REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Taranto terza sezione civile in composizione monocratica in persona del giudice dott.ssa Enrica Di Tursi ba pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n.283 1-1998 R.G.
TRA
(Omissis), rappresentato e difeso dall'Avv. T.N., come da mandato a margine della comparsa di costituzione e dagli Avv. Giulio Picaro e Giuseppe Mappa
ATTORE
e (Omissis) (eredi del defunto *****) rappresentati e difesi congiuntamente e disgiuntamente dall'avv. Giulio Picaro e Giuseppe Mappa;
ATTORI
E
COMUNE DI P., in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore - rappresentato e difeso dall'avv.A. P.;
CONVENUTO
V.S. - rappresentato e difeso dall' Avv. P. Q.;
TERZO CHIAMATO
IMPRESA D.F.
TERZO CHIAMATO
All'udienza del 20-04-15 la causa era riservata per la decisione sulle conclusioni prese dai procuratori delle parti come da verbale di udienza.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione dei 15-12-1998 L.S.,L.C. e L.N., in proprio e nella qualita' di eredi legittimi del defunto genitore L. R. convenivano in giudizio il Comune di P. per quanto di seguito esposto:
premesso che essi erano proprietari, pro -indiviso, del suolo sito in P. ,alla zona Macello, ricadente in zona B2 del PdF(attuale B3 dell'adottato PRG), individuato in catasto alla partita 4954,fg. 20,particella 61-A,esteso mq.4.190, loro pervenuto per successione dal de cuius L.R. (genitore) e che con delibera CC 58/91 e successiva GM 164/92,il Comune di P. approvava il progetto tecnico esecutivo dei lavori per la costruzione di strade interne nella Zona Macello,in cui ricadeva la proprieta' predetta e successivamente, con delibera commissariale n. 4/93 e successivo contratto Rep. 213 del 21-09-93,i lavori venivano poi appaltati ed affidati alla ditta D., alla quale l'opera venne affidata e consegnata in data 04-05-1994;
che con nota prot. 6861 dei 15-06-94 il Sindaco del Comune di P. invitava essi attori a recarsi presso gli uffici municipali proponendo loro la ,cessione gratuita delle aree insistenti sulla particella 61 -a ,con spese notarili a loro carico,proposta pero' da essi rifiutata che nonostante tale rifiuto il Comune di P., senza emettere alcun decreto di occupazione e/o espropriazione e senza corrispondere loro alcun indennizzo, nell'anno 1995 occupava le aree predette, trasformandole irreversibilmente nell'anno 1996 e destinandole a strada pubblica, previa realizzazione del manto stradale e dei marciapiedi.

Alla luce di tali deduzioni instavano questo Tribunale affinche', previa declaratoria di illegittimità, illiceita' e/o abusivita' della procedura amministrativa in questione venisse dichiarato il passaggio di proprieta' dell'intera superficie occupata dal Comune di P., individuata in catasto al fg. 20,part.61-A, da essi L. al patrimonio dell'ente predetto; ordinato al Conservatore del RRII di Taranto di effettuare,a spese dell'ente predetto,la necessaria trascrizione dell'emananda sentenza; condannato lo stesso ,in persona del Sindaco pro tempore, al risarcimento di tutti i danni arrecati ad essi attori,quantificati in lire 419.999.000, commisurati al valore venale del bene,oltre al danno conseguente al mancato godimento del bene dal di' dell'occupazione sino al maggio 1998(epoca del deposito nella Casa Comunale dell'atto di invito e messa in mora di essi attori richiedenti il risarcimento dei danni patiti),oltre rivalutazione ed interessi;
nonche' condannato il Convenuto alla restituzione in favore di essi attori delle somme da essi versate a titolo di ICI e di ogni altro tributo inerente i suoli in oggetto,con vittoria di spese.

Stabilito il contraddittorio si costituiva in giudizio il Comune convenuto che respingeva le avverse ragioni,in quanto infondate in fatto ,eccependo in particolare il difetto di legittimazione passiva di esso convenuto essendo attribuibile tale condotta illecita a S.V.,all'epoca dei fatti, sindaco dell'ente predetto e all'impresa appaltatrice dei lavori ,ditta D., avendo il primo con nota del 20-04-1995, invitato l'impresa suindicata a dare inizio alle opere pubbliche in questione "essendo venute meno le ragioni che indussero l'Amministrazione alla sospensione dei lavori", sospensione posta in essere in data 07-12-1993, dallo stesso S.,in fase di consegna dei lavori all'impresa D. in data 05-11-1993,in quanto "le aree oggetto di intervento non risultavano acquisite al patrimonio indisponibile di questo Ente".Per quanto concerne l'impresa surrichiamata eccepiva il Comune la sussistenza della responsabilità dell'appaltatore per i danni cagionati a terzi nell'appalto di opere pubbliche,vista l'autonomia dello stesso se pur meno ampia rispetto a quella degli appaltatori privati stante l'ingerenza della stazione appaltante.
Per quanto concerne i danni risarcibili il Comune rilevava l'erronea determinazione del quantum effettuata da controparte, ostandovi la normativa di cui all'art. 3 legge 662 del 23-12-1996 ,che rinvia per la liquidazione del danno ai criteri di determinazione dell' indennita' di cui al comma 1° art 5 bis D.L. 1-07 1992,n. 333,convertito nella legge 08-06-1992,n.359,con esclusione della riduzione del 40%( cosi' l' importo del risarcimento del 10 %).

lnstava, infine, il Comune convenuto alla chiamata in causa del Sindaco pro tempore, Avv. V.S. e all'impresa D.F. affinche' venissero condannare i predetti,in caso di accoglimento delle domande attrici al pagamento in favore degli attori delle somme accertate e liquidate in corso di causa a titolo di risarcimento danni,con il favore delle spese.

Si costituivano poi in giudizio I'Avv. V.S.,nella qualita' di Sindaco pro tempore del Comune di P., che si opponeva alle avverse pretese e ne chiedeva rigetto( con il favore delle spese) , eccependo in particolare che nella causa in esame veniva dedotta in giudizio non una fattispecie di responsabilita' aquiliana o contrattuale ma,visto il rapporto di immedesimazione organica tra il Sindaco ed il Comune predetto, un'ipotesi di responsabilità amministrativa, "fondata sull'asserita dannosità, per le casse comunali, della (presunta) procedura espropriativa dei suoli L., compiuta con colpa dell'amministrazione presieduta dal Sindaco Avv. S,", azione di natura pubblicistica e di competenza del Procuratore presso la Corte dei Conti e/o comunque di competenza della Corte predetta in sede giurisdizionale, rientrando il giudizio in materia di responsabilità per danno erariale nei confronti di funzionari, amministratori, impiegati, agenti pubblici, in materia di contabilità pubblica.
Eccepiva ancora il terzo chiamato: di essersi limitato a dare esecuzione a provvedimenti amministrativi gia' adottati dal Consiglio Comunale e dalla Giunta in data antecedente al proprio insediamento,avendo ereditato una situazione di fatto e di diritto ormai consolidatasi sulle aree in questione; di