REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI CATANIA
SEZIONE LAVORO
Composta dai Magistrati:
Dott.ssa Elvira Maltese Presidente
Dott.ssa Marcella Celesti Consigliere rel.
Dott.ssa Valeria Di Stefano Consigliere
Ha emesso la seguente
SENTENZA
Nella causa iscritta al n. 1084/2020 R.G. promossa da
DA
INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, (c.f. 80078750587, P. Iva 02121151001), anche quale mandatario della società di cartolarizzazione dei crediti Inps SCCI Spa in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso, per procura generale alle liti, dall’Avv. Riccardo Vagliasindi
Appellante
CONTRO
L. T. A. rappresentato e difeso dall’Avv. Gennaro Esposito
Appellato
OGGETTO: appello - contributi- iscrizione alla gestione separata Anno 2011
CONCLUSIONI DELLE PARTI: come in atti precisate.

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 4283/2020 depositata il 23.11.2020, il Tribunale di Catania giudice del lavoro, in accoglimento dell’opposizione proposta da L. T. A. avverso l’avviso di addebito n. 59320180011548941, dichiarava prescritti i contributi e relativi accessori da versare alla gestione separata in relazione all’attività libero-professionale espletata nell’anno di imposta 2011.
Impugnava tale pronuncia l’Inps con atto iscritto il 2.12.2020 insistendo per la riforma della sentenza ed il rigetto dell’originario ricorso.
Resisteva al gravame l’appellato.
La causa veniva posta in decisione in data 5.7.2022 ai sensi dell’art. 83, comma 7, lettera h), del d.l. 78/20 e successive modifiche ed integrazioni, compiuti i termini assegnati alle parti per il deposito di note telematiche.

Motivazione

1. Premessi i motivi di gravame da intendersi qui integralmente richiamati e trascritti, con il primo motivo l’appellante lamenta la violazione della norma di cui all’art. 51 c.p.c. in quanto il giudice di primo grado è un giudice onorario, che svolge attività libero-professionale di avvocato e dunque è tenuto a osservare la normativa oggetto del giudizio, oltre ad essere soggetto all'obbligo di versare i contributi alla gestione separata in relazione all'attività di giudice onorario.
2. Con il secondo motivo di appello l’appellante lamenta l’erroneità della statuizione sulla prescrizione.
3. Lamenta poi l’erronea applicazione della normativa sul requisito dell’abitualità dell’esercizio dell’attività lavorativa libero-professionale e ribadisce le proprie difese in ordine alla richiesta di controparte di esonero e/o riduzione del pagamento di sanzioni civili.

4. L’appello è infondato.
5. Il primo motivo di gravame, relativo alla violazione da parte del giudice di prime cure dell’art. 51 c.p.c., non può accogliersi.
La Corte di Cassazione ha ritenuto che l’espressione '"interesse nella causa o in altra vertente sull’identica questione di diritto" di cui all’art. 51 c.p.c. contempla sia l'interesse diretto, che ricorre quando il giudice sia egli stesso parte della lite, sia l'interesse indiretto, che invece si configura quando la sentenza da emanare potrebbe avere una ripercussione giuridica o di fatto
su un rapporto sostanziale di cui il giudice è parte. La fattispecie richiede che il giudice sia portato ad adottare per una certa soluzione della lite, perchè idonea a procurargli vantaggi diretti o indiretti: tale inclinazione, di segno opposto al dovere di imparzialità, deve tuttavia radicarsi in una situazione di fatto ricollegabile a circostanze specifiche e attribuibili direttamente al
giudice ricusato. Entrambi gli interessi devono essere attuali e non meramente potenziali
(Cassazione civile sez. un., 29/04/2021, n.11295 Cassazione civile, sez. II, 28/01/2019, n. 2270).
Nel caso in esame l’INPS ha lamentato la mancata astensione in modo del tutto generico senza alcuna indicazione di concrete situazioni di incompatibilità.

