REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE PRIMA CIVILE
In composizione collegiale, così composto
Dott. Massimo Crescenzi Presidente
Dott.ssa Donatella Galterio giudice relatore
Dott.ssa Monica Velletti giudice
riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al numero 34525 del ruolo generale degli affari di volontaria giurisdizione dell’anno 2013 vertente
TRA
______ con domicilio eletto in Roma, via Raffaele Caverni n.6 presso lo studio del procuratore avvocato Annamaria Santini, rappresentante e difensore per procura in atti
E
Pubblico Ministero presso il Tribunale di Roma
OGGETTO: azione ex artt.2 e 3, 2° comma l.164/1982.

Motivazione

Con atto di citazione ritualmente notificato in data 13.5.2013, _______, deducendo che sin dall’infanzia aveva manifestato una natura psicologica e comportamentale tipicamente femminile tanto da avere nel corso degli anni adeguato anche il suo aspetto fisico alla figura muliebre essendosi sottoposto a svariate terapie ormonali nonché nell’anno 2000 ad intervento chirurgico di mammoplastica additiva, ha chiesto ai sensi degli artt. 2 e 3 l.164/1982 la rettifica degli atti dello stato civile in relazione al sesso da maschile a femminile ed al nome da ______.
Il P.M. nulla ha obiettato in ordine alla domanda.

A fondamento della spiegata richiesta l’attore ha prodotto certificazione medica attestante il disturbo di identità di genere stante l’evidente identificazione del soggetto con il sesso femminile (cfr.
relazione della presso la in data _____) nonché ulteriore certificazione relativa alla non meglio specificata somministrazione “da vari anni di terapia ormonale” (cfr. certificato del dott._____ in data ______) ed ha riferito di essersi sottoposto, pur senza produrre la relativa certificazione medica, ad intervento chirurgico, eseguito in sede privata, di mammoplastica additiva consistente di fatto nella ricostruzione del seno, deducendo di avere in tal modo raggiunto un equilibrio psico-fisico soddisfacente, senza desiderare allo stato ulteriori interventi per via chirurgica sul proprio corpo che si riserva di effettuare in futuro.

Anche a prescindere dalla mancata dimostrazione del trattamento medico-chirurgico e della terapia ormonale cui assume essersi sottoposto (pur non rivestendo la certificazione medica prodotta, sottoscritta da un medico privato, alcuna efficacia probatoria privilegiata in difetto dell’asseverazione in giudizio e non avendo la relazione della ______, pur facente parte di struttura pubblica alcun valore certificativo in ordine all’eseguita terapia ormonale e all’intervento chirurgico additivo limitandosi a riportare le dichiarazioni del paziente), tuttavia non può comunque ritenersi che l’intervento di mammoplastica sia sufficiente a realizzare l’adeguamento dei caratteri sessuali richiesto ex lege ai fini della rettifica dell’identità sessuale richiesta dal ricorrente.

Ancorché non sia più necessaria, a seguito della disposta abrogazione dell’art.3 della l.164/1982 per effetto dell’entrata in vigore del d. lgs. 150/2011 che ha sostanzialmente recepito l’orientamento interpretativo cui era già prevenuta la giurisprudenza di merito, la preventiva autorizzazione da parte del Tribunale dell’intervento medico chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali da un genere all’altro, in ogni caso immutata è rimasta la previsione contenuta nell’art. 1 della stessa legge secondo la quale “la rettificazione si fa in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell'atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei
suoi caratteri sessuali”.

Orbene, la lettura della disposizione in esame non consente di dubitare che l’intervenuto adeguamento dei caratteri sessuali, con o senza la previa autorizzazione giudiziale e non importa se eseguito purchè provato in struttura pubblica o in forma privata, costituisca il presupposto applicativo della rettifica dell’identità sessuale figurante negli atti dello stato civile: e poiché l’identità sessuale è necessariamente collegata imprescindibilmente all’astratta capacità riproduttiva di genere è evidente che è soltanto per effetto della avvenuta modificazione della struttura anatomica del soggetto con l’eliminazione quanto meno degli organi riproduttivi che può ritenersi verificata la richiesta condizione dell’azione. In altri termini, quand’anche non possa reputarsi necessaria la ricostruzione degli
organi genitali femminili, ricostruzione questa che di per sé assolve a finalità meramente estetiche e non funzionali, ma che comunque nell’ipotesi di trasformazione da uomo a donna non comporta, a differenza dell’ipotesi opposta, un intervento cd ad alto rischio, non può tuttavia prescindersi dall’intervenuta asportazione degli organi riproduttivi che per una persona di sesso maschile, quand’anche si possa prescindere dalla completa asportazione o trasformazione del pene in vagina, comporta in ogni caso la rimozione dei testicoli o almeno l’interruzione delle vie riproduttive (ovverosia dei cd. “dotti deferenti” veicolanti gli spermatozoi) attraverso l’intervento di vasectomia.
Laddove invece nulla di tutto ciò sia stato effettuato per essersi il soggetto limitato ad un intervento di tipo additivo per l’acquisizione di una caratteristica femminile, qual è il seno, non può ritenersi che si sia verificato l’adeguamento dei caratteri sessuali richiesto dalla norma, finalizzata a consentire, con il dovuto bilanciamento dell’identità anatomica, anagrafica e psichica, la compiuta realizzazione della personalità del richiedente, dovendosi, diversamente opinando arrivare alla inaccettabile conclusione, contraria alla stessa lettera legis, che il mero disturbo d’identità di genere diagnosticato in capo al soggetto sia sufficiente a consentire la rettifica dell’identità sessuale del medesimo.

Né vale obiettare che l’originaria disposizione dell’abrogato art.3 della l.164/1982 nel disporre che l’autorizzazione avrebbe dovuto essere concessa quando l’intervento medico chirurgico fosse necessario, lo prevedesse in via soltanto eventuale atteso che la suddetta eventualità andava riferita non già all’adeguamento richiesto dalla norma, bensì ai variegati e molteplici aspetti della realtà sottostante comprendente anche persone con disfunzioni sessuali od anomalie di formazione degli organi riproduttivi presenti sin dalla nascita (quali ad esempio gli ermafroditi) per le quali evidentemente non si presenta nel caso di disturbo di genere alcuna necessità chirurgica.

In conclusione non potendosi ritenere perfezionato dal punto di vista fisico l’adeguamento dei caratteri sessuali del ricorrente, la domanda deve essere rigettata.
Le spese giudiziali, attesa la peculiare natura del procedimento, restano a carico della parte ricorrente.

PQM

definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da________, così provvede:
- rigetta la domanda;
- dichiara irripetibili le spese di lite.
Così deciso in Roma il giorno 18 luglio 2014


 

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