REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI PERUGIA
-SEZIONE LAVORO-
composta dai magistrati:
Dr Salvatore Ligori - Presidente
Dr Paolo G. Vadalà - Consigliere
Dr.ssa Alessandra Angeleri - Consigliere est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado d'appello iscritta al n. 1 dell'anno 2011 Ruolo Gen. Contenzioso Lav. Prev. Ass.
promossa da
C.E., rappresentato e difeso, in forza di delega a margine dell'atto d'appello, dagli avvocati Fabio Nisi e Mariano Bussetti ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Perugia, Via Gerardo Dottori 85
-appellante-
contro
BANCA GENERALI S.P.A., con sede in Trieste, Via Machiavelli 4, in persona dei quadri direttivi dott. S.S. e dott. A.P., in forza di REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI PALERMO - SEZ. TERZA CIVILE -
La Corte d'Appello di Palermo - Sezione Terza Civile - riunita in Camera di Consiglio e composta dai sig. magistrati:
1) Dott. Vito Ivan Marino - Presidente
2) Dott. Filippo Picone - Consigliere
3) Dott. Fabio Di Pisa - Consigliere
ha emesso la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n. 2959/2009 del R.G. di questa Corte di Appello promossa in questo grado di giudizio
DA
F.T. rappresentato e difeso dall'Avv. Dario Visconti giusta procura speciale in atti
APPELLANTE
CONTRO
Fondiaria S.A.I. S.p.A., quale impresa designata ex artt. 283 e segg. D.Lgs. n. 209 del 2005 rappresentata e difesa dall'Avv. Giambattista Grieco giusta procura speciale in atti
APPELLATA
NONCHE'
V.T.
APPELLATO CONTUMACE

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4 Dicembre 2008, corretta giusta provvedimento in data 22,1.2009, il Tribunale di Palermo accertò che la causazione del sinistro, in occasione del quale ebbe a subire delle lesioni F.T., il quale procedeva a bordo del proprio motociclo, andava imputata, in via esclusiva, a V.T. che, a bordo della propria autovettura nell' immettersi in modo repentino dall' area denominata Fondo Meceo, l' aveva investito e condannò quest' ultimo nonché la Fondiaria S.A.I. S.p.A., quale impresa designata ex artt. 283 e segg. D.Lgs. n. 209 del 2005 - in quanto il mezzo era privo di copertura assicurativa -, in solido fra loro, al risarcimento del danno quantificato nella complessiva somma di Euro 16.007,37 - di cui Euro 1.062,00 per danno patrimoniale relativo a spese sanitarie ed il residuo per danno non patrimoniale - comprensiva di interessi corrispettivi e rivalutazione monetaria, il tutto oltre interessi al tasso legale dal dì della decisione sull' importo complessivo.
Avverso la suindicata sentenza ha interposto appello F.T., cui la resistito la Fondiaria S.A.I. S.p.A., quale impresa designata ex artt. 283 e segg. D.Lgs. n. 209 del 2005, la quale ha chiesto darsi atto dell' intervenuto pagamento della somma di Euro 27.106,06 (comprensiva di spese legali) e formulato, in via subordinata, ulteriore domanda di rivalsa nei confronti del T..
V.T., pur ritualmente citato, è rimasto contumace.
Quindi, disposta nuova c.t.u. medico-legale, la causa, sulle conclusioni precisate dai legali delle parti all'udienza collegiale del 14.6.2013, è stata posta in decisione con l'assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Motivazione

Osserva la Corte che l' appellante, con i due motivi di gravame proposti, i quali stante la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente, censura I' impugnata sentenza osservando che, anche in ragione delle risultanze della propria c.t.p., il primo giudice avrebbe dovuto riconoscere il maggiore danno biologico, inteso in senso stretto, in misura non inferiore al 15% ovvero al 10% ed, inoltre, un danno "morale" in percentuale non inferiore al 40% ovvero al 33% del danno biologico nonché il danno patrimoniale da incapacità lavorativa generica e/o specifica.
L' appello può trovare accoglimento nei limiti appresso specificati.
Osserva il Collegio che, in relazione al danno biologico da invalidità permanente subito dal T., vanno integralmente accolte le conclusioni della C.T.U., espletata in questo grado di giudizio, a firma del Dott. F.V. - che qui si intende integralmente richiamata -che ha quantificato nella misura del 8% la percentuale di invalidità ricollegabile ai postumi permanenti diagnosticati sulla persona del predetto.