6. Quanto alla prescrizione, le questioni poste con l’atto di gravame sono già state esaminate da questa Corte in numerose pronunce (cfr. per tutte sentenza del 29 ottobre 2020, proc. n. 132/2018 R.G., sentenza del 10 dicembre 2020, proc. nn. 621/2018 e 328/2019) cui s’intende dare continuità.
Al riguardo può essere qui ribadito che, per principio ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo versamento, in quanto il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è rappresentato dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito. Non rilevano pertanto, a tali fini, né la data di presentazione della dichiarazione dei redditi (che, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo), né l’atto, eventualmente successivo - avente solo efficacia interruttiva della prescrizione anche a beneficio dell’INPS-, con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato, ex art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, un maggior reddito (in termini, Cass. nn. 13463/2017, 19640/2018, 27950/2018 e numerose successive conformi). Si applica, pertanto, la regola, fissata dall'art. 18, co. 4, d. lgs. 9 luglio 1997, n. 241, secondo cui “i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi”.
Applicati i suddetti principi al caso in esame, come già evidenziato da questa Corte nei propri precedenti conformi (cfr., ex multis, sentenza del 30 maggio 2019, resa nel procedimento n. 616/2018 R.G. e numerose successive conf.), considerato che, per l’anno di imposta 2011, il versamento del saldo era stato fissato al 9.7.2012 dal D.P.C.M. 12.06.2012 per i titolari di partita IVA che, quale l’appellato, esercitavano attività per le quali erano stati approvati gli studi di settore, poiché la richiesta dell’INPS dei contributi è pervenuta in data 29.08.2017, a tale data era dunque già maturata la prescrizione quinquennale di legge (cfr. in senso conf. Cass. n. 10273/2021; Cass. n. 5198/2022, anche quanto alla natura regolamentare, e dunque di fonte normativa, Sentenza n. 364/2022 pubbl. il 21/04/2022 RG n. 247/2021 dei DPCM qualora - come nella specie: cfr. art. 12, comma 5, d.lgs. n. 241/1997 - gli stessi hanno funzione attuativa o integrativa della legge).

7. Per ciò che concerne la sospensione del termine di prescrizione ex art. 2941 n. 8 c.c. in relazione alla mancata compilazione da parte del professionista del quadro RR della dichiarazione dei redditi, si richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “tra il momento di esigibilità del credito ed il successivo momento in cui intervenga la dichiarazione dei redditi o comunque l’accertamento tributario, munito di valenza anche previdenziale, quella che si determina è una difficoltà di mero fatto rispetto all’accertamento dei diritti contributivi" (cfr. Cass. 27950/2018 cit.); vale, dunque, la consolidata regola secondo cui «l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c. c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto, né il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento»(Cass. sentenza n. 18950/2020, conf. Cass. 26 maggio 2015, n. 10828; Cass. 6 ottobre 2014, n. 21026). Potendo, dunque, l’ente previdenziale esercitare poteri di controllo sin dal momento in cui scade l’obbligazione senza attendere la presentazione della dichiarazione dei redditi, non assume rilievo neppure la mancata compilazione del quadro RR. Il credito dell’istituto previdenziale è facilmente evincibile dalla documentazione di provenienza dal soggetto obbligato (nella specie, dalla compilazione del quadro CM) - inviata a ente (Agenzia delle Entrate) competente in materia di accertamento e liquidazione dei contributi previdenziali, sicché deve escludersi che la mancata compilazione del quadro RR equivalga a un doloso e preordinato occultamento dell’attività lavorativa e del reddito percepito; né, per come detto, essa configura un impedimento assoluto, non scongiurabile con i normali controlli che l’Istituto può sempre attivare e sollecitare (v. anche in arg. Cass. 5413/2020; 14410/2019; 27950/2018, nonché, più di recente, anche Cass. nn. 4946/2022 e 5198/2022 con le quali è stato escluso “che possa stabilirsi un automatismo, come sembra assumere l’Istituto, tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione del redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo”).

8. La sentenza di primo grado va di conseguenza confermata, assorbita ogni altra questione.
9. Tenuto conto del contrasto giurisprudenziale di merito in ordine alle questioni trattate prima dell’intervento della Corte regolatrice, soccorrono idonei motivi per compensare anche le spese processuali del presente grado di giudizio. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte,
definitivamente pronunciando,
rigetta l’appello e compensa tra le parti le spese processuali del presente grado.
Ai sensi del DPR n. 115/02, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso nella camera di consiglio del 5.7.2022
Il Consigliere estensore Il Presidente
Dott.ssa Marcella Celesti Dott.ssa Elvira Maltese


 

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