito la Corte d'appello le ragioni per le quali si è determinata a non concedere il minimo edittale della pena, tenuto conto del comportamento del ricorrente, che ha tempestivamente provveduto a pagare quanto dovuto all'Erario, attraverso il ravvedimento; il non aver tenuto in considerazione tale intento premiale del legislatore con la mancata determinazione della pena nel minimo edittale, aggravato dall'assenza di qualsiasi motivazione in ordine al predetto diniego determinerebbe la nullità dell'impugnata sentenza.

Motivazione

3. Il ricorso dev'essere accolto per le ragioni di seguito esposte.

4. Fondato è, in particolare, il primo motivo.
Ed invero, emerge dall'impugnata decisione l'assoluta mancanza di motivazione in ordine alla doglianza, proposta con i motivi di appello, avente ad oggetto la richiesta assolutoria per insussistenza del fatto o per difetto dell'elemento psicologico del reato. Sul punto, la Corte territoriale si limita a descrivere, in fatto, quanto oggetto di accertamento, evidenziando - quanto alla circostanza del tardivo pagamento - che al ricorrente era stata riconosciuta l'attenuante speciale di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13.
Nulla è indicato, in sentenza, quanto alle ragioni per le quali, nonostante il tardivo pagamento, l'omesso versamento delle ritenute certificate dovesse ritenersi doloso. Nè, a sanare l'omessa motivazione sul punto, ripara il richiamo alla sentenza di primo grado, la cui motivazione - attesa la natura di doppia conforme - può saldarsi con quella d'appello, a condizione però, come più volte affermato da questa Corte, che giudici di appello abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai fondamentali passaggi logico-giuridici della decisione (v., sul punto: Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 - dep. 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615).

La motivazione della sentenza di primo grado, quanto alla prova dell'elemento psicologico, è apparente e tautologica, limitandosi ad affermare che la prova "la si ricava dagli stessi elementi obbiettivi dei fatti, che sono espressione di una precisa e completa rappresentazione e volizione dei fatti".
Affermazione, questa, assolutamente inconsistente, poichè, ai fini dell'integrazione del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 bis, l'elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, che richiede la mera consapevolezza della condotta omissiva (Sez. 3, n. 25875 del 26/05/2010 - dep. 07/07/2010, Olivieri, Rv. 248151); non si tratta, tuttavia, di un dolo in "re ipsa", in quanto lo stesso deve essere provato, e di tale prova manca un'adeguata e logica motivazione nell'impugnata sentenza ed in quella di primo grado.

5. L'accoglimento del primo motivo di ricorso, oltre ad assumere valenza assorbente rispetto al secondo motivo, impedisce a questa Corte di disporre l'annullamento con rinvio per vizio di motivazione, attesa l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione (maturata in data 28 novembre 2013, dovendo aggiungere al termine originario di scadenza, individuato nel 30 marzo 2013, un periodo di sospensione di mesi 7 e gg. 29, dal 29 giugno 2012 al 27 febbraio 2013).
6. Invero, poichè la decisione impugnata non mostra di approfondire la questione della configurabilità dell'elemento psicologico del reato, quantomeno su tale profilo, l'accoglimento delle censure difensive sul punto, comporterebbe l'obbligo per questa Corte di disporre l'annullamento dell'impugnata sentenza per vizio di motivazione con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Palermo per nuovo giudizio sul punto.
Tuttavia, come detto, ciò non è consentito a questa Corte di legittimità, atteso che, per costante insegnamento delle Sezioni Unite, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 - dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244275; conf.: Sez. U, n. 1653 del 21/10/1992 - dep. 22/02/1993, Marino ed altri, Rv. 192471).
7. L'impugnata sentenza dev'essere, pertanto, annullata senza rinvio, conformemente alla richiesta del P.G. di udienza, per intervenuta estinzione del reato per prescrizione.

PQM

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2014


 

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