REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi - Presidente -
Dott. BURSESE Gaetano Antonio - rel. Consigliere -
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni - Consigliere -
Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere -
Dott. ABETE Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 8836-2010 proposto da:
F.A. e Fo.An. eredi della sig.ra G.P. elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FONTANELLA BORGHESE 72, presso lo studio dell'avvocato VOLTAGGIO PAOLO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati CERVESATO ANDREA, FRANCA TONELLO;
- ricorrente -
contro
PROVINCIA VENETA DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TRITONE 102, presso lo studio dell'avvocato DALLA VALLE PAOLA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GERMANO BELLUSSI;
- controricorrente -
e contro
C.A.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 188/2009 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 06/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2015 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;
udito l'Avvocato PAOLO VOLTAGGIO, difensore dei ricorrenti, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1 - Con atto notificato il 5.4.94 G.P. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Venezia, C.A. e la Provincia Veneta dei Frati Minori e, premesso di possedere in modo pacifico esclusivo ed ultraventennale l'appartamento ed altri vani siti nel fabbricato di via ____; di essere a conoscenza che tali beni erano stati formalmente devoluti per testamento dal proprio fratello intestatario catastale degli stessi, quanto all'usufrutto, alla di lui moglie C.A. e quanto alla nuda proprietà alla Provincia Veneta dei Frati Minori Cappuccini; chiedeva pertanto, ricorrendo le condizioni di cui all'art. 1158 c.c. e segg, che fosse accertata e dichiarata in suo favore l'intervenuta usucapione della proprietà dell'immobile in questione, con la conseguente formale intestazione a suo nome presso i pubblici registri immobiliari.

Radicatosi il contraddittorio, si costituiva la sola Provincia del Frati Minori chiedendo il rigetto della domanda, mentre rimaneva contumace C.A.
Previa istruzione della causa mediante l'assunzione dei testi, l'adito Tribunale di Venezia, con sentenza n. 786/2002 rigettava la domanda attrice, condannando gli eredi della G., i sig.ri F. - che si erano costituiti in sua vece, dopo la sua morte -, al pagamento delle spese di lite. Secondo il tribunale l'attrice non aveva provato di possedere uti domina l'unità immobiliare in questione, nella quale aveva coabitato per lunghi anni insieme al fratello ed alla di lui moglie, di cui in sostanza era ospite.

2- Proponevano appello, avverso tale sentenza i sig.ri A., An. e F.P. eredi della G., chiedendone la riforma, con accoglimento della loro domanda di usucapione. Si costituiva la Provincia dei Frati Minori appellata e rimaneva contumace la C.; l'adita Corte d'Appello di Venezia con sentenza n. 188/09 depositata in data 6.2.2009, rigettava l'appello e li condannava al pagamento delle spese del grado. Secondo la Corte veneziana, l'istruttoria espletata escludeva l'esistenza dei presupposti dell'usucapione in quanto la G. aveva semplicemente abitato nell'appartamento di proprietà esclusiva del fratello, dapprima insieme alla madre e poi da sola, ma senza averne mai avuto il possesso esclusivo, idoneo ai fini dell'invocata usucapione.

3- Per la cassazione di tale sentenza ricorrono i F. sulla base di 2 mezzi; la Provincia Veneta dei Frati Minori Cappuccini resiste con controricorso; la C. è rimasta intimata. Sono state depositate memorie illustrative.

Motivazione

1- Con il 1 motivo viene denunciato vizio di motivazione sul possesso ad usucapionem, "sull'animus possidendi uti dominus di G.P., con travisamento dei fatti e delle risultanze univoche istruttorie e delle prove testimoniali raccolte".
Viene indicato il seguente fatto controverso "E' controversa la situazione di possesso ad usucapionem continuo, esclusivo, e ultraventennale da parte di G.P. dell'appartamento al piano del fabbricato di via ____, costituito da n. 7 vani + servizi.... ; situazione che, diversamente controparte e la Corte d'appello hanno delineato come mera detenzione a titolo di ospitalità e tolleranza per il rapporto di parentela tra la G.P. ed il fratello F. formale intestatario dell'appartamento".

