Nell'esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice del merito non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tenere conto, piuttosto, del contenuto sostanziale della pretesa così come desumibile dalla situazione dedotta in causa e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del giudizio, nonchè del provvedimento richiesto in concreto, senza altri limiti che quello di rispettare il principio della corrispondenza della pronuncia alla richiesta, e di non sostituire d'ufficio una diversa azione a quella formalmente proposta.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FELICETTI Francesco - Presidente -
Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere -
Dott. PARZIALE Ippolisto - Consigliere -
Dott. MANNA Felice - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14842/2006 proposto da:
K.P.,K.G.;
- ricorrenti -
contro
R.V.;
- intimato -
sul ricorso 17194/2006 proposto da:
R.V.
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
K.G., K.P.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 158/2005 della Corte D'Appello di Trento, depositata il 05/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2012 dal Consigliere Dott. Felice Manna;
udito l'Avvocato L. F., con delega depositata in udienza dell'Avvocato L. F., difensore del resistente che si rimette agli atti depositati;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Patrone Ignazio, che ha concluso per il rigetto el ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.

Svolgimento del processo

P. e K.G. proponevano opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti dal Tribunale di Trento, sezione distaccata di Cavalese, su ricorso di R.V., per il pagamento della somma di L. 46.690.492, pretesa a titolo di compenso per attività professionali di geometra svolte per la ristrutturazione di un immobile. A sostegno dell'opposizione deducevano la nullità del contratto, in quanto avente ad oggetto il compimento di opere eccedenti la qualificazione professionale del R., e proponevano domanda riconvenzionale per i danni subiti in conseguenza del fatto che quest'ultimo, nella sua attività di direzione dei lavori, aveva provocato un ampliamento della cubatura realizzata rispetto a quella assentita, con conseguenti demolizioni e ricostruzioni che avevano determinato l'inutilizzabilità di parte del locale posto al piano terra.
R.V. resisteva all'opposizione, che il Tribunale accoglieva condannando l'opposto al risarcimento dei danni.
Sull'appello principale del R. e incidentale dei K., la Corte d'appello di Trento riduceva i danni risarcibili, escludendo quelli da lucro cessante per mancata locazione e il danno emergente per il costo del rinforzo del solaio, dell'impianto di riscaldamento e dei lavori di riduzione della superficie del negozio.
Riteneva la Corte trentina che la nullità dell'incarico professionale contra legem, perchè assunto da professionista non in possesso del titolo abilitativo necessario all'espletamento dell'attività richiesta, escludeva il diritto al compenso, ma non anche la correlata responsabilità per fatto illecito del professionista. Osservava, quindi, che la mancata locazione del locale sito al piano terra dell'edificio di proprietà K. alla Cassa rurale di Moena non era derivata dalla condotta del R., ma dall'oggettiva impossibilità di inglobare il portico nell'esercizio commerciale. Quanto al danno per la riduzione della superficie di locale di cui al piano terra, condivisa la valutazione operata dal c.t.u. in primo grado circa il minor valore del vano, rilevava che, però, non vi era prova dei lavori di spostamento della muratura perimetrale. Rigettava, infine, l'appello incidentale dei K. volto ad ottenere il risarcimento del danno morale.
Per la cassazione di questa sentenza K.P. e G. propongono ricorso, affidato a un solo motivo.
Resiste con controricorso R.V., che propone, altresì, impugnazione incidentale.

