REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo - Presidente -
Dott. BERNABAI Renato - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -
Dott. NAZZICONE Loredana - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 30228-2007 proposto da:
G.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 44, presso l'avvocato DE SIMONE ANTONIO FERDINANDO, rappresentata e difesa dall'avvocato ARCELLA ROBERTO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO G.B. FUTURA SOC. COOP. A R.L.;
- intimato -
sul ricorso 1089-2008 proposto da:
FALLIMENTO G.B. FUTURA Soc. Coop. A R.L., in persona del Curatore dott. C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso l'avvocato SANTULLI MICHELE, rappresentato e difeso dall'avvocato CHIANESE MICHELE, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
G.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 44, presso l'avvocato DE SIMONE ANTONIO FERDINANDO, rappresentata e difesa dall'avvocato ARCELLA ROBERTO, giusta procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 3061/2007 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 04/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2014 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato R. ARCELLA che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale;
udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l'Avvocato M. CHIANESE che ha chiesto l'accoglimento del ricorso incidentale, rigetto del ricorso principale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per, riuniti i ricorsi, rigetto del secondo motivo del ricorso principale, accoglimento del primo motivo, assorbito il terzo motivo; accoglimento del ricorso incidentale.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4 ottobre 2007, la Corte d'appello di Napoli, in riforma della sentenza del 16 aprile 2004 del Tribunale della stessa città, ha accolto la domanda revocatoria dell'atto di assegnazione di alloggio a G.R. proposta dal Fallimento della G.B. Futura società cooperativa a r.l., condannando la prima al pagamento in favore della curatela della somma di Euro 51.525,87, con gli interessi legali dalla domanda.
La Corte ha ritenuto errata la decisione del tribunale, secondo cui la vendita dell'immobile nel corso del giudizio di revocatoria, avvenuta all'esito del procedimento espropriativo promosso dall'istituto di credito in forza di mutuo fondiario, ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 41 comportasse la cessazione della materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse.
Al contrario, ha giudicato permanere l'interesse della curatela all'accertamento della lesione della par condicio creditorum per l'uscita del bene dalla massa in seguito all'assegnazione, ed alle conseguenti statuizioni di ordine patrimoniale, e ciò pur essendo stata con la vendita realizzata una somma inferiore al credito dell'istituto procedente. Ha, quindi, reputato sussistenti i presupposti dell'azione L. Fall., ex art. 67, comma 1, per essere stato il bene assegnato al corrispettivo di L. 59.000.000, laddove la c.t.u. aveva calcolato un valore di almeno L. 99.768.000. Ha, quindi, concluso con la condanna dell'assegnataria al pagamento dell'importo predetto, senza rivalutazione, richiesta solo con l'atto di appello; ha respinto, invece, la domanda di attribuzione di un'indennità per l'occupazione dell'immobile, per essere stata la procedura esecutiva proposta prima dell'introduzione della domanda revocatoria, reputando tale indennità, quale frutto civile, spettante al creditore aggiudicatario.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione G. R., sulla base di tre motivi. Resiste la curatela con controricorso, proponendo ricorso incidentale affidato ad un motivo, cui resiste la controparte. Le parti hanno altresì depositato le memorie di cui all'art. 378 c.p.c.

Motivazione

1. - Preliminarmente i ricorsi proposti in via principale e incidentale avverso la stessa sentenza vanno riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
2. - Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell'art. 2697 c.c., artt. 100 e 115 c.p.c., della L. Fall., art. 67, D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 41 nonchè il vizio di motivazione, per avere la corte d'appello omesso di considerare che il creditore privilegiato in questione avrebbe potuto comunque esperire l'azione esecutiva, pur se il bene non fosse stato già sottratto alla massa mediante l'assegnazione dell'alloggio, e che alcun eventus damni si fosse verificato nella specie, proprio per effetto della vendita forzata senza residuo attivo; il fallimento avrebbe solo potuto, ex art. 41 cit., partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita individuale, nel caso di specie però insussistente dopo il soddisfacimento del creditore privilegiato, onde il venir meno dell'interesse all'azione.
Con il secondo motivo, censura la violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., per non avere la corte d'appello considerato come nuova la domanda di condanna al pagamento del controvalore del bene per effetto della intervenuta vendita in sede espropriativa del cespite, laddove nell'atto di citazione si operava un mero ipotetico riferimento all'eventuale vendita a terzi dell'immobile già intervenuta prima dell'introduzione dell'azione revocatoria, dunque con diversa causa petendi.
Con il terzo motivo, deduce la violazione degli art. 1223, 1241 e 2043 c.c., oltre all'omessa motivazione, per non avere la sentenza impugnata limitato l'importo alla differenza tra il valore accertato del bene ed il prezzo di aggiudicazione (Euro 45.900,00), onde il fallimento aveva goduto del relativo arricchimento, in violazione del principio della compensatici lucri cum damno, in quanto il parziale soddisfacimento, da parte della convenuta in revocatoria, del debito in favore del creditore privilegiato aveva determinato l'estinzione reciproca dei crediti per compensazione.

3. - Con l'unico motivo di ricorso incidentale, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2913 c.c., L. Fall., art. 67, e D.Lgs. n. 385 del 2003, art. 41 per non avere la sentenza impugnata accolto la domanda di condanna al pagamento della indennità di occupazione senza titolo dalla data di notifica della citazione alla data del decreto di trasferimento. Secondo la ricorrente incidentale, invero, il diniego dell'indennità di occupazione dell'immobile da parte dell'assegnataria, motivato dal giudice di merito con l'argomento che l'espropriazione individuale ha preceduto la revocatoria, non considera che solo nella revocatoria e non nel pignoramento sarebbe compresa l'indennità di occupazione.

