REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ROMA
Sezione IV Civile
La Corte composta dai Signori Magistrati :
ZEZZA Dott. Giuseppe Mario - PRESIDENTE
MICELI Dott. Giuseppe - CONSIGLIERE
DEL BOCCIO Dott. Anna - CONSIGLIERE REL.
ha pronunziato e pubblicato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 6720/2007 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell' anno 2007, posta in decisione all' udienza collegiale del 14/3/2013, vertente
TRA
M.C.A., elettivamente domiciliato in Roma, via Costantino Maes n. 68, presso lo studio dell' Avv. Maria Speziale dalla quale è rappresentato e difeso in virtù di mandato a margine dell' atto di citazione ;
APPELLANTE
E
GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A., in persona dei procuratori speciali e legali rappresentanti p.t, elettivamente domiciliato in Roma , alta via Carlo Poma n. 4 , presso lo studio dell' Avv. Paolo Gelli che la rappresenta e difende per delega in calce all' atto di citazione passivo del giudizio di primo grado;
APPELLATA
X.X.
APPELLATO CONTUMACE
Oggetto : Appello; risarcimento dei danni da sinistro stradale;

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato nel 2004, M.A.C. evocava in giudizio , davanti al Tribunale di Roma X.X. e la S.p.A. Generali chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti a seguito del sinistro stradale avvenuto il 5/6/2001 che aveva visto coinvolti il suo veicolo ed il veicolo condotto e di proprietà del convenuto , con distrazione delle spese . Deduceva che il conducente dell' altro veicolo procedeva contromano sulla statale Aurelia in un punto in cui i due sensi di marcia erano separati da new jersey e dunque aveva imboccato la statale in senso inverso.
L' ente assicurativo aveva risarcito il danno auto ed aveva inviato Euro 22.500 a titolo di ristoro del danno fisico , del tutto insufficiente anche in considerazione del danno biologico esistenziale e patrimoniale specifico patiti.
Si costituiva in giudizio la predetta società di assicurazioni contestando la domanda sia sotto il profilo della responsabilità sia sotto il profilo del quantum . Allegava in particolare una corresponsabilità in quanto l' attore procedeva sul margine sinistro della propria carreggiata , come rilevato dalla Polstrada intervenuta .
Con sentenza emanata il 3 ottobre 2006 il Tribunale di Roma, in accoglimento per quanto di ragion della domanda condannava i convenuti in solido al risarcimento dei danni in favore dell' attore , nella complessiva somma di Euro 91.075, detratto l' acconto percepito , oltre al lucro cessante ed interessi legali nonché alla rifusione delle spese di lite , da distrarsi in favore del Procuratore antistatario.
Avverso la sentenza ha interposto appello M.C.A., chiedendo ; 1 ) il risarcimento del danno patrimoniale da incapacità lavorativa specifica subito dal M. , quantificato in Euro 488.000,00 o in subordine in Euro 120.000,00 ovvero nel diverso importo la cui quantificazione viene rimessa all' equo apprezzamento della Corte ; 2 ) I' integrazione del danno morale per I' importo di Euro 11.000,00 ; 3 ) il risarcimento del danno esistenziale quantificato in Euro 300.000,00 ; 4 ) l' integrazione del risarcimento patito per la perdita di chance per un importo di Euro 120.000,00 ; 5 ) I' integrazione della perdita di reddito di lavoro per la somma di Euro 73.897,00 ; 6 ) I' integrazione delle spese documentate e non documentate per I' importo di Euro 2.267,00 ; 7 ) l' integrazione del danno estetico per la somma di Euro 2.000,00 ; 8) il risarcimento del danno per il mancato godimento della somma che si quantifica in Euro 300.000,00 , il tutto per la complessiva somma di Euro 1.297.164,00, ovvero nella maggiore o minor somma ritenuta di giustizia , con vittoria di spese da distrarsi In favore del procuratore antistatario.
Si è costituita nel presente giudizio la Compagnia Generali Assicurazioni S.p.A., chiedendo il rigetto dell' appello , con vittoria di spese .
L' altro appellato, X.X., rimaneva contumace .
Precisate le conclusioni a cura di entrambe le parti , la causa è stata posta in decisione all' udienza collegiale del 14/3/2013 , con concessione alle parti del doppio termine ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Motivazione

