LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente -
Dott. BURSESE Gaetano Antonio - rel. Consigliere -
Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere -
Dott. BERTUZZI Mario - Consigliere -
Dott. FALASCHI Milena - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 25061/2010 proposto da:
Condominio _____;
- ricorrente -
contro
D.G.;
- controricorrente -
avverso la sentenza n.1513/2010 della Corte d'Appello di Milano, depositata il 19/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/04/2013 dal Consigliere Dott. Gaetano Antonio Bursese;
udito l'Avvocato Pottino Guido Maria difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avv. Gambardella Carla difensore della controricorrente che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Sgroi Carmelo, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo e l'assorbimento del Secondo motivo del ricorso.

Svolgimento del processo

P.E., con atto di citazione notificato in data 16.7.04, proponeva opposizione al D. ing. n. 20473 del 2004, con il quale le era stato ingiunto il pagamento di oneri condominiali in favore del ricorrente Condominio ______, sulla base delle delibere assembleali del 9.12.03 3 del 14.1.04
Chiedeva l'opponente la revoca del provvedimento monitorio deducendo che le spese in questione erano state calcolate sulla base di tabelle millesimali non corrette, per cui chiedeva che il giudice adito determinasse nella misura di legge le spese effettivamente dovute, dichiarando inesistenti, inefficaci ed in opponibili le delibere assembleali ed i conseguenti piani di riparto riguardanti le spese condominiali in questione. Nella resistenza dell'opposto Condominio, l'adito Tribunale di Milano con sentenza n. 1312/06 respingeva l'opposizione della P. e rigettava altresì le domande dalla medesima proposte, compensando le spese di giudizio.
D.G., quale erede universale della P., appellava la sentenza, rilevando che la ripartizione delle spese era stata effettuata a seguito d'illegittima alterazione delle tabelle millesimali, per cui la causa doveva considerarsi alla stregua di un'impugnativa di delibere di riparto di spese proposta tardivamente e doveva apprezzarsi pertanto come intesa alla declaratoria di nullità della delibera modificativa - per carenza assoluta del potere dell'assemblea - delle tabelle millesimali precedenti senza l'esperimento dell'apposita procedura di revisione.
Si costituiva l'appellato condominio chiedendo il rigetto dell'impugnazione.
L'adita Corte d'Appello di Milano, con sentenza n. 1513/10 depositata il 19 maggio 2010, in parziale riforma dell'impugnata pronuncia, dichiarava la nullità della delibera condominiale del 13.3.2003, nella parte in cui si modificavano le quote millesimali già attribuite all'unità immobiliare dell'appellante e risultanti dalle tabelle allegate al regolamento condominiale. Secondo il giudice distrettuale doveva ritenersi nulla la menzionata delibera 13.3.2003 nella parte in cui modificava i criteri legali/convenzionali relativi alla ripartizione delle spese, con voto reso dall'assemblea a maggioranza, così esulando dalle proprie attribuzioni.
Per la cassazione della sentenza ricorre il Condominio sulla base di 2 censure. L'intimata resiste con controricorso. La causa era stata rinviata a n.r. per l'acquisizione della delibera del condominio autorizzativa dell'amministratore a stare in giudizio.

