REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE Giudice
- Giuseppe TESAURO Giudice
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI Giudice
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA Giudice
- Sergio MATTARELLA Giudice
- Mario Rosario MORELLI Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 145, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), promosso dal Giudice di pace di Roma, nel procedimento civile vertente tra C. R. e l'Axa Assicurazioni s.p.a. ed altra, con ordinanza del 18 maggio 2010, iscritta al n. 226 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2011.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2012 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.

Svolgimento del processo

1.- In giudizio civile risarcitorio, promosso da un pedone nei confronti della società assicuratrice del veicolo dal quale assumeva di essere stato investito, subendo lesioni personali, l'adito Giudice di pace di Roma - al fine del decidere sulla eccezione pregiudiziale della convenuta di improponibilità della domanda per vizi di contenuto della richiesta stragiudiziale di cui all'articolo 145, comma 1, in relazione alle prescrizioni del successivo articolo 148, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 200, n. 209 (Codice delle assicurazioni private) - ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto delle predette disposizioni del c.d.a., in riferimento agli articoli 2, 3, 24, 32, 76, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione anche agli articoli 6, paragrafo 1, e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, nel testo consolidato con le modifiche apportate dal Trattato di Lisbona il 13 dicembre 2007, ratificato con legge 2 agosto 2008, n. 130 ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009.
2.- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, eccependo l'inammissibilità della questione per la omessa previa verifica di una possibile interpretazione costituzionalmente orientata della normativa denunciata, nel senso che la correlativa finalità di incentivare la
conclusione della vicenda in sede stragiudiziale <>.
Nel merito, l'Autorità intervenuta ha concluso per la non fondatezza, per ogni aspetto, della questione sollevata, sostanzialmente sul rilievo che <> come quella prevista nel comma 1 dello stesso denunciato articolo 148 c.d.a.

Motivazione

1.- Il Giudice di pace di Roma dubita della legittimità costituzionale dell'articolo 145 del decreto legislativo 7 Settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private, di seguito c.d.a.) nella parte in cui, al comma 1, subordina la proponibilità della domanda giudiziaria di risarcimento del danno alla persona, riportato in conseguenza di sinistro stradale, al decorso del c.d. spatium deliberandi di 90 giorni in capo all'assicuratore, decorrente dal giomo in cui il danneggiato abbia presentato all'impresa di assicurazione un'istanza di risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, <>. Il quale, a sua volta, appunto, al comma 2, prescrive che < essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa, dai dati relativi all'età, all'attività del danneggiato, al suo reddito, all'entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonchè dalla dichiarazione ai sensi dell'articolo 142, comma 2, del decreto legislativo n. 209 del 2005, o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima>>.
La questione è sollevata in riferimento agli articoli 2, 3, 24, 32, 76, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione anche agli articoli 6, paragrafo 1, e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, ed all'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, nel testo consolidato con le modifiche apportate dal Trattato di Lisbona il 13 dicembre 2007, ratificato con legge 2 agosto 2008, n. 130 ed entrato in vigore il lo dicembre 2009.
Sostiene, infatti, in premessa, il giudice a quo che, dal combinato disposto delle due riferite disposizioni, derivi <>, che, ai sensi del previgente articolo 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione
obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), gli era viceversa consentito sulla base di una previa richiesta risarcitoria anche incompleta o di meri atti equipollenti.
Ed in ragione di ciò, appunto, dubita il rimettente che l'<>, cosi, a suo dire immotivatamente, operato dal legislatore delegato, violi:
- l'articolo 76 della Costituzione, in quanto non rispondente ai criteri della delega di cui agli articoli 1 e 4 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001), ed anzi in contrasto con i principi, da essa recepiti, finalizzati alla tutela del soggetto debole nelle procedure di liquidazione, di cui alla direttiva 11 maggio 2005, n. 2005/14/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive del Consiglio 72/166/CEE, 84/5/CEE, 88/357/CEE e 90/232/CEE e
la direttiva 2000/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli), oltrechè non sorretto da parere, nè preventivo nè successivo, del Consiglio di Stato;
- l'art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i canoni dell'equo processo e della effettività della tutela giurisdizionale, in relazione agli articoli 6, paragrafo 1, e 13 della CEDU e all'art. 47 della Carta dell'Unione europea;
- gli artt. 2, 24, 32 e 111 Cost., risultandone compromesso il diritto di azione e di difesa nel giudizio, a tutela del diritto alla salute;
- l'art. 3 Cost., per la disparità di trattamento che ne conseguirebbe, per un verso, tra danneggiato e impresa assicuratrice (la seconda <>); e, per altro verso, tra soggetti danneggiati, secondo che esercitino (come nella specie) l'azione nei confronti della compagnia di assicurazione del responsabile del sinistro, ovvero esercitino le azioni per <> (nei confronti della propria assicuratrice o di quella del trasportante) di cui agli artt. 144 e 141 c.d.a., ovvero ancora agiscano nei confronti del Fondo di garanzia per le vittime della strada, ai sensi degli artt. 283 e 287 dello stesso codice, per essere solo i primi, e non anche gli altri, tenuti al rispetto delle prescrizioni di cui all'art. 148 c.d.a. nella formulazione dell'istanza risarcitoria stragiudiziale.