L' appello è infondato e deve essere respinto.
Per quanto concerne il primo motivo di appello , relativo alla " mancata liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa specifica " , esso è infondato ove si consideri che il primo Giudice ha già liquidato il " danno da cenestesi lavorativa", quale componente del danno biologico , innalzando alla percentuale del 25% il danno biologico da risarcire , quantificato dal CTU nella misura del 18%.
Sotto il profilo giuridico è opportuno ricordare la seguente massima del S.C. , pienamente condivisa da questo Collegio : " in tema di risarcimento del danno alla persona , sussiste la risarcibilità del danno patrimoniale soltanto qualora sia riscontrabile la eliminazione o la riduzione della capacità del danneggiato di produrre reddito , mentre il danno da lesione della cenestesi lavorativa , che consiste nella maggiore usura , fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell' attività lavorativa , non incidente neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito della persona offesa ( c.d. perdita di chance ) , risolvendosi in una compromissione biologica dell' essenza dell' individuo , va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute. A tal fine il Giudice, ove abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità , ben può liquidare la componente costituita dal pregiudizio della cenestesi lavorativa mediante un appesantimento del valore monetario di ciascun punto, restando invece non consentito il ricorso al parametro del reddito percepito dal soggetto leso , " ( Cfr. Cass. Civ., Sezione III , 24/3/2004, n. 5840 ).
Nel caso di specie correttamente il Giudice ha ritenuto, sulla scorta della CTU , che le lesioni riportate dal M. a seguito del sinistro stradale de quo, non hanno precluso né contratto la sua capacità lavorativa, ma hanno soltanto reso più pesante ed usurante lo svolgimento della sua attività professionale , senza determinare contrazione di reddito .
Al riguardo occorre precisare che I' odierno appellante non ha assolto all' onere probatorio di dimostrare , mediante documentazione fiscale e, cioè , mediante la produzione del modello 740 , di aver percepito un determinato reddito negli ultimi tre anni antecedenti al sinistro e che questo sia concretamente diminuito in conseguenza del sinistro medesimo.
L' appellante ha infatti formulato generiche ed assertive allegazioni, circa la presunta contrazione del reddito che sono rimaste del tutto ipotetiche e non adeguatamente dimostrate mediante idonea documentazione fiscale .
Il secondo motivo di appello , relativo alla " incongruente e contraddittoria liquidazione del danno morale " è anch' esso infondato .
Ed invero correttamente il Tribunale ha liquidato il danno morale nella somma equitativa di Euro 14.000,00 commisurandolo " alle sofferenze patite, particolarmente significative in ragione delle varie fratture riportate, delle varie degenze ospedaliere patite e dei ripetuti controlli medici e diagnostici effettuati nel tempo " , tenendo cioè conto dei parametri indicati dalla giurisprudenza del S.C ( cfr. Cass, Civ., Sezione III, 19/2/2007 , n. 3758 ).
Con il terzo motivo di appello il M. lamenta che il Tribunale abbia ricompreso fa voce del danno esistenziale nell' ambito del danno biologico e morale , senza farne oggetto di autonoma valutazione .
La censura è priva di pregio alla luce dei principi sull' onere della prova espressi dalle Sezioni Unite della S.C..
Giova sul punto ricordare la seguente massima : " il danno esistenziale , da intendere come pregiudizio ( di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri , inducendo a scelte di vita diverse quanto all' espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno - va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall' ordinamento , assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni , per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche , durata , gravità , conoscibilità all' interno e all' esterno del luogo di lavoro dell' operata dequalificazione , frustratone di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale , eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore di lavoro comprovanti I' avvenuta lesione dell' interesse relazionale , effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto ) si possa , attraverso un prudente apprezzamento , coerentemente risalire al fatto ignoto , ossia all' esistenza del danno, facendo ricorso ai sensi dell' art. 115 c.p.c. a quelle nozioni generali derivanti dall' esperienza , delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove . " ( Cfr. Cass., Sezioni Unite 24 marzo 2006, n. 6572 ).