Dette conclusioni appaiono maggiormente condivisibili, rispetto a quelle di cui alla c.t.u. in primo grado - ove è stato quantificato un danno biologico pari al 7% - e ciò in quanto le stesse risultano più coerenti rispetto ai parametri di cui alla tabella del D.M. 3 luglio 2003 (applicabile alla fattispecie in esame, vertendosi in ipotesi di lesioni micropermanenti) e più in linea con quelli che sono i dati obiettivi riscontrati.
Il Dott. V. ha, invero, verificato: "discreta ipotonotrofia dei muscoli della coscia, lieve ipotonotrofia dei muscoli della gamba, dolenzia nella manovra di stress in valgo, lieve cedevolezza anteriore alla manovra del cassetto, discreta limitazione funzionale dell'accosciamento" nonché "esito cicatriziale chirurgico di 8 x 0,5 cm disposto obbliquamente in ragione pararotulea, ipercromico e lievemente rilevato", pregiudizio, quest' ultimo, di tipo estetico inquadrabile nella prima classe funzionale.
In ordine alle specifiche contestazioni formulate da parte appellante va osservato che il Dott. V., nel valutare i detti postumi, ha sottolineato come "agli atti di causa non figurava la RMN del ginocchio dx menzionata nella relazione CTP di parte attrice ... Tale RMN, effettuata in data 11/1/2006 presso un'imprecisata struttura, evidenzierebbe oltre agli esiti della frattura all' emipiatto tibiale esterno, una lesione a carico del menisco laterale e la mancata identificazione del legamento crociato", escludendo, quindi, dalla propria valutazione tali problematiche.
Orbene la mancata produzione di detto documento preclude, in radice, la possibilità di ritenere erronee le conclusioni cui è pervenuto il c.t.u. Dott. F.V. - in ragione del fatto che non è stata fornita da parte appellante prova certa della riconducibilità di una lesione meniscale ed al legamento anteriore al sinistro per cui è causa -, fermo restando che lo stesso ha, condivisibilmente, evidenziato come "nel valutare i postumi permanenti residuati" è stato tenuto conto dei "dati obiettivi repertati", sottolineando che, è stato constatato un "discreto recupero funzionale dell' arto traumatizzato".
Trattandosi di sinistro verificatosi nel luglio del 2005 occorre fare riferimento, ai fini della quantificazione del danno all' art. 139 C. Ass. il quale, in relazione ai "postumi da lesioni pari o inferiori" al 9%, dispone che - appunto nell'ipotesi di "danno biologico permanente" -deve essere liquidato a titolo di risarcimento "un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità" e che "tale importo è calcolato in base all'applicazione a ciascun punto percentuale di invalidità del relativo coefficiente di correlazione esposta nel comma 6. L'importo così determinato si riduce con il crescere dell'età del soggetto in ragione dello 0,5 per cento per ogni anno di età a partire dall'undicesimo anno di età. Il valore del primo punto è pari ad Euro........".
L'entità del danno biologico da invalidità permanente si ottiene, allora, moltiplicando il "valore unitario di danno" per il numero che esprime il grado di invalidità e (ove operante) per il "coefficiente di adeguamento" corrispondente all'età del danneggiato in relazione alla legge suddetta come integrata giusta D.M. del 6 giugno 2013 che ha aggiornato l' importo relativo al primo punto di invalidità (Euro 791,95), dovendosi tenere conto della intervenuta svalutazione.
Nella fattispecie in esame, considerata l' invalidità permanente del 8% e l'età del danneggiato all'epoca del sinistro - anni 41 - il danno da postumi stabilizzati sofferti dal T. deve essere (ri)liquidato in Euro 11.245,00, in luogo del minore importo determinato dal primo giudice nella minore somma di Euro 8.102,40.
Va precisato, ai fini della complessiva quantificazione del danno, che per quanto concerne i giorni di ITT ed ITP, la relativa statuizione non è stata impugnata dal T., per cui, in ordine alla determinazione del relativo importo, pari ad Euro 2.733,90, si è formato il giudicato.