Motivazione

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ex art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
1. - L'unico motivo del ricorso principale denuncia "l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio" e la "errata valutazione delle risultanze istruttorie e conseguente applicabilità dell'art. 360 c.p.c., n. 5".
Richiamata la diversa soluzione fornita dal giudice di primo grado, i ricorrenti sostengono che l'affermazione della sentenza impugnata, che ha escluso il lucro cessante ritenendo, sulla base della deposizione del teste V., che il mancato accordo tra i proprietari e l'istituto di credito circa la locazione del vano al piano terra fosse dipeso dall'oggettiva impossibilità di inglobare il portico nell'area dell'installando esercizio, sia errata in quanto dalla c.t.u. svolta in primo grado è emerso che la differenza di superficie tra il progetto di variante e la variante in sanatoria (entrambi redatti dal R.) fu realizzata a scapito del negozio e a favore del portico, in quanto ciò si era reso necessario al fine di rientrare nel limite di cubatura consentito, posto che a causa dell'innalzamento delle quote di imposta del tetto la volumetria eccedeva quella concessa. La necessità di realizzare un portico prima non previsto, prosegue parte ricorrente, era stata provocata dall'errore, accertato anche dalla Corte d'appello, compiuto dal geometra R. nell'individuare le quote del colmo del tetto, come risultante anche dalla deposizione del teste T.
Del pari è indubbio, prosegue il motivo, che la realizzazione di un autonomo impianto di riscaldamento per il solo negozio da realizzare al piano terra e di un nuovo pilastro di sostegno del piano di calpestio, nonchè la ridotta superficie finale del medesimo vano, siano tutte circostanze di fatto, imputabili al R., dimostrate dalla consulenza tecnica d'ufficio e dalle numerose testimonianze acquisite agli atti di causa, le quali dimostrano che se il locale avesse avuto le dimensioni richieste il contratto di locazione con il predetto istituto bancario sarebbe stato concluso.
1.1. - Il motivo è infondato.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo controllo, bensì la sola facoltà di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge); ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame dei punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione (Cass. nn. 824/11, 27464/06, 13783/06, 11034/06, 4842/06, 8718/05, 6975/01, 4667/01 e 14858/00).
In particolare, poi, l'accertamento del nesso causale tra il fatto illecito e l'evento dannoso rientra tra i compiti del giudice del merito ed è sottratto al sindacato di legittimità della Corte di Cassazione, la quale, nei limiti dell'art. 360 c.p.c., n. 5, è legittimata al solo controllo sull'idoneità delle ragioni addotte dal giudice del merito a fondamento della propria decisione (Cass. nn. 7086/05, 3492/02 e 2009/97).
1.1.1. - Nel caso di specie, la Corte territoriale ha diversamente valutato il nesso intercorrente tra le variazioni in aumento del portico, con la conseguente riduzione della superficie coperta del locale da adibire ad esercizio commerciale, e il dedotto danno da mancata locazione di quest'ultimo alla Cassa rurale di Moena. Si legge nella sentenza impugnata che ciò non era derivato "tout court, in via immediata e diretta, dalle conseguenze del suindicato comportamento illecito del R. e cioè un aumento del portico (da ml. 1,5 a ml. 2.00) ed una riduzione della superficie del negozio (da mq. 70.70 a mq. 61.89) ma dalla oggettiva impossibilità di inglobare il portico nell'esercizio commerciale", come risultato dalla deposizione del teste V., che per l'appunto, come emerge dallo stesso ricorso, aveva riferito che la banca sarebbe stata interessata a prendere in locazione l'immobile se fosse stato possibile ampliarne la superficie coperta, inglobandovi quella del portico.
Tale motivazione, che individua chiaramente le ragioni della mancata locazione del fondo alla predetta banca, distinguendo tra le maggiori dimensioni del portico rispetto al previsto, imputabili ad errori del R. nell'attività di direzione dei lavori, e l'esistenza stessa del portico, è sufficiente e scevra da vizi di logica giuridica che ne possano minare il fondamento, e si collega ad una valutazione del senso della deposizione del ridetto teste, che pure, non essendo adeguatamente censurata la sentenza sotto il profilo del vizio motivazionale, si sottrae al sindacato di questa Corte di legittimità.
2. - Con l'unico motivo di ricorso incidentale il controricorrente critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto l'eccezione di ultrapetizione fatta valere con l'atto appello, in considerazione di ciò, che avendo gli attori fatto valere la nullità del contratto d'opera professionale, la domanda risarcitoria si inserisce nell'alveo della responsabilità extracontrattuale.
Obietta parte controricorrente che tali ragioni di coerenza, se possono giustificare la qualificazione di una domanda genericamente formulata, non consentono, invece, di sostituire il titolo espressamente enunciato con uno differente, dato che, diversamente, non di interpretazione, ma di sostituzione della domanda, con conseguente violazione dell'art. 112 c.p.c., si tratterebbe.
2.1. - Il motivo è infondato.
Nell'esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice del merito non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tenere conto, piuttosto, del contenuto sostanziale della pretesa così come desumibile dalla situazione dedotta in causa e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del giudizio, nonchè del provvedimento richiesto in concreto, senza altri limiti che quello di rispettare il principio della corrispondenza della pronuncia alla richiesta, e di non sostituire d'ufficio una diversa azione a quella formalmente proposta. Ove tale principio sia violato - e, quindi, venga denunziato un errore in procedendo, quale la pronunzia su di una domanda che si afferma diversa da quella inizialmente proposta - la Corte di cassazione ha il potere - dovere di procedere direttamente all'esame e all'interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e delle deduzioni delle parti (Cass. nn. 16054/04, 1079/04, 12255/03, 6681/00 e 2574/99).
2.1.1. - Nella specie, gli opponenti K. hanno dedotto di aver ricevuto un pregiudizio a causa di errori commessi dal geom.R. nello svolgimento di un'attività di direzione di lavori edili, inerenti ad opere riservate ad una diversa categoria professionale (ingegneri e architetti); e sul presupposto della nullità del relativo contratto di prestazione d'opera professionale, hanno chiesto in via riconvenzionale la condanna del predetto geometra al risarcimento dei danni. Atteso che a) gli opponenti non hanno qualificato tale domanda, e che, dunque, non risponde al vero quanto assume la parte odierna controricorrente, secondo cui i K. avrebbero specificato la natura dell'azione esperita; e che b) la stessa connessione di tale domanda con l'eccezione di nullità del contratto d'opera intellettuale rende, semmai, implicita la natura extracontrattuale della responsabilità dedotta; deve ritenersi formalmente e sostanzialmente corretta la soluzione interpretativa fornita nella sentenza impugnata, la quale va giudicata esente da vizi in procedendo nell'attività d'interpretazione e di qualificazione della domanda.
3. - In conclusione, vanno respinti entrambi i ricorsi.
4, - La soccombenza reciproca nel presente giudizio di legittimità giustifica la compensazione integrale delle spese.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta sia il ricorso principale che quello incidentale e compensa interamente le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2012


 

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