Motivazione

1 - Con il 1° motivo: viene denunziata la violazione dell'art. 1135 c.c., n. 2; art. 1138 c.c., comma 2, e art. 1138 c.c.. Deduce il condominio ricorrente che il giudice distrettuale ha statuito in ordine alla nullità radicale della delibera dell'assemblea condominale del 13.3.03 che ha modificato la tabelle millesimali con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c., comma 2, in quanto la stessa era stata assunta, non con il voto unanime di tutti i condomini, ma con la maggioranza se pur qualificata di cui all'art. 1136 c.c., comma 2; tutto ciò peraltro in conformità con il precedente consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte (Cass. 7359/96), che era stato però radicalmente innovato con la nota pronuncia delle S.U. n. 18477 del 9.8.2010 in forza della quale la modifica delle tabelle millesimali può essere fatta non più all'unanimità, ma con la maggioranza di cui all'art. 1138 c.c.
Conseguentemente la decisione impugnata si pone in netto contrasto con il nuovo indirizzo della S.C. e quindi dev'essere annullata.
La doglianza è fondata.
Invero, secondo il nuovo indirizzo giurisprudenziale delle Sez. U (Cass. Sentenza n. 18477 del 09/08/2010) l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, per cui esso non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 c.c., comma 2. Al riguardo, le S.U., dopo un'ampia e dettagliata rassegna critica della precedente, non univoca e variegata giurisprudenza di questa S.C. in tema di approvazione e modifica delle tabelle millesimali, ha posto finalmente un punto fermo alla controversa questione, in relazione ai criteri richiesti per l'approvazione o la modifica delle tabelle millesimali. Le S.U., in specie, si sono così espresse: "Una volta chiarito che a favore della tesi della natura negoziale dell'atto di approvazione delle tabelle millesimali non viene addotto alcun argomento convincente, se si tiene presente che tali tabelle, in base all'art. 68 disp. att. c.c., sono allegate al regolamento di condominio, il quale, in base all'art. 1138 c.c., viene approvato dall'assemblea a maggioranza, e che esse non accertano il diritto dei singoli condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva, ma soltanto il valore di tali unità rispetto all'intero edificio, ai soli fini della gestione del condominio, dovrebbe essere logico concludere che tali tabelle vanno approvate con la stessa maggioranza richiesta per il regolamento di condominio. In senso contrario non sembra si possa sostenere (sent. 6 marzo 1967, cit.) che la allegazione delle tabelle al regolamento è puramente formale, ma non significa anche identità di disciplina in ordine alla approvazione".
In linea di principio, infatti, un atto allegato ad un altro, con il quale viene contestualmente formato, deve ritenersi sottoposto alla stessa disciplina, a meno che il contrario risulti espressamente. Va, infine, rilevato che la approvazione a maggioranza delle tabelle millesimali non comporta inconvenienti di rilievo nei confronti dei condomini, in quanto nel caso di errori nella valutazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, coloro i quali si sentono danneggiati possono chiedere, senza limiti di tempo, la revisione ex art. 69 disp. att. c.c.. Conclude quindi la Suprema Corte: "Alla luce di quanto esposto deve, quindi, affermarsi che le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1139 c.c., comma 2, con conseguente fondatezza del primo motivo ricorso principale ed assorbimento degli altri motivi dello stesso ricorso".
Occorre aggiungere che il legislatore (con la recente L. 11 dicembre 2012, n. 220 (in vigore dal 18 giugno 2013) ha sostanzialmente recepito quanto l'insegnamento di cui alla sentenza delle S.U. n. 18477/10 modificando e profondamente innovando (art. 23, comma 1) l'art. 69 disp. att. c.c.
Tale norma, prevede appunto in linea generale, che i valori espressi nelle tabelle millesimali "possono essere rettificati e modificati all'unanimità"; tuttavia a questa regola generale (inesistente nel testo previgente) prevede però che tali tabelle possono essere modificate anche nell'interesse di un solo condomino e con un numero di voti che rappresenti la maggioranza prevista dall'art. 1136 c.c., comma 2, (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio).
In definitiva la Corte milanese ha deciso la sentenza in evidente contrasto con il nuovo indirizzo espresso dalle S.U. con la citata decisione, ciò che configura il denunciato vizio di cui alla censura in esame che dunque appare fondata.
L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento del secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c., in relazione a nuovi documenti prodotti in appello).
Conclusivamente va accolto il primo motivo del ricorso; assorbito il secondo motivo; pertanto dev'essere cassata la sentenza impugnata in ragione del motivo accolto e la causa rinviata, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano.

PQM

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso; assorbito il secondo motivo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 8 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2013


 

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