LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto - Presidente -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. SPIRITO Angelo - rel. Consigliere -
Dott. D'ALESSANDRO Paolo - Consigliere -
Dott. LANZILLO Raffaella - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 21031/2010 proposto da:
K.C.M., K.O., A.J., K. S., K.J., KW.OL.
- ricorrenti -
contro
UNIPOL SPA ORA UGF ASSICURAZIONI SPA , P.R.;
- intimati -
Nonchè da:
UNIPOL SPA ora UGF ASSICURAZIONI SPA
- ricorrente incidentale -
e contro
P.R., K.C.M., K. J., K.O., K.S., A.J.,KW.OL. ;
- intimati -
avverso la sentenza n. 61/2010 della Corte D'Appello di Venezia, depositata il 12/01/2010; R.G.N. 2519/2004.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/03/2012 dal Consigliere Dott. Angelo Spirito;
udito l'Avvocato P. F. per delega;
udito l'Avvocato F. Z.;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Golia Aurelio, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Svolgimento del processo

Con la sentenza ora impugnata per cassazione la Corte d'appello di Venezia, riformando la prima sentenza, ha condannato in solido la Unipol Ass.ni ed il P. a risarcire il danno subito dai congiunti di K.S., gravemente infortunatosi in un incidente stradale.
In particolare, la sentenza: ha escluso che per la condanna risarcitoria sia necessaria la prova della condizione di reciprocità di cui all'art. 16 preleggi; ha riconosciuto il danno morale in favore dei genitori ed i fratelli della vittima; non ha riconosciuto nè il danno patrimoniale, nè il danno biologico in favore dei medesimi; ha stabilito che il massimale assicurativo vada attribuito in favore di ciascuno dei congiunti della vittima che abbia agito iure proprio contro il responsabile.
Questi ultimi propongono ricorso per cassazione a mezzo di tre motivi. Risponde la compagnia con controricorso e ricorso incidentale svolto in due motivi.

Motivazione

Con il primo motivo del ricorso principale i ricorrenti chiedono che si affermi che "i congiunti tenuti ad una continua assistenza a persona con la massima invalidità, hanno titolo a vedersi riconosciuto il danno esistenziale indipendentemente da quello morale (e da quello biologico)".
Il motivo è infondato, in quanto la sentenza impugnata ha ricondotto il danno lamentato (c.d. parentale) nella più vasta categoria del danno non patrimoniale, procedendo alla complessiva liquidazione risarcitoria, così come prescritto dalla più recente giurisprudenza di legittimità ed in particolare da Cass. S.U. n. 26972/08.
Il secondo motivo è infondato, siccome la sentenza ha fatto corretta applicazione, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, della regola dettata dall'art. 1226 c.c., tenendo conto dell'età della vittima, della natura altamente invalidante delle lesioni, dell'intensità del trauma subito e del protrarsi del patema d'animo dei prossimi congiunti. Occorre anche aggiungere che il riferimento fatto dai ricorrenti all'art. 114 c.p.c., è errato, posto che il potere di emettere la decisione secondo equità, che a norma dell'art. 114 cod. proc. civ., attiene alla decisione nel merito della controversia e presuppone sempre una concorde richiesta delle parti, si distingue dal potere di liquidare in via equitativa il danno, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., che consiste nella possibilità del giudice di ricorrere, anche d'ufficio, a criteri equitativi per supplire all'impossibilità della prova del danno risarcibile nel suo preciso ammontare. Per pervenire alla valutazione con il criterio equitativo ex art. 1226 cod. civ., è sufficiente che il giudice dia l'indicazione di congrue, anche se sommarie, ragioni del processo logico in base al quale lo ha adottato, restando così incensurabile, in sede di legittimità, l'esercizio di questo potere discrezionale (tra le varie, cfr. Cass. n. 17492/07).
Il terzo motivo è infondato in quanto il giudice ha correttamente compreso il calcolo di interessi e rivalutazione nella formula "somma già attualizzata".
Il primo motivo del ricorso incidentale della compagnia è infondato, siccome è ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui in caso di lesioni conseguenti a infortunio stradale, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, rientrando tra i diritti fondamentali della persona, in quanto riguardante il diritto alla salute, spetta a tutte le persone, indipendente dalla cittadinanza (italiana, comunitaria ed extracomunitaria) e, quando il fatto illecito integri gli estremi di un reato, spetta alla vittima nella sua più ampia accezione, comprensiva del danno morale, inteso come sofferenza soggettiva causata da reato, del quale il giudice dovrà tener conto nella personalizzazione del danno biologico, non essendo consentita una liquidazione autonoma (tra le ultime, cfr. Cass. n. 4484/10).
Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato, siccome la sentenza impugnata s'è adeguata al principio secondo cui in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da circolazione di veicoli e di natanti, relativamente a fatto antecedente al 1 maggio 1993, per persona danneggiata, ai sensi della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21, deve intendersi non solo la vittima diretta dell'incidente, ma anche i prossimi congiunti o gli aventi causa della stessa, cosi che i conseguenti danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell'ambito del massimale previsto per ogni singola persona, ma il limite del risarcimento è, distintamente per ciascun danno, quello previsto per ciascuna persona danneggiata, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro (c.d. massimale catastrofale). A riguardo, cfr. Cass. S.U. n. 15376/09 e la successiva giurisprudenza ad essa uniformatasi, tra le più recenti delle quali Cass. n. 23097/10.
In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere respinti, con conseguente intera compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, provvedendo sui ricorsi riuniti, li rigetta e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2012


 

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