Ebbene, nel caso di specie , il M. non ha minimamente fornito in giudizio siffatta prova , secondo i dettami della S.C., per cui in difetto di specifici elementi presuntivi nel senso illustrato dalle Sezioni Unite del S.C. , il dedotto danno esistenziale correttamente è stato valutato dal primo Giudice quale componente del danno biologico e morale e non in modo autonomo .
il quarto motivo , relativo all' insufficiente quantificazione del danno estetico, questa Corte osserva che la censura è del tutto generica , considerato anche che I' attore nel giudizio di primo grado si era rimesso al prudente apprezzamento del Giudice che ha liquidato la somma di 5.000,00 Euro , da ritenersi congrua ed adeguata , in relazione alla modesta entità del danno estetico subito dal M. .
Con il quinto motivo I' appellante deduce che il Tribunale erroneamente non gli ha avrebbe riconosciuto alcuna somma a titolo di ristoro per I' asserita perdita di "chance" lavorativa.
La censura è inconsistente in quanta il Tribunale ha invece riconosciuto tale voce di danno , liquidando al M. fa somma di Euro 26.103,00 ( cfr. pagine 5 e 6 della sentenza impugnata ).
Con il sesto motivo I' appellante lamenta il mancato risarcimento del danno patrimoniale per la mancata realizzazione del rapporto di associazione in partecipazione , perii quale aveva chiesto la somma di Euro 100.000,00 .
La doglianza non merita seguito poiché formulata in modo del tutto generico e non dimostrata nel suo presupposto .
Con il settimo motivo di appello il M. deduce che il Tribunale erroneamente non ha provveduto al rimborso di quelle spese non facilmente documentabili che sarebbero comunque facilmente presumibili ed attendibili.
Il motivo è infondato in quanto I' attribuzione di somme a titolo di rimborso delle spese prevedibili non può concernere somme già sostenute e non dimostrate , ma solo quelle future , ragionevolmente possibili.
Non può quindi procedersi ad una valutazione equitativa perché le spese già sostenute devono essere supportate da idonea documentazione , nel caso di specie del tutto mancante.
Con I' ultimo motivo di appello il M. lamenta che il Tribunale non avrebbe disposto la corresponsione a proprio favore degli importi concernenti "il mancato godimento della somma."
La censura è del tutto inconsistente ove si consideri che il Giudice ha liquidato il credito risarcitone all' attualità nella somma di Euro 91.075,00, con la motivazione che," trattandosi di debito di valore spetta il risarcimento del danno da lucro cessante per il mancato godimento delle somme dovute e liquidate " ed indicando i criteri utilizzati per il calcolo della rivalutazione monetaria e per I' individuazione del saggio di rendimento connesso alla temporanea indisponibilità della somma originaria .
Emerge quindi chiaramente , dalla lettura delta sentenza alle pagine 5 e 6 , che il giudice di prime cure ha provveduto alla liquidazione della voce di danno reclamata dall' appellante .
Le spese del grado seguono fa soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte , definitivamente pronunziando sull' appello proposto avverso la sentenza n. 21681/06 , emanata il 3 ottobre 2006 dal Tribunale di Roma rigetta I' appello e condanna l' appellante alla rifusione , in favore dell' appellata , delle spese processuali del grado, che liquida in complessivi Euro 6.600,00, oltre alle spese generali , IVA e CPA. come per legge .
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2013.
Depositata in Cancelleria il 24 settembre 2013.


 

Collabora con DirittoItaliano.com

Vuoi pubblicare i tuoi articoli su DirittoItaliano?

Condividi i tuoi articoli, entra a far parte della nostra redazione.

Copyright © 2020 DirittoItaliano.com, Tutti i diritti riservati.