REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro - rel. Presidente -
Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere -
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere -
Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -
Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso n. 22956 dell'anno 2012 proposto da:
T.S. elettivamente domiciliato in Roma, viale Mazzini n. 6, nello studio dell'avv. Stefano Terra; rappresentato e difeso dall'avv. RONCHI UGO, giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
B.B., B.E., elettivamente domiciliate in Roma, via XXI aprile, n. 12, nello studio dell'avv. PIZZINO ALESSANDRO, che le rappresenta e difende, unitamente all'avv. Tommaso Mati, giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze, Sezione per i Minorenni, n. 640, depositata in data 3 maggio 2012;
sentita la relazione all'udienza dell'8 novembre 2013 del Dott. Pietro Campanile;
sentito per il ricorrente l'avv. Giuseppe Iacono Quarantino, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto Dott. Giuseppe Corasaniti, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1 - Con sentenza depositata in data 20 ottobre 2011 il Tribunale per i Minorenni di Firenze, pronunciando, sulla base delle prove acquisite e, principalmente, del sostanziale rifiuto del convenuto di sottoporsi al prelievo per l'esecuzione della disposta consulenza immunoematologica, accoglieva la domanda di dichiarazione di paternità proposta dalla sig.ra B.B. nell'interesse della figlia minore E., nata il _____, nei confronti del sig. T.S.; conseguentemente condannava lo stesso al rimborso in favore della madre delle spese sostenute in via esclusiva, sin dalla nascita, per il mantenimento della figlia; poneva altresì a carico del padre un assegno a titolo di contributo per mantenimento della figlia E., con decorrenza dalla domanda, pari ad Euro 800,00 mensili.
1.1 - La Corte di appello di Firenze, pronunciando sull'appello proposto dal T., per quanto qui maggiormente interessa, dichiarava inammissibile, poichè proposta tardivamente, la domanda di rimborso avanzata dalla madre in proprio, confermando, nel resto, la decisione di primo grado.
1.2 - Veniva in particolare rilevato che dalla documentazione prodotta all'udienza del 17 febbraio 2011, allegata a una denuncia querela sporta dalla B., le testimonianze rese dalla madre e dalla sorella del T., le quali avevano dichiarato di non conoscere la B., dovevano ritenersi inattendibili.
Del resto, la lunga relazione sentimentale fra il T. e la B., alla quale, per altro sarebbe stato consigliato, proprio dai genitori dell'appellante, di abortire, era comprovata da altre deposizioni e dalla documentazione, anche fotografica, ritualmente prodotta. In tale quadro si innestava, a confortare in maniera decisiva la prove della paternità, l'ingiustificato rifiuto dell'appellante di sottoporsi ai test immunologici per la ricerca della paternità.
Rilevato che la domanda avanzata in proprio dalla sig.ra B. B. in relazione al rimborso proquota delle spese sostenute in via esclusiva per il mantenimento della figlia era inammissibile in quanto proposta, per la prima volta, in sede di memoria conclusionale, si esprimeva un giudizio di congruità, valutate le rispettive condizioni economiche dei genitori, in relazione all'assegno per il mantenimento della figlia E., nel frattempo divenuta maggiorenne e quindi parte nel giudizio di appello, così come posto a carico del padre da parte del tribunale per i minorenni.
1.3 - Per la cassazione di tale decisione il T. propone ricorso, affidato a tre motivi, cui B.B. ed E. resistono con controricorso.

Motivazione

2 - Deve preliminarmente rilevarsi che, sebbene non risulti che il ricorso sia stato notificato al Procuratore Generale presso la Corte di appello di Firenze, tale omissione non comporta alcuna invalidità, nè l'adozione di provvedimenti di natura interinale.
Deve invero applicarsi il principio secondo cui, nei casi di intervento obbligatorio del P.M., l'omessa notifica del ricorso per cassazione al P.G. presso la Corte d'appello non è causa di inammissibilità allorquando il provvedimento impugnato abbia accolto, come nella specie, le richieste del Procuratore Generale.
Infatti, la notifica del ricorso è finalizzata a consentire l'esercizio dell'impugnazione e, siccome l'interesse ad impugnare - in ragione del quale avrebbe dovuto farsi luogo ad integrazione del contraddittorio - è costituito dalla soccombenza, l'omissione non comporta alcuna conseguenza nei confronti di tale organo, la cui domanda è stata interamente accolta dalla Corte territoriale, mentre il controllo sulla legittimità della decisione di quest'ultima è assicurato dall'intervento del P.G. presso la Corte di cassazione (Cass., 5 marzo 2008, n. 5953).