Per quanto concerne il chiesto risarcimento degli (ulteriori) danni non patrimoniali - oltre al danno biologico inteso in senso stretto - ritiene questo Collegio di doversi conformare ai principi affermati dalla Cassazione a SS.UU. nella nota pronunzia n. 26973/2008, pur dovendosi precisare che anche sulla scorta dei successivi arresti giurisprudenziali (v. Cass. 29191/2008; Cass. n. 379/2009; Cass. n. 11059/2009; Cass. 6750/2011; Cass. 2257/2011; Cass. 18641/2011; Cass. 20292/12 ; Cass. 22909/12; Cass. 16041/2013; Cass. 19402/13; Cass. 23147/13) si riconosce, comunque, specifico rilievo al danno morale.
Il Supremo Collegio ha avuto modo di chiarire come "il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata danno esistenziale perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nella atipicità, sia pure attraverso la individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dalla interpretazione costituzionale dell' art. 2059 c.c. , che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori delle persone presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione".
La Suprema Corte ha, altresì, specificatamente precisato in seno alla detta pronunzia che "Il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale nel senso che deve ristorare l'intero pregiudizio, ma non oltre...... Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita parentale), risponde ad esigenze descrittive ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno.
E' compito del giudice accertare la effettiva esistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione.
Viene in primo luogo in considerazione, nell' ipotesi in cui l'illecito configuri reato, la sofferenza morale. Definitivamente accantonata la figura del c.d. danno morale soggettivo la sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di durata, integra pregiudizio non patrimoniale.
Deve, tuttavia, trattarsi di sofferenza soggettiva in sé considerata non come componente del più complesso pregiudizio non patrimoniale. Ricorre il primo caso ove sia allegato il turbamento dell' animo, il dolore intimo sofferti, ad esempio, dalla persona diffamata o lesa nella identità personale, senza lamentare degenerazioni patologiche della sofferenza. Ove siano dedotte siffatte conseguenze si rientra nell' area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente.
Determina quindi duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei suindicata termini inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo.
Esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza" chiarendo come lo stesso (cioè il danno "morale") costituisce una "voce" del danno biologico "nel suo aspetto dinamico, nel quale, per consolidata opinione è ormai assorbito il c.d. danno alla vita di relazione, i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita conseguenti a lesioni dell' integrità psicofisica".
Nella fattispecie in esame si può certamente riconoscere al T. un turbamento psichico e morale in relazione alla tipologia di postumi invalidanti - tenuto conto della protratta sofferenza anche legata alla tipologia di lesioni riscontrate dal c.t.u. ed al tipo di intervento subito e considerato anche il pregiudizio di tipo estetico - e va anche tenuto conto di un maggior affaticamento ed un maggior dispendio fisico per svolgimento di attività di tipo manuale-pratico quale quella che deve ritenersi svolge il predetto (c.d. danno da cenestesi lavorativa, vedi Cass. n. 14840/2007) - e, quindi, della incidenza sulla "capacità lavorativa generica" (dovendosi precisare che in questa ultima ipotesi non si ha alcuna contrazione del reddito sicchè non è risarcibile alcun danno patrimoniale).
Nell' ottica di una personalizzazione del danno in questione, in considerazione dei pregiudizi dinamico-relazionali, della sofferenza morale e della incidenza dei postumi sulla capacità lavorativa generica, oltre al liquidato danno biologico, può essere riconosciuta, in via equitativa, al suddetto una ulteriore somma del complessivo danno biologico, conformemente a quanto riconosciuto dal primo giudice.
E ciò, in difetto di ulteriori allegazioni e prove, trattandosi, in ogni caso, di danno-conseguenza che deve essere specificamente allegato e provato (secondo quanto chiarito nella citata pronunzia), non avendo parte appellante né indicato né comprovato elementi idonei a determinarne una maggiorazione in misura maggiore (33% ovvero 40%)
.
Su tali somme sono dovuti gli interessi cd. "compensativi" applicando un tasso non superiore a quello legale del periodo intercorrente tra il giorno del sinistro e quello attuale della liquidazione, non sulla somma rivalutata in un'unica soluzione alla data della liquidazione, ma sulla somma capitale rivalutata di anno in anno, conformemente alla pronuncia delle S.U. della Suprema Corte n. 1712\95.
