In tema di responsabilità civile per i sinistri occorsi nella circolazione stradale, la presunzione di colpa prevista in ugual misura a carico di ciascuno dei conducenti dall'art. 2054 cod. civ., comma 2, ha funzione meramente sussidiaria, giacchè opera solo ove non sia possibile l'accertamento in concreto della misura delle rispettive responsabilità. Ne consegue che l'accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l'altro dalla presunzione della concorrente responsabilità di cui all'art. 2054 cod. civ., comma 2, nonchè dall'onere di dimostrare, ai sensi del primo comma dello stesso articolo, di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MASSERA Maurizio - Presidente -
Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere -
Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere -
Dott. AMBROSIO Annamaria - Consigliere -
Dott. CIRILLO Francesco Maria - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 26531/2010 proposto da:
V.V.
- ricorrente -
contro
C.I.T. DI F. C. S.A.S., G.G., FONDIARIA SAI ASSICURAZIONI S.P.A.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 207/2010 della Corte D'Appello di Catanzaro, depositata il 04/03/2010, R.G.N. 1422/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2012 dal Consigliere Dott. Francesco Maria Cirillo;
udito l'Avvocato Filippo Accorinti per delega;
udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. Destro Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. V.V., N.P. ed N.A., rispettivamente nella qualità di genitore e di fratelli germani di N.R., convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Vibo Valentia, Sezione distaccata di Tropea, G.G. e la SAI Assicurazioni per ottenere il risarcimento dei danni sofferti a causa di un sinistro stradale nel quale il loro congiunto aveva trovato la morte.
Costituitasi in giudizio la sola società assicuratrice, il Tribunale rigettava la domanda, compensando le spese.
2. La sentenza veniva appellata da V.V. ed N. A..
La Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza del 4 marzo 2010, rigettava l'appello, confermava l'impugnata sentenza e condannava le appellanti alla rifusione delle spese del grado.
Osservava in proposito la Corte territoriale che gli originari attori avevano fin dall'inizio ammesso che l'incidente mortale si era verificato anche per un concorso di colpa del proprio familiare. Dal rapporto della Polizia giudiziaria risultava che non vi erano stati testimoni dell'accaduto; gli accertamenti tecnici erano stati svolti dal consulente nominato dal Pubblico Ministero nell'ambito dell'indagine penale (poi conclusasi con l'archiviazione) compiuta a seguito dell'incidente stesso.
La Corte d'appello - nel dichiarare inammissibile, siccome tardiva, una seconda consulenza di parte prodotta dagli appellanti - dava atto che nel corso del giudizio di primo grado gli attori avevano già prodotto una c.t. di parte tendente a dimostrare come l'eccesso di velocità del convenuto G. avesse avuto una efficacia causale nella determinazione dell'incidente.
Ciò premesso, la Corte rilevava che l'unico elemento in grado di determinare un concorso di colpa a carico di G.G., conducente del camion antagonista, era costituito dall'eccesso di velocità, essendo emerso che questi viaggiava a 55 km orari quando il limite era di 50 km orari. Ora, sulla base degli accertamenti compiuti dal consulente del P.M., definiti "incontroversi", il giudice d'appello procedeva alla ricostruzione dell'accaduto, rilevando che l'incidente era avvenuto in data _______, alle ore 14,45 circa, ossia in condizioni di perfetta luminosità; che il punto d'urto tra i due mezzi si collocava all'interno della corsia di marcia del camion, che aveva lasciato una traccia di pneumatico; che il G. risultava aver tenuto "strettamente la destra sulla sua corsia di marcia"; che la vettura condotta dal N., al contrario, non aveva lasciato alcuna traccia di frenata; che, in conclusione, il sinistro era da ricondurre ad esclusiva responsabilità del defunto N., il quale aveva invaso l'opposta corsia di marcia ed era andato a scontrarsi con il mezzo antagonista senza neppure tentare una frenata o una qualsiasi manovra eversiva che avrebbe, forse, evitato l'incidente. Ne conseguiva, pertanto, che il modesto eccesso di velocità imputabile al conducente del camion risultava ininfluente ai fini della determinazione dei sinistro.
3. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro propone ricorso per cassazione la sola V.V., con atto affidato a dodici motivi.
G.G. e la SAI Assicurazioni s.p.a. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Motivazione

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3) e 5), dell'art. 2054 cod. civ., per violazione dei principi in tema di prova liberatoria.