2.1 - Sempre in via preliminare deve constatarsi l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalle controricorrenti ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c.: in proposito vale bene richiamare le ragioni poste alla base della pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte n. 19051 del 2010, che sono state compendiate nel seguente principio di diritto "La Corte rigetta il ricorso, perchè manifestamente infondato, se, a momento in cui pronuncia, la decisione di merito si presenta conforme alla propria giurisprudenza e il ricorso non prospetta argomenti per modificarla".

3 - Con il primo motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 183 e 184 bis c.p.c., si deduce che la Corte territoriale avrebbe erroneamente disatteso la doglianza del T. relativa al deposito, nel corso del primo grado del giudizio, di una memoria del 17 febbraio 2011, contenente alcuni documenti, in violazione dei relativi termini previsti a pena di decadenza.

3.1 - La censura è infondata.
Ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., dopo la modifica introdotta con la L. 4 maggio 1983, n. 184, il giudizio di accertamento del rapporto di filiazione, quando proposto nell'interesse di un minore, si svolge davanti al tribunale per i minorenni, e, in secondo grado, davanti alla Corte di appello, sezione per i minorenni, con il rito camerale (cfr., per tutte, Cass., Sez. un., 19 giugno 1996, n. 5629; Cass., 5 aprile 2004, n. 4850).
Nell'ambito di tale procedimento, che ha superato il vaglio costituzionale (Corte cost., 30 giugno 1988, n. 748), secondo l'orientamento di questa Corte è consentita la produzione di documenti fino all'udienza di discussione, purchè l'altra parte abbia avuto la possibilità di interloquire in merito a detta acquisizione (Cass., 13 aprile 2012, n. 5876; Cass., 25 gennaio 2007, n. 1656; Cass., 28 maggio 2003, n. 8547).
Dalla sentenza impugnata risulta che la produzione documentale indicata dal ricorrente (per altro allegata a denuncia-querela presentata dalla B. lo stesso giorno) venne depositata in data 17 febbraio 2011, non in udienza.
3.2 - La censura del ricorrente, tuttavia, non può essere condivisa nella misura in cui è rivolta esclusivamente a denunciare un "error in procedendo" verificatosi nel corso del primo grado del giudizio, senza considerare che, essendo nel procedimento camerale in grado di appello consentita la produzione documentale (Cass., 27 maggio 2005, n. 11319), purchè venga rispettato il principio del contraddittorio (nella specie assicurato dalla presenza dei documenti già nel fascicolo di primo grado, con specifiche censure proposte al riguardo dalla difesa del T. nell'atto di gravame), l'utilizzazione di tale documentazione da parte del giudice del gravame - per altro di per sè non contestata, così come nessun rilievo viene svolto circa le valutazioni svolte al riguardo dalla Corte fiorentina - deve ritenersi del tutto corretta.

4 - Del pari infondato è il secondo motivo, con il quale, denunciandosi violazione o falsa applicazione dell'art. 277 c.c., "difetto della domanda e vizio di ultrapetizione", si sostiene che, essendosi rilevata la tardività della domanda di rimborso avanzata dalla madre in proprio, allo stesso modo avrebbe dovuto provvedersi in relazione alla richiesta di determinazione di un assegno di mantenimento, in assenza di una specifica domanda ritualmente formulata.
4.1 - Come correttamente rilevato dalla corte distrettuale, mentre la condanna al rimborso della quota del genitore che, prima della pronuncia, abbia provveduto per intero al mantenimento della prole, presuppone la domanda della parte, non è necessaria alcuna richiesta in ordine ai provvedimenti relativi al mantenimento del minore, in relazione ai quali il giudice è dotato di poteri ufficiosi (Cass., 17 luglio 2004, n. 13296; Cass., 4 maggio 2000, n. 5586).

5 - La terza doglianza, con la quale si deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla determinazione del contributo posto a carico del T. per il mantenimento della figlia, è infondata.
Nella sentenza impugnata, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, vengono in primo luogo considerate le esigenze, "anche di studio", della figlia, per poi pervenire, sulla base di una valutazione ponderata della capacità economica di ogni genitore, e delle ritenuta prevalenza del reddito del padre, pari a circa il triplo di quello della B., alla conferma dell'entità del contributo fissato in primo grado in Euro 800,00 mensili. I rilievi del ricorrente appaiono quindi infondati, sia laddove attengono ad una insussistente omessa valutazione delle esigenze della figlia (che non può non rapportarsi, del resto, alle condizioni economiche dei genitori: Cass., 8 giugno 2012, n. 9372); sia con riferimento alla stima ponderata dei redditi, in entrambi i casi valutati al lordo delle imposte, sia, infine, laddove si propone un confronto con la statuizione, già adottata in prime cure e revocata dalla Corte di appello, inerente al rimborso disposto in favore della madre, evidentemente sulla base di parametri diversi, come, ad esempio, l'età della prole.
6 - Al rigetto del ricorso consegue la condanna del T. al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati in sentenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 novembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2014


 

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