4. - Il secondo motivo del ricorso principale, da esaminare per primo per ragioni di priorità logico-giuridica, è infondato.
Non sussiste violazione dell'art. 345 c.p.c. per il fatto che, in primo grado, la domanda subordinata di condanna all'equivalente fosse riferita alla intervenuta vendita a terzi dell'immobile per cui è causa, perchè la fattispecie delineata era atta a ricomprendere la vendita a seguito di espropriazione forzata.

5. - Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
E' stato precisato (Cass. 11 ottobre 2012, n. 17368; 17 dicembre 2004, n. 23572) che la disciplina speciale del mutuo fondiario ipotecario configura un privilegio di carattere meramente processuale, sicchè l'assegnazione al creditore procedente della somma ricavata dalla vendita non deroga al principio di esclusività della verifica concorsuale posto dalla L. Fall., art. 52, trattandosi di un'assegnazione a carattere provvisorio ed essendo onere dell'istituto, che intenda renderla definitiva, insinuarsi al passivo del fallimento in modo da consentire la graduazione dei crediti.
Questa Corte ha già ritenuto che nel caso in cui un immobile di proprietà del fallito, ipotecato a garanzia di un mutuo fondiario, sia stato oggetto di vendita a favore di un terzo, il potere, riconosciuto all'istituto di credito fondiario, di iniziare o proseguire l'azione esecutiva individuale anche in costanza di fallimento, ovvero d'intervenire nell'esecuzione forzata promossa da altri, e di conseguire l'assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata, senza obbligo di rimetterla al curatore, con il solo onere di insinuarsi al passivo della procedura fallimentare per consentire la graduazione dei crediti, esclude l'esperibilità dell'azione revocatoria fallimentare al fine di ottenere la dichiarazione d'inefficacia della compravendita nei confronti della massa dei creditori, venendo in tal caso meno uno dei presupposti dell'azione, costituito dall'impossibilità di assoggettare direttamente il bene all'esecuzione concorsuale, in quanto, ponendosi la vendita del bene nell'ambito dell'esecuzione individuale come alternativa a quella nell'ambito della procedura fallimentare, il curatore deve limitarsi a chiedere il versamento della somma assegnata all'istituto, qualora quest'ultimo non abbia chiesto l'ammissione al passivo o il suo credito risulti incapiente, e non può neppure pretendere dal terzo acquirente la differenza tra il valore del bene e l'importo eventualmente inferiore ricavato dalla vendita forzata (Cass., sez. 1, 28 maggio 2008, n. 13996).
La sentenza impugnata ha, invece, l'effetto di sottoporre il proprietario ad una doppia esecuzione forzata sullo stesso immobile, dapprima in natura e poi per equivalente, a favore della stessa massa creditoria (atteso che, appunto, il credito fondiario è tenuto a riversare nel fallimento il ricavato, o ad ascriverlo al suo credito ipotecario).
Attraverso l'esecuzione individuale del credito fondiario, sottoposta alle leggi della par condicio, il fallimento ha dunque conseguito lo scopo tipico della revocatoria, il quale consiste nell'assoggettare il bene alienato alla soddisfazione delle ragioni concorsuali dei creditori; ulteriori pretese della massa non hanno, in conseguenza, fondamento.
Ne deriva la fondatezza del motivo, dal momento che la vendita forzata a prezzo incapiente delle ragioni del creditore ipotecario ha fatto venir meno l'interesse del fallimento all'azione, in ragione dell'insussistenza di qualsiasi lesione della par condicio creditorum; in tale situazione, il fallimento potrebbe soltanto reclamare l'eventuale residuo attivo, qualora esso fosse sussistente, come nella specie pacificamente escluso.

6. - Il terzo motivo del ricorso principale resta assorbito.
7. - Il ricorso incidentale è infondato, in quanto non è contestato che l'assegnataria sia stata autorizzata ad occupare l'alloggio dal giudice dell'esecuzione del procedimento espropriativo intrapreso prima della proposizione dell'azione revocatoria fallimentare.
Questa Corte ha precisato, con specifico riguardo alle norme che regolano il processo esecutivo, che il giudice dell'esecuzione quando autorizza il debitore ad occupare l'immobile pignorato, così lasciandolo nel godimento di un bene che è ancora di sua proprietà, consente l'esercizio di una delle facoltà di cui si compone il diritto di proprietà ; quindi, non può certo imporre al debitore il pagamento di una somma di denaro che in tanto si giustificherebbe in quanto altro fosse il titolo della detenzione. Pertanto nessun "frutto", ai sensi e per gli effetti del citato art. 2912 c.c., produce l'immobile pignorato quando è occupato dal debitore esecutato (Cass. 12 aprile 2011, n. 8298), e tale situazione sussiste anche nei riguardi delle pretese del fallimento.
8. - In conclusione, per le ragioni che precedono, il primo motivo del ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, rigettando la domanda revocatoria formulata dalla curatela.
9. - Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta il secondo e dichiara assorbito il terzo; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, pronunziando nel merito, rigetta la domanda revocatoria formulata dalla curatela; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida quanto al primo grado di giudizio in Euro 2.500,00 (di cui Euro 1.800,00 per onorari, Euro 700,00 per diritti), oltre alle spese di c.t.u.; quanto al secondo grado in Euro 4.266,00 (di cui Euro 2.400,00 per onorari, Euro 1.350,00 per diritti ed Euro 516,00 per esborsi); quanto al presente giudizio di legittimità, in Euro 4.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre alle spese forfetarie su questo ultimo importo ed agli accessori su tutti gli importi, come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2014


 

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