Osserva la ricorrente che è pacifico in atti che il camion condotto da G.G. viaggiasse in violazione dei limiti di velocità; ora, secondo la previsione dell'art. 2054 cod. civ., comma 1, il conducente è tenuto a risarcire il danno se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitarlo, ma nella specie tale prova liberatoria non è stata fornita dagli originari convenuti. Tale prova, secondo la ricorrente, si sarebbe dovuta identificare nella dimostrazione che, ove il limite di velocità fosse stato rispettato, l'evento morte si sarebbe ugualmente verificato.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), in quanto la Corte d'appello avrebbe in un primo tempo affermato che non c'è la prova della rilevanza della velocità del camion nella determinazione del sinistro, per poi sostenere, in modo contraddittorio, che la condotta del G. è stata comunque irrilevante.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3) e 5), dell'art. 2054 cod. civ., comma 2, relativamente alla presunzione di pari responsabilità.
Si osserva che, in base alla giurisprudenza di questa Corte, l'accertamento in concreto della responsabilità di uno dei conducenti non comporta il superamento della presunzione di cui alla citata disposizione; pertanto, anche una grave infrazione come l'invasione di corsia non dispensa il giudice dalla necessità di stabilire se sussista un concorso di colpa dell'altro conducente.
4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), in quanto la Corte d'appello avrebbe contraddittoriamente assunto la colpa esclusiva del N. in ordine alla dinamica dell'incidente.
5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3) e 5), dell'art. 2054 cod. civ., per avere il giudice di merito posto a fondamento della propria decisione unicamente la c.t. disposta dal P.M. in sede penale, senza considerare nè che l'archiviazione non è idonea a determinare il giudicato, nè che un simile accertamento, formatosi senza il contraddittorio delle parti, deve essere oggetto di libera valutazione da parte del giudice.
6. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3) e 5), dell'art. 115 cod. proc. civ., in quanto la sentenza impugnata pone a fondamento della decisione una presunta ammissione di colpa, da parte degli originari attori, della responsabilità esclusiva del defunto N.R. nella determinazione del sinistro. Si tratterebbe, invece, di sole indicazioni generiche contenute negli scritti difensivi, che non possono assumere valore di confessione ma, semmai, di mero indizio.
7. Con il settimo motivo di ricorso si lamenta insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), in quanto la Corte d'appello avrebbe erroneamente ricostruito la dinamica dell'incidente sulla base della sola ct. disposta dal P.M. in sede penale, indagine compiuta in assenza di contraddittorio, senza provvedere a disporre una c.t.u. che era stata richiesta.
8. Con l'ottavo motivo di ricorso si lamenta insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), in quanto la Corte d'appello avrebbe ritenuto la responsabilità esclusiva del N. affermando che egli non aveva effettuato alcuna manovra di emergenza idonea ad evitare l'urto. In realtà, osserva la ricorrente, l'unico rilievo fatto sul posto e nell'immediatezza furono le fotografie scattate dai Carabinieri, che però non sono state mai depositate in atti.
L'accertamento compiuto dal c.t. nominato dal P.M. si svolse, invece, dopo alcuni mesi, quando ogni possibile traccia dell'evento era ormai andata perduta; la Corte d'appello, quindi, avrebbe attribuito una responsabilità esclusiva in assenza di prove fotografiche, dando per sicuri comportamenti che tali non erano. Così facendo, quindi, i giudici di appello avrebbero anche rovesciato le regole in tema di onere della prova.
9. Con il nono motivo di ricorso si lamenta insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), in quanto la Corte d'appello non avrebbe tenuto in adeguata considerazione il fatto che il conducente del camion, sentito dai Carabinieri, aveva dichiarato che la vettura condotta dal N. era di colore celeste, mentre la stessa era di colore grigio; il che doveva indurre a ritenere che il G. non fosse nel pieno possesso delle sue facoltà psicofisiche.
10. Con il decimo motivo di ricorso si lamenta insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), in quanto la Corte d'appello avrebbe ricostruito il sinistro in modo errato.