2.- La questione, rilevante (in quanto - come osservato dal rimettente - dalla applicazione, ove non rimossa, della normativa denunciata deriverebbe, in concreto, l'improponibilità della domanda al suo esame) ed ammissibile (poichè quel che, in via di eccezione, l'Avvocatura deduce omessa dal giudice a quo non è, in realtà, una possibile diversa <>, bensi una diversa <>, sul piano della conforrnità a Costituzione, delle disposizioni di cui trattasi, in ragione della ratio, che le ispira, di maggiore tutela del danneggiato), è però, nel merito, non fondata.
I numerosi profili di censura, in relazione ai molteplici parametri evocati dal rimettente, ruotano tutti, infatti, intomo alla medesima argomentazione: quella, cioè, per cui l'onere di conformazione della previa richiesta risarcitoria ex art. 145 ai contenuti prescritti dall'art. 148 c.d.a. menomi, sul piano sostanziale e processuale, la tutela del danneggiato.
Da qui, invero, a cascata, l'ipotizzata contrarietà del denunciato disposto al disegno ispiratore della delega per il settore delle assicurazioni, nel suo carattere rafforzativo della tutela del soggetto più debole, ed il vulnus a tutti i parametri (anche europei, richiamati in correlazione all'art. 117, primo comma, Cost.), posti a presidio del diritto di azione e del sottostante diritto alla salute del danneggiato da sinistro stradale.
Ma è proprio tale premessa di fondo, comune ad ogni sub-articolazione della sostanzialmente unica questione sollevata, che non risulta condivisibile.
Trascura, infatti, il rimettente di adeguatamente considerare il nesso funzionale che, all'interno della normativa denunciata, lega le prescrizioni formali, a carico del richiedente, all'<> che, sulla base della richiesta cosi formulata, è fatto obbligo all'assicuratore di presentare al danneggiato, in prospettiva di una satisfattiva
soluzione della controversia già in fase stragiudiziale, ed anche ai fini di razionalizzazione del contenzioso giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellari.
Vale a dire che - non venendo in discussione il condizionamento ex se dell'accesso alla giurisdizione, la cui compatibilità con il precetto dell'art. 24 Cost., ove giustificato da esigenze di ordine generale, è stata, reiteratamente, riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 276 del 2000, n. 82 del 1992, n. 46 del 1974; ordinanze n. 355 del 2007, n. 436 del 2006, n. 67 del 2005, n. 251 del 2003), anche con specifico riferimento al testo della disposizione, oggetto di riassetto, di cui al previgente art. 22 della legge n. 990 del 1969 (sentenze n. 128 del 2004, n. 251 del 2003, n. 24 del 1973; ordinanze n. 25 del 1975, n. 19 del 1975 e n. 9 del 1973) - quel che il rimettente denuncia come irragionevole, ed eccessivamente oneroso per l'interessato, e cioè l"irrigidimento del filtro all'accesso alla giurisdizione", si rivela come un meccanismo la cui ratio è in realtà, quella di rafforzare, e non già quella di indebolire, le possibilità di difesa offerte al danneggiato, attraverso il raccordo, come detto, dell'onere di diligenza, a suo carico, con l'obbligo di cooperazione imposto all'assicuratore. Il quale, proprio in ragione della prescritta specificità di contenuto della istanza risarcitoria, non potrà agevolmente o pretestuosamente disattenderla, essendo tenuto alla formulazione di una proposta adeguata nel quantum.
Il che - oltre, e prima ancora, che alla razionalizzazione dell'accesso alla giurisdizione ed alla sua funzionalizzazione, nel settore, ad una tutela di qualità - è volto, appunto, a rendere possibile una anticipata e satisfattiva tutela del danneggiato già nella fase stragiudiziale.
3.- Risultano, per ciò, non fondate le censure di violazione (sul piano sostanziale) dell'art. 32 e (sul piano processuale) degli artt. 24, 111 e 117, primo comma, Cost., in relazione agli articoli 6, paragrafo 1, e 13 della CEDU, per i profili (dal rimettente, per altro, solo genericamente, evocati) del giusto processo e della effettività della tutela giurisdizionale.