Operata una liquidazione di tipo equitativo e tenuto conto della somma già corrisposta di Euro 16.007,37, può essere liquidato al T., a titolo di danno non patrimoniale, I' ulteriore importo complessivo di Euro 4.375,00 (comprensivo di rivalutazione ed interessi ad oggi).
Privo di fondamento è, poi, il motivo di impugnazione quanto alla omessa liquidazione del danno patrimoniale futuro da invalidità lavorativa specifica.
Osserva questo Collegio che la Suprema Corte ha avuto modo di statuire che ai fini della sussistenza del diritto al risarcimento del danno patrimoniale futuro non basta l'indicazione di una percentuale di invalidità specifica fatta da un consulente tecnico di ufficio, ma occorre invece una prova rigorosa e certa della incidenza della invalidità indicata sulla capacità lavorativa specifica del soggetto e sulla riduzione del reddito derivante da tale invalidità (Cass. n. 13409 e 1512 del 2001, 3961 del 1999, 2639 e 1285 del 1998).
In particolare è stato osservato che in tema di danno patrimoniale futuro, ai fini della risarcibilità di quello conseguente alla riduzione della capacità lavorativa specifica (anche in caso di postumi permanenti acclarati), il giudice, oltre a dover accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla suddetta capacità (e, a sua volta, sulla capacità di guadagno ), è tenuto anche a verificare se e in quale misura nel soggetto leso persista o residui, dopo e malgrado l'infortunio patito, una capacità ad attendere al proprio o ad altri lavori confacenti alle sue attitudini nonché alle sue condizioni personali e ambientali in modo idoneo alla produzione di altre fonti di reddito, in sostituzione di quelle perse o ridotte, e solo nell'ipotesi in cui, in forza di detti complessivi elementi di giudizio, risulti una riduzione della capacità di guadagno e, in virtù di questa, del reddito effettivamente percepito, tale ultima diminuzione è risarcibile sotto il profilo del lucro cessante (vedi Cass. n. 9444/2010).
In altri termini, tra lesione della salute e diminuzione della capacità di guadagno non sussiste alcun rigido automatismo.
Ogni lesione della salute può riverberare effetti sull' attività lavorativa in tre modi:
a) precludendola del tutto, con conseguente soppressione totale del reddito;
b) costringendo il soggetto leso a mutare funzioni o qualifica ovvero a ridurre la propria produttività, con conseguente riduzione del reddito;
c) costringendo il soggetto leso, per svolgere le medesime mansioni cui attendeva prima del sinistro, a sopportare maggiori sforzi ovvero a subire una maggiore usura.
In questa ultima ipotesi non si ha alcuna contrazione del reddito sicchè non è risarcibile alcun danno patrimoniale.
Nelle prime due ipotesi occorre che il danneggiato fornisca la prova - non solo relativa alla "contrazione del reddito", ma anche relativa - alla "esistenza di nesso causale tra tale contrazione e la menomazione fisica sofferta" (vedi Cass. 9 gennaio 2001 n. 239).
Al riguardo la Suprema Corte ha costantemente ribadito, come detto, che il danno patrimoniale può configurarsi solo se viene fornita la prova certa e rigorosa della ridotta capacità reddituale, che può anche non sussistere a fronte di una dimostrata ridotta capacità lavorativa.
Si pensi al caso del lavoratore dipendente la cui ridotta capacità lavorativa non abbia comportato in concreto una modifica delle proprie mansioni e quindi nemmeno della relativa retribuzione, oppure che ha comportato la destinazione a mansioni diverse ma di qualifica equivalente e quindi senza riduzione della retribuzione.
Per quanto concerne il professionista in astratto, la sua capacità reddituale dovrebbe o potrebbe essere maggiormente correlata alla sua capacità lavorativa.
Ciò però non è necessariamente vero perché, sempre in astratto, si può ipotizzare che il soggetto in questione modifichi l'organizzazione o il metodo di lavoro, suoi e dei suoi collaboratori, in modo tale da compensare e ridistribuire le risorse personali (ed eventualmente altrui).
D'altra parte è anche innegabile che la prova dei ridotti introiti può essere agevolmente fornita in giudizio a mezzo degli ordinari strumenti processuali, principalmente di natura documentale, per cui in una fattispecie siffatta non è possibile ricorrere a semplici presunzioni.