A questo proposito, la parte ricorrente evidenzia una serie di asserite contraddizioni: il fatto che il punto di arresto finale del camion, dopo l'incidente, era fuori della sede stradale, in uno sterrato in salita, il che conferma che il G. non aveva fatto tutto il possibile per evitare il danno (eccesso di velocità); la frenata e la sterzata compiute dal G. sarebbero avvenute non prima, ma dopo lo scontro frontale, risultando quindi tardive; la posizione finale dei veicoli, come rilevata dai Vigili del fuoco, sarebbe incompatibile con la ricostruzione operata dal giudice di appello, secondo cui l'urto si sarebbe verificato nella corsia del camion; il c.t. nominato dal P.M., non ha acquisito le foto scattate dai Carabinieri subito dopo il fatto, per cui non è dato sapere su quali dati egli abbia formulato il proprio giudizio.
11. Con l'undicesimo motivo di ricorso si lamenta insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), in quanto la Corte d'appello avrebbe senza alcuna motivazione dichiarato inammissibile la c.t. di parte dell'ing. M., per di più non consentendo lo svolgimento di una nuova c.t.u. che era stata richiesta anche in appello.
12. Con il dodicesimo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3), del R.D.L. n. 115 del 2002, art. 107, in tema di spese di giustizia.
La sentenza sarebbe errata nella parte in cui pone a carico delle parti soccombenti, anzichè dello Stato, le spese legali, tenendo presente che le appellanti erano state ammesse al patrocinio gratuito a spese dello Stato.

13. I suddetti motivi di ricorso sono tutti infondati. Per ragioni di economia processuale, gli stessi saranno esaminati a piccoli gruppi, in quanto alcuni pongono identici problemi giuridici ed altri sono, sia pure parzialmente, ripetitivi.
14. I primi quattro motivi di ricorso sono centrati su presunte violazioni dell'art. 2054 cod. civ., sia in ordine alla prova liberatoria di cui al comma 1, che in ordine alla presunzione di cui al comma 2.
E' opportuno ricordare, in proposito, che la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ribadito alcuni principi ai quali si intende dare continuità nella pronuncia odierna - che sono decisivi ai fini del rigetto dei menzionati motivi di ricorso.
La Corte ha costantemente insegnato che, in tema di responsabilità civile per i sinistri occorsi nella circolazione stradale, la presunzione di colpa prevista in ugual misura a carico di ciascuno dei conducenti dall'art. 2054 cod. civ., comma 2, ha funzione meramente sussidiaria, giacchè opera solo ove non sia possibile l'accertamento in concreto della misura delle rispettive responsabilità (v., tra le ultime, le sentenze 19 dicembre 2008, n. 29883, 5 dicembre 2011, n. 26004, e 12 giugno 2012, n. 9528). Ne consegue che l'accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l'altro dalla presunzione della concorrente responsabilità di cui all'art. 2054 cod. civ., comma 2, nonchè dall'onere di dimostrare, ai sensi del primo comma dello stesso articolo, di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (sentenze 11 maggio 1999, n. 4648, 10 marzo 2006, n. 5226, e 22 aprile 2009, n. 9550).
La ricorrente, specialmente nel terzo motivo di ricorso, si richiama alla giurisprudenza secondo cui l'accertamento della colpa di uno dei conducenti non esonera il giudice dall'obbligo di accertare anche l'eventuale colpa dell'altro, il quale resta vincolato all'onere di fornire la relativa prova liberatoria (v., tra le altre, le sentenze 15 gennaio 2003, n. 477, 16 maggio 2008, n. 12444, nonchè la già menzionata pronuncia n. 9528 del 2012). Questa giurisprudenza, però, è invocata in modo improprio, perchè si applica in situazioni nelle quali sia stata accertata solo una qualche percentuale di responsabilità a carico di uno dei due conducenti e rimane, ovviamente, da verificare la posizione dell'altro o degli altri.
Nel caso specifico, invece, il giudice di merito, con motivazione accurata e priva di contraddizioni, è pervenuto all'affermazione della responsabilità esclusiva del defunto N.R. nella determinazione del sinistro, specificando che il modesto eccesso di velocità tenuto dal conducente del veicolo antagonista doveva ritenersi del tutto ininfluente ai fini della dinamica dell'incidente; il che assorbe e risolve ogni questione sul punto.
Da tanto discende l'infondatezza del primo e terzo motivo di ricorso; il secondo ed il quarto, che pongono censure di vizio di motivazione ai limiti dell'assoluta genericità, vengono ad essere ugualmente infondati, perchè il giudice di merito ha compiuto un accertamento esclusivo di responsabilità valutando le condotte di guida di entrambi i conducenti coinvolti, senza che sussistano le lamentate contraddizioni.
