REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo - Presidente -
Dott. BERNABAI Renato - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -
Dott. NAZZICONE Loredana - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 25597/2007 proposto da:
BANCA POPOLARE DEL CASSINATE SOCIETA' COOPERATIVA PER AZIONI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBALONGA 23, presso l'avvocato MIELE ENRICO, rappresentata e difesa dall'avvocato D'AMBROSIO ALESSANDRO, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA SO.L.AR. S.R.L., in persona del Curatore Dott. T.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. MAGRINI 10, presso l'avvocato GIANNACCARI ALFREDO, rappresentata e difesa dall'avvocato DONARELLI ROBERTO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 542/2007 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 05/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2014 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato A. D'AMBROSIO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato R. DONARELLI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 30 gennaio 2004, il Tribunale di Cassino, in accoglimento dell'azione proposta L. Fall., ex art. 67, comma 2, ha condannato la Banca Popolare del Cassinate soc. coop. per azioni al pagamento in favore del Fallimento della So.L.Ar. s.r.l. delle somme di Euro 265.873,17 ed Euro 5.505,43, oltre rivalutazione ed interessi dalle rimesse sul conto corrente della società, derivanti dal netto ricavo dello sconto di dodici cambiali.
Con sentenza del 5 febbraio 2007, la Corte d'appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha escluso la rivalutazione monetaria sulle somme oggetto delle rimesse revocate.
La Corte ha ritenuto la natura solutoria delle rimesse, in quanto non è stata provata l'esistenza di un'apertura di credito, cui non è equiparabile il "castelletto di sconto", mentre ha reputato illegittima la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la banca, sulla base di un motivo. Resiste la curatela con controricorso. Le parti hanno, altresì, depositato le memorie di cui all'art. 378 c.p.c.

Motivazione

Con l'unico motivo, la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 2, artt. 1842 e 1858 c.c., nonchè il vizio di motivazione, per avere la corte d'appello, in accordo con le risultanze della c.t.u., considerato sussistere la disponibilità delle somme, accreditate in virtù dello sconto di dodici cambiali, non al momento dell'operazione, come sarebbe stato corretto, ma a quello dell'incasso dei titoli, non tenendo così conto dell'accreditamento del netto ricavo dello sconto delle cambiali medesime: secondo tale corretto criterio, invece, soltanto quattro delle undici rimesse, eseguite fra il marzo ed il giugno 1991 per L. 33.836.857, atteso l'esito, avrebbero potuto considerarsi revocabili.

Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata ha ritenuto insussistente la disponibilità degli importi anticipati dalla banca al correntista in virtù di operazioni di sconto di dodici cambiali, collocando tale disponibilità non al momento dello sconto dei titoli, ma a quello dell'incasso dei medesimi. La questione riguarda, pertanto, il momento in cui possa ritenersi sussistere la disponibilità delle anticipazioni operate dalla banca in virtù dello sconto di cambiali eseguito su conto corrente, ai fini della revocatoria fallimentare delle rimesse.

Secondo la nota giurisprudenza di questa Corte in tema di revocatoria fallimentare, le rimesse sul conto corrente dell'imprenditore successivamente fallito sono legittimamente revocabili, ai sensi della L. Fall., art. 67, quando il conto stesso, all'atto della rimessa, risulti "scoperto"; pertanto al fine di accertare se una rimessa del correntista sia destinata al pagamento di un proprio debito verso la banca ed abbia quindi funzione solutoria, ovvero valga solo a ripristinare la provvista sul conto corrente, occorre fare riferimento al criterio del "saldo disponibile" del conto, da determinarsi in ragione delle epoche di effettiva esecuzione di incassi ed erogazioni da parte della banca; non è, invece, idoneo nè il criterio del "saldo contabile", che riflette la registrazione delle operazioni in ordine puramente cronologico, nè quello del "saldo per valuta", che è effetto del posizionamento delle partite unicamente in base alla data di maturazione degli interessi (cfr., fra le altre, Cass. 15 luglio 2010, n. 16608 e 3 luglio 2013, n. 16610).
Poichè la revocabilità, L. Fall., ex art. 67, delle rimesse in conto corrente bancario eseguite dall'imprenditore poi fallito nel periodo sospetto è condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio delle disponibilità, la c.d. copertura di un conto corrente bancario si da nel caso di apertura di credito, che è onere della banca provare, in quanto solo grazie alle caratteristiche di tale contratto, posto che non vi è credito esigibile della banca - in quanto lo diventerà solo al momento della cessazione dell'apertura stessa - può affermarsi che le rimesse non costituiscano pagamento (di recente, Cass. 22 ottobre 2013, n. 23975; nonchè es. 9 novembre 2007, n. 23393; 11 settembre 1998, n. 9018).

