REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SEGRETO Antonio - Presidente -
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere -
Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere -
Dott. CARLUCCIO Giuseppa - rel. Consigliere -
Dott. VINCENTI Enzo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 18093/2008 proposto da:
C.G., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati CATALANO Antonio, CAMPANILE GIACOMO giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
GENERALI ASSICURAZIONI SPA in persona del suo procuratore Ing. B. L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell'avvocato GELLI PAOLO, rappresentata e difesa dall'avvocato AUGERI Erasmo giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 198/2007 del TRIBUNALE DI NAPOLI SEDE DISTACCATA DI FRATTAMAGGIORE, depositata il 21/05/2007, R.G.N. 188/AC/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;
udito l'Avvocato ROBERTO GIANSANTE per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. C.G. convenne in giudizio Assicurazioni Generali Spa, quale impresa designata dal FGVS, e chiese i danni conseguenti a un incidente stradale nel quale era stato coinvolto ad opera di un motociclo rimasto non identificato, mentre percorreva una strada urbana con la bicicletta.
Il Giudice di pace rigettò la domanda.
Il Tribunale di Napoli rigettò l'impugnazione proposta da C. (sentenza del 21 maggio 2007).
2. Avverso la suddetta sentenza, C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L'Assicurazione resiste con controricorso.

Motivazione

1. Il Tribunale, confermando la decisione di prime cure, e dopo aver proceduto alla rinnovazione della prova testimoniale già escussa in primo grado, ha ritenuto che l'attore non aveva fornito la prova che la mancata identificazione del motociclo non fosse addebitabile ad un suo comportamento colpevole.
In particolare, ai fini della colpevolezza della non identificazione del conducente pirata, ha valutato negativamente: la circostanza che il C. avesse presentato la denunzia-querela dopo due mesi dall'accadimento del fatto, quindi in ritardo rispetto alla possibilità di avviare tempestivamente le indagini da parte delle competenti autorità; la circostanza che, nell'immediatezza, si era limitato a riferire di un generico incidente stradale, oltre che ai sanitari, anche alla Polizia presente presso il nosocomio; la circostanza che, pur essendo intervenuti dei soccorritori, non erano stati indicati alle autorità competenti ai fini di facilitare l'individuazione da del veicolo rimasto sconosciuto.

2. Con i due motivi del ricorso, che vanno esaminati congiuntamente per la stretta connessione, si deduce: la violazione della L. n. 990 del 1969, art. 19, lett. a), (primo) e contraddittorietà della motivazione (secondo).
Il primo si conclude con il seguente quesito: "Con riguardo all'azione diretta ai sensi dell'art. 19.....proposta da un soggetto, nella specie il ricorrente..., dica la Corte se.....l'onere della prova posto a carico del detto soggetto è soddisfatto con la dimostrazione della mancata identificazione del veicolo acquisita sulla base della testimonianza resa in giudizio da persona presente sul luogo del sinistro, ovvero se ai fini dell'adempimento di questo onere occorre anche provare che talune delle persone presenti sul luogo avrebbero potuto leggere il numero di targa, e rendere deposizioni testimoniali volte a dimostrare che il veicolo non era identificabile".

Il secondo non contiene il quesito di fatto, richiesto dall'art. 366 bis cod. proc. civ., come interpretato dalla costante giurisprudenza di legittimità.

3. Le censure, inammissibili sotto il profilo motivazionale per l'assenza del quesito nel secondo motivo, vanno rigettate.
3.1. Nella giurisprudenza di legittimità, è pacifico che, in tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, incombe sul danneggiato, che promuova richiesta di risarcimento dei danni nei confronti del Fondo di garanzia, ai sensi della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, comma 1, lett. a), applicabile ratione temporis, l'onere di provare, oltre che il sinistro si è verificato per la condotta dolosa o colposa di altro veicolo o natante, anche che il conducente sia rimasto sconosciuto. Al fine di rispettare la ratio della norma - che è quella di risarcire il danneggiato, ma anche di evitare possibili frodi al Fondo - si è richiesta la prova, non solo che il sinistro vi sia effettivamente stato ad opera di veicolo sconosciuto, ma anche che la non identificazione dello stesso sia dipesa da impossibilità incolpevole del danneggiato. In tale contesto, le pronunce della Corte sono univoche nell'escludere ogni automatismo derivante dalla presenza-assenza della denuncia/querela e nel non imporre al danneggiato l'onere di ulteriori indagini articolate o complesse, non essendo richiesto alla vittima di mantenere un comportamento di non comune diligenza, avuto riguardo alle sue condizioni psicofisiche e alle circostanze del caso concreto. Quindi, rilievo è attribuito al principio del libero convincimento del giudice, per cui questi deve valutare globalmente le risultanze processuali, secondo il suo prudente apprezzamento, dando conto degli elementi sui quali abbia inteso fondarlo (Cass. 2 settembre 2013, n. 20066; Cass. 18 giugno 2012, n. 9939; Cass. 18 novembre 2005, n. 24449).

3.2. Nella specie, il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi suddetti e, come emerge dalla sintesi della decisione (par. 1), ha argomentato il proprio convincimento.
D'altra parte, il ricorrente, sia pur prospettando apparentemente violazione di legge, sotto il profilo dell'eccesso dell'onere probatorio gravante sul danneggiato, in realtà critica la valutazione delle risultanze probatorie; peraltro, senza che l'addotta illogicità di motivazione sia stata tradotta in un quesito di fatto, necessario - secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità - ai sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis. In definitiva chiede alla Corte una inammissibile rivalutazione del merito delle risultanze probatorie.
4. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi. Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti, seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Assicurazioni Generali Spa, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2014


 

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