15. Vanno trattati unitamente, a questo punto, i motivi quinto e settimo, nei quali la ricorrente si duole, in sostanza, del fatto che la Corte d'appello abbia posto a fondamento della propria decisione un materiale probatorio raccolto in sede di indagine penale.
A questo proposito è necessario ribadire che, per costante giurisprudenza di questa Corte, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l'accertamento e la graduazione della colpa, l'esistenza o l'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (sentenze 5 aprile 2003, n. 5375, 23 febbraio 2006, n. 4009, e 25 gennaio 2012, n. 1028). Ciò comporta che il giudice di merito sia pienamente padrone di individuare le fonti di prova dalla quali trae il proprio convincimento, purchè ne dia congrua e motivata ragione.
Nel caso specifico, nulla impediva alla Corte d'appello di utilizzare il materiale raccolto dal consulente del P.M. in sede di indagini penali, ivi compresi i rilievi e le fotografie compiuti dai Carabinieri nell'immediatezza del fatto. D'altra parte, l'impugnata pronuncia da conto del fatto che gli originari attori nel giudizio di primo grado avevano prodotto, in quella sede, una c.t. di parte nella quale venivano criticate tutte le affermazioni contenute nella, consulenza tecnica penale.
16. Viene in esame, a questo punto, il sesto motivo di ricorso. Esso è infondato, in quanto la presunta ammissione di colpa da parte degli originari attori non costituisce il fondamento della pronuncia impugnata in questa sede.
La Corte d'appello, infatti, ha rilevato (p. 8 della sentenza impugnata) che i familiari del defunto N. avevano in qualche misura ammesso il concorso di responsabilità del proprio congiunto, non la responsabilità esclusiva; all'esito della completa ricostruzione della dinamica dell'incidente, invece, il giudice di merito è pervenuto alla conclusione della colpa esclusiva del N., sicchè l'eventuale ammissione di responsabilità è stata valutata solo come elemento di supporto, certamente non decisivo, ai fini dell'esito del giudizio.
17. L'ottavo, il nono e il decimo motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente, e sono tutti privi di fondamento.
Il nono motivo, innanzitutto, è smentito dall'accertamento in fatto compiuto dalla sentenza impugnata, non sindacabile in questa sede, secondo cui risultava dal verbale dei Carabinieri in data 3 agosto 1999 che la vettura del N. era effettivamente di colore celeste e non grigio, per cui l'affermazione del conducente del camion aveva trovato piena conferma.
Quanto ai motivi ottavo e decimo - nei quali si lamentano vizi di motivazione relativi alla ricostruzione della dinamica del sinistro - gli stessi sono evidentemente infondati, in quanto tendono a sollecitare questa Corte ad una nuova e non consentita valutazione delle prove raccolte.
18- Le censure contenute nell'undicesimo motivo sono da ritenere infondate, sulla base di quanto si è già detto in riferimento ai motivi quinto e settimo.
Deve aggiungersi che non assume alcun rilievo, ai fini della decisione, il fatto che sia stato impedito ai congiunti del N. di depositare l'ulteriore ct. di parte a firma dell'ing. M.
Anche volendo prescindere dal fatto che tale censura viene posta, erroneamente, come vizio di motivazione, rimane che gli originari attori avevano già prodotto una consulenza di parte nel giudizio di primo grado, sicchè la motivazione della sentenza impugnata non offre il fianco a critiche di sorta.
19. Quanto, infine, al dodicesimo motivo di ricorso, relativo al carico delle spese legali in relazione alla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, esso è pure infondato.
Questa Corte, infatti, con la recente ordinanza 19 giugno 2012, n. 10053, alla quale va data continuità con l'odierna pronuncia, ha affermato che il patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 74, comma 2, non vale ad addossare allo Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare all'altra parte risultata vittoriosa, perchè "gli onorari e le spese" di cui all'art. 131 del citato D.P.R., sono solo quelli dovuti al difensore della parte assistita dal beneficio, che lo Stato si impegna ad anticipare, senza che si possa considerare estesa tale assistenza fino a ricomprendere anche le spese conseguenti alla soccombenza.
20. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 5 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2012


 

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