E' pur vero, poi, che il contratto di apertura di credito va distinto da altri strumenti bancari, quali il castelletto di sconto, al primo non equiparabile in quanto, di per sè, non attribuisce al cliente la facoltà di disporre con immediatezza di una determinata somma di danaro ed è esclusivamente fonte, per l'istituto di credito, dell'obbligo di accettazione per lo sconto, entro un predeterminato ammontare, i titoli (cfr. Cass. 20 marzo 2008, n. 7451; 5 giugno 2007, n. 13176; ed altre), quale tipo di contratto normativo.
Ma altro è il c.d. castelletto di sconto, altro l'accredito su quel conto scaturente dalle specifiche operazioni di sconto poste in essere dal correntista.
Con il contratto di sconto di cui all'art. 1858 c.c., la banca, previa deduzione dell'interesse, anticipa al cliente l'importo di un credito mediante la cessione, salvo buon fine, del credito stesso.
Quanto, in particolare, allo sconto di cambiali, l'art. 1859 c.c., prevede, per il caso di mancato pagamento, il diritto della banca alla restituzione della somma anticipata. Dunque, il cliente può disporre da subito della somma, di cui pertanto consegue l'immediata disponibilità, che ne costituisce l'effettiva causa negoziale.
Nè tale efficacia del contratto è smentita dall'inciso "salvo buon fine", il quale importa che, ove il terzo resti inadempiente, sorgerà in capo al correntista l'obbligo di restituzione dell'importo anticipato.
Ciò in quanto lo sconto non è un mandato all'incasso, bensì l'operazione con cui la banca anticipa al cliente, previa deduzione dell'interesse, l'importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione del credito stesso. Il mancato buon fine del titolo opera come condizione risolutiva del contratto (o, se si vuole, come effetto sospensivo del diritto della banca alla restituzione), e non come condizione sospensiva dell'accredito al cliente (come accade nell'ipotesi, affatto diversa, del versamento di titoli senza sconto: cfr. Cass. 19 agosto 1996, n. 7615).
L'accredito del corrispettivo in conto corrente, dunque, da la disponibilità immediata della somma, anche se sotto condizione risolutiva del mancato pagamento dell'obbligato cambiario alla scadenza (per la condizione risolutiva si pronunciano Cass. 17 maggio 2013, n. 12079; 23 settembre 2002, n. 13823; 10 agosto 1990, n. 8128; e v. già Cass. 14 luglio 1975, n. 2780; 16 luglio 1969, n. 2620; 8 gennaio 1969, n. 33; 24 luglio 1964, n. 2018; 11 maggio 1957, n. 1659). In tale contesto, resta isolato il precedente citato nell'impugnata sentenza (Cass. 21 gennaio 2000, n. 656), che nega l'immediata disponibilità in caso di sconto di cambiali.
Non essendosi la sentenza attenuta a quanto esposto, essa va cassata con rinvio alla Corte d'appello di Roma che, in diversa composizione, si adeguerà al seguente principio, enunciato ex art. 384 c.p.c., comma 1: Le rimesse sul conto corrente dell'imprenditore successivamente fallito sono legittimamente revocabili, ai sensi della L. Fall., art. 67, quando il conto stesso risulti "scoperto" secondo il criterio del "saldo disponibile", da determinarsi in ragione delle epoche di effettiva esecuzione di incassi ed erogazioni da parte della banca; pertanto, in presenza di operazioni di sconto di titoli cambiari con accredito del netto ricavo sul conto corrente, tale saldo va determinato considerando che il cliente acquista l'immediata disponibilità del denaro, accreditato sul conto corrente a fronte della cessione del credito verso terzi, e che l'eventuale mancato buon fine del titolo opera come condizione risolutiva del contratto. La Corte del merito provvederà alla liquidazione delle spese per il presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda altresì la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2014


 

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