Nel caso in esame il T. si è limitato ad allegare di svolgere I' attività di idraulico e che le lesioni sofferte, certamente, comportano una sensibile riduzione della capacità lavorativa, ad esempio tenuto conto della difficoltà di accosciamento.
Ma, a parte la considerazione che, secondo quanto incontroverso, il predetto, sia pure in passato, ha lavorato quale dipendente precario presso il comune di Palermo, sicché lo svolgimento dell'attività di idraulico è una mera allegazione (non comprovata) sotto altro altro profilo va osservato che difetta, in ogni caso, ogni dimostrazione di una effettiva contrazione dei suoi redditi.
Conclusivamente, a parte quanto riconosciuto per l'incidenza dei postumi in termini di maggior affaticamento e maggior dispendio fisico per svolgimento di una attività di tipo manuale pratico rispetto alla situazione pregressa (ai fini della quantificazione del liquidato danno non patrimoniale) nulla può essere riconosciuto a titolo di danno patrimoniale futuro da invalidità lavorativa specifica dovendosi, pertanto, confermare sul punto la sentenza impugnata.
In parziale accoglimento dell'appello ed in parziale riforma della sentenza impugnata, stante I' intervenuto pagamento della somma di cui all' impugnata sentenza, V.T. e la Fondiaria S.A.I. S.p.A., quale impresa designata ex artt. 283 e segg. D.Lgs. n. 209 del 2005, vanno condannati, in solido, a corrispondere a F.T. l'ulteriore somma di Euro 4.375,00 oltre interessi al tasso legale dal dì di questa pronuncia.
Tenuto conto dell' esito complessivo dell' intera controversia e del limitato accoglimento dell' appello sussistono giusti motivi per compensare per i 3/4 le spese relative all' odierno grado di giudizio mentre V.T. e la Fondiaria S.A.I. S.p.A., devono essere condannati al pagamento in favore di F.T. della restante quota pari ad 1/4 liquidata in Euro 927,50 di cui Euro 127,50 oltre IVA e CPA., somme da distrarsi in favore dell'Avv. Daro Visconti dichiaratosi antistatario.
Le spese della c.t.u. a firma del Dott. V. liquidate giusta decreto in atti vanno poste in via definitiva a carico di V.T. e la Fondiaria S.A.I. S.p.A., soccombenti quanto al capo di domanda per il quale si è reso necessario I' espletamento di una nuova c.t.u. medico-legale.
In accoglimento della domanda di rivalsa formulata dalla Fondiaria S.A.I. S.p.A., V.T. va condannato a pagare alla detta compagnia assicuratrice le ulteriori somme che quest'ultima verserà al T. in forza dell'odierna sentenza.

PQM

La Corte, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda, istanza ed eccezione, in parziale accoglimento dell' appello avverso la sentenza del Tribunale di Palermo 4 Dicembre 2008, corretta giusta provvedimento in data 22.1.2009 , ed in parziale riforma della sentenza appellata, dato atto del pagamento della somma di cui all' impugnata sentenza, così provvede:
a) condanna V.T. e la Fondiaria S.A.I. S.p.A., quale impresa designata ex artt. 283 e segg. D.Lgs. n. 209 del 2005, in solido fra loro, a corrispondere a F.T., per la causale di cui in motivazione, l'ulteriore somma di Euro 4.375,00 oltre interessi al tasso legale dal dì di questa pronuncia;
b) conferma nel resto I' appellata pronunzia;
c) dichiara compensate in misura pari ai 3/4 le spese processuali del presente grado di giudizio e condanna V.T. e la Fondiaria S.A.I. S.p.A., quale impresa designata ex artt. 283 e segg. D.Lgs. n. 209 del 2005, in solido fra loro, al pagamento in favore di F.T. della restante quota pari ad 1/4 liquidata in Euro 927,50 oltre iva e cpa, somme da distrarsi in favore dell'Avv. Daro Visconti dichiaratosi antistatario;
d) pone le spese di c.t.u. a firma del Dott. V., liquidate giusta decreto in atti, a carico di V.T. e della Fondiaria S.A.I. S.p.A.;
e) condanna V.T. a pagare alla Fondiaria S.A.I. S.p.A le ulteriori somme che quest'ultima verserà al T. in forza dell'odierna sentenza.
Così deciso in Palermo nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Appello il 8 novembre 2013.
Depositata in Cancelleria il 22 novembre 2013.


 

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