E ciò anche in considerazione del fatto che l'eventuale pronuncia di improponibilità della domanda per vizi di contenuto (come per mancato rispetto dello spatium deliberandi per l'assicuratore) di cui agli artt. 145 e 148 c.d.a. esaurisce i suoi effetti sul piano processuale (non investendo il merito della controversia) e non preclude la reiterabilità della domanda nel rispetto delle condizioni di cui alle predette disposizioni, mediante autonoma vocatio in ius, senza che la durata del precedente giudizio rilevi ai fini del decorso del termine di prescrizione (articolo 2945, secondo comma, in relazione all'articolo 2943, primo comma, del codice civile).
Mentre, in relazione al pure evocato articolo 47 della Carta di Nizza, la censura prima ancora che infondata, è inammissibile, per carenza di ogni motivazione sulla non diretta applicabilità della norma europea (da ultimo, ordinanza n. 298 del 2011 ).
4.- Priva di fondamento è poi, di conseguenza, anche l'ipotesi di violazione dell'art. 76 Cost., per il profilo di contrasto con la ratio della delega (sub articoli 1 e 4 della legge 29 luglio 2003, n. 229) e con i principi, da essa recepiti, della direttiva 2005/14/CE sulla tutela del danneggiato, quale soggetto debole nelle procedure di liquidazione, stante la verificata coerenza, invece, delle disposizioni impugnate a quella ratio ed a quei principi. Mentre, in relazione al procedimento di formazione legislativa, non è motivatamente prospettata la necessità di un nuovo parere del Consiglio di Stato su uno schema di decreto legislativo al quale nell'esercizio di una delega di "riassetto"
della materia siano state, come nella specie, apportate modifiche migliorative che non abbiano prodotto radicali mutamenti.
5.- Neppure, infine, sussiste, in alcuno dei prospettati profili, un contrasto della disposizione impugnata con l'art. 3 Cost.
Per un verso, infatti, le formalità di cui all'art. 148 c.d.a. non sono volte ad <>, bensì al contrario, a realizzare, come già evidenziato, una più tempestiva ed efficace tutela di quest'ultimo.
Per altro verso, del tutto impropriamente si postula dal rimettente una parità di disciplina tra l'azione nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile e quelle per <> (a carico del proprio assicuratore o dell'assicuratore del trasportante) di cui agli artt. 141, 144, 149 dello stesso codice, una volta che dette
ultime azioni, rispetto alla prima, non sono alternative, ma rappresentano un rimedio in più a disposizione del danneggiato (sentenza n. 180 del 2009; ordinanze n. 85 del 2010, n. 201 e n. 191 del 2009, n. 440 e n. 205 del 2008).
E, per analoghe ragioni, neppure può invocarsi a parametro di riferimento il combinato disposto degli artt. 283 e 287 c.d.a., che disciplinano la diversa e peculiare fattispecie in cui, per mancata identificazione del veicolo investitore o per sua mancata copertura assicurativa, l'istanza risarcitoria va rivolta all'impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada ed alla Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.a. - CONSAP (ordinanza n. 73 del 2012).
Per cui resta, conclusivamente, sotto ogni profilo, esclusa la fondatezza della sollevata questione di costituzionalità.

PQM

PER QUESTIMOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 145, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 24, 32, 76, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli articoli 6, paragrafo 1, e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Giudice di pace di Roma, con l'ordinanza di cui in epigrafe;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 145, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), sollevata, in riferimento all'articolo 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, nel testo consolidato con le modifiche apportate dal Trattato di Lisbona il 13 dicembre 2007, ratificato con legge 2 agosto 2008, n. 130, ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009, dal Giudice di pace di Roma, con la medesima ordinanza.
Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2012.
II Direttore della Cancelleria


 

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