REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Domenico Chindemi - Presidente -
Dott. Ettore Cirillo- Consigliere -
Dott. Marina Meloni - Consigliere -
Dott. Lucio Napolitano - rel. Consigliere -
Dott. Luca Solaini - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6730/2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
- ricorrente -
contro
UNICREDIT GLOBAL INFORMATION SERVICES SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA SCROFA 57, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE PIZZONIA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANCARLO ZOPPINI, GIUSEPPE RUSSO CORVACE giusta delega a margine;
UNICREDIT PRIVATE BANKING SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA SCROFA 57, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE PIZZONIA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANCARLO ZOPPINI, GIUSEPPE RUSSO CORVACE giusta delega a margine;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 30/2009 della COMM. TRIB. REG. di MILANO, depositata l'11/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/02/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;
udito per il controricorrente l'Avvocato CAUMONT CAIMI per delega dell'Avvocato ZOPPINI che si riporta agli atti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

L'Agenzia delle Entrate - Ufficio di -___ - notificò ad Unicredit Xelion Banca S.p.A. (ora Unicredit Private Banking S.p.A.) e ad Unicredit Servizi Informativi S.p.A. (ora Unicredit Global Information Services S.p.A. a seguito di variazione della ragione sociale) avviso di rettifica di valore, con riferimento all'atto per notar Pietro Sormani intercorso tra le due società registrato l'8 aprile 2003 di cessione di ramo d'azienda, e di liquidazione della maggiore imposta di registro ritenuta dovuta.
Entrambe le parti del contratto impugnarono il provvedimento dinanzi alla CTP di Milano, eccependo preliminarmente l'intervenuta decadenza dell'Ufficio dalla pretesa impositiva, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 1 bis.
Il giudice tributario adito accolse il ricorso e l'appello proposto dall'Ufficio avverso la sentenza di primo grado fu dichiarato, d'ufficio, inammissibile dalla CTR della Lombardia con sentenza n. 30/28/09, depositata il 7 novembre 2008, sulla base della rilevata mancanza di attestazione di conformità, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, trattandosi di ricorso in appello notificato a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento.

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione l'Agenzia delle Entrate in forza di due motivi.
Le società intimate resistono con controricorso.

Motivazione

1. Con il primo motivo l'Agenzia delle Entrate denuncia "nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., con riferimento al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4", rilevando che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in duplice errore di diritto, violando le norme processuali di cui in epigrafe allorchè ha dichiarato d'ufficio l'inammissibilità del ricorso, senza che la difformità dell'atto depositato rispetto a quello notificato fosse mai stata eccepita dalle controparti, con ciò violando la ratio stessa del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3, volta a sanzionare l'effettiva difformità e non già la mancanza in sè di attestazione da parte dell'appellante della conformità dell'atto d'impugnazione notificato rispetto a quello depositato presso la segreteria della Commissione tributaria regionale.

2. Con il secondo motivo, in via subordinata, l'Amministrazione ricorrente deduce, in via subordinata, "violazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, con riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 3", riproponendo questa volta in relazione al parametro dell'art. 360 c.p.c., n. 3, considerazioni analoghe a quelle già esposte nel primo motivo quanto all'eccepita violazione del disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22.

3. Il primo motivo è fondato e va accolto, dovendosi in primo luogo disattendere l'eccezione d'inammissibilità del motivo per inidoneità del conclusivo quesito di diritto, che le società controricorrenti rilevano essere duplice, ciò demandando, secondo le controricorrenti medesime, alla Corte una preliminare valutazione circa l'effettivo ambito di riferimento della censura formulata, incompatibile con la ratio propria dell'art. 366 bis c.p.c., ancora applicabile, ratione temporis, nella controversia in esame riguardante ricorso per cassazione notificato il 4 marzo 2010 avverso sentenza della CTR della Lombardia depositata l'11 febbraio 2009.

3.1. Tale argomentazione non può, infatti, essere condivisa.

Occorre in primo luogo dare atto che la prevalente giurisprudenza di questa Corte, cui il collegio intende assicurare continuità (cfr. Cass. civ. sez. unite 31 marzo 2009, n. 7770; Cass. civ. sez. 111 20 maggio 2013, n. 12248), ritiene ammissibile un quesito multiplo ove nell'unico motivo formalmente proposte risultino cumulativamente formulate distinte censure per violazione di diverse norme di diritto.

3.2. In realtà, peraltro, nella fattispecie in esame, le censure formulate dall'Amministrazione ricorrente si pongono in termini di assoluta contiguità, di modo che il rilievo afferente alla dedotta violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c., si pone come diretta conseguenza dell'errore denunciato circa l'applicazione della norma processuale di cui del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, la cui ratio non è quella di sanzionare con l'inammissibilità la mancata attestazione di conformità, ma quella di far seguire la relativa sanzione all'effettiva difformità tra ricorso notificato e quello depositato presso la Commissione tributaria adita.
Ciò risponde, del resto, a principio di diritto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (oltre a Cass. civ. sez. 5, 20 marzo 2008, n. 6780, citata nel ricorso dell'Amministrazione, si vedano anche Cass. civ. sez. 5, 8 luglio 2005, n. 14430; Cass. civ. sez. 5, 22 febbraio 2005, n. 3562; Cass. civ. sez. 5, 27 agosto 2004, n. 17180), al quale il collegio intende dare ulteriore continuità.
La sentenza impugnata, che si è posta in contrasto con detto principio, va dunque cassata con rinvio a diversa sezione della CTR della Lombardia.

3.3. Quest'ultima si uniformerà quindi al principio di diritto secondo cui "in tema di contenzioso tributario, è causa d'inammissibilità dell'appello notificato per posta non la mancanza di attestazione da parte dell'appellante della conformità dell'atto d'impugnazione notificato rispetto a quello depositato presso la segreteria della Commissione tributaria regionale, ma la sua effettiva difformità" di modo che, per quanto rileva nella presente controversia, "si presume la conformità quando le parti appellate si siano costituite senza sollevare alcuna eccezione al riguardo" e deciderà le ulteriori questioni di merito devolute nel ricorso in appello e non esaminate dalla pronuncia in questa sede cassata.

L'accoglimento del ricorso in relazione al primo motivo determina l'assorbimento del secondo formulato dalla ricorrente Amministrazione in via subordinata.

4. Resta infine demandata al giudice di rinvio anche la disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, a diversa sezione della CTR della Lombardia.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 febbraio 2016.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2016.


 

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