2- Con il 2 motivo viene denunciata la violazione ed erronea applicazione degli art. 1141 c.c., comma 1 e art. 1144 c.c.; dell'art. 1158 c.c.; nonchè "illogicità ed insufficienza della motivazione sul punto decisivo della controversia del possesso ad usucapionem e dell'animus possidendi uti dominus di G.P.; erronea valutazione dei fatti e delle prove". Il quesito di diritto a corredo è il seguente:
a)"...se in presenza di un potere di fatto sulla cosa che si manifesta in attività corrispondenti all'esercizio della proprietà..., mediante l'utilizzo di un appartamento ultraventennale, pacifico ed ininterrotto per abitarvi stabilmente con esclusione di soggetti terzi,provvedendo alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonchè in assenza di elementi probatori che indichino un'originaria detenzione del bene, il possesso ad usucapionem debba essere validamente presunto ai sensi dell'art. 1141 c.c., comma 1".
b)"... se, conseguentemente la sentenza gravata abbia volato il medesimo art. 1141 c.c., laddove ha ritenuto di escludere, pur in presenza di siffatte circostanze, l'applicazione della presunzione di possesso valido ad usucapionem..." c) "... se, ancora, la tolleranza da parte del proprietario all'altrui apprensione del proprio bene di cui all'art. 1444 c.c. implica usualmente una durata transitoria ed una modesta portata dell'attività svolta dal terzo ed una conseguente modesta compressione dei diritti del proprietario e se, pertanto, l'utilizzo di un appartamento per un periodo ultraventennale pacifica ed ininterrotto ai fini di stabile abitazione con esclusione di soggetti terzi, provvedendo alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, non possa essere ritenuto avvenuto per mera tolleranza del proprietario".
d) ".... se inoltre gli atti di tolleranza di cui all'art. 1141 c.c., in presenza dell'utilizzo di un appartamento per...., provvedendo alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, ancorchè tra le parti sussista un rapporto di parentela ( fratelli), non possano essere presunti e se, viceversa, l'art. 1144 c.c., impone un'indagine volta ad accertare la sussistenza in concreto di atti di tolleranza".
e) se, conseguentemente, la sentenza gravata abbia erroneamente applicato l'art. 1144 c.c. escludendo il possesso ad usucapionem pur in assenza di prova di atti tolleranza da parte del titolare".

3- Le doglianze di cui sopra - congiuntamente esaminate in quanto connesse non hanno pregio.

Invero i dedotti vizio motivazionali e le pretese violazioni di legge si traducono in apprezzamenti di fatto, come tali riservati al giudice di merito, inammissibili in sede di legittimità stante la motivazione congrua, coerente e immune da vizi logici e giuridici.

Giova ricordare, a questo riguardo, che secondo questa S.C. il difetto di motivazione, nel senso di sua insufficienza, legittimante la prospettazione con il ricorso per cassazione del motivo previsto dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), è configurabile soltanto quando dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l'obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poichè, in quest'ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione". (Cass. n. 2272 del 02/02/2007; Cass. n. 3436 del 16/02/2006; Cass. 3, n. 3186 del 14/02/2006).

Invero, il giudice distrettuale ha puntualmente esaminato tutte le questioni giuridiche ricordate dalla ricorrente, arrivando alla conclusione che nessuna prova era stata fornita dall'attrice circa un suo possesso uti domina, necessario ai fini dell'invocata usucapione."... nella fattispecie, la G. non ha dimostrato di avere posseduto l'immobile, bensì solo di averlo utilizzato, insieme alla madre prima e poi da sola, ma condividerne molti locali con fratello proprietario". Manca la prova secondo la corte di un suo uso esclusivo dell'immobile, che anzi, è provato il contrario, rilevando che il fratello proprietario dell'immobile non aveva mai rinunciato all'esercizio dei suoi poteri domenicali, fino a disporre di tali immobili con il testamento. Peraltro va sottolineato che il vincolo di stretta parentela che intercorrerebbe tra i soggetti interessati, consente di configurare la sussistenza della dedotta tolleranza, anche in mancanza delle ordinarie caratteristiche delle breve durata e della limitata incidenza del godimento assentito, proprie degli atti di tolleranza.

Invero, così si espressa questa S.C.: "In tema di acquisto del possesso ad "usucapionem", al fine di valutare se un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale sia compiuta con l'altrui tolleranza, e sia quindi inidonea all'acquisto del possesso, la lunga durata di tale attività può integrare un elemento presuntivo in favore dell'esclusione di una semplice tolleranza qualora si verta in rapporti di mera amicizia o di buon vicinato e non di parentela, tenuto conto che in relazione ai primi, di per sè labile e mutevoli, è più improbabile il mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4327 del 20/02/2008).

5- Conclusivamente il ricorso dev'essere rigettato; le spese di questo giudizio, seguono la soccombenza e sono poste a carico dei ricorrenti.

PQM

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00, per esborsi; Così deciso in Roma, il 4 giugno 2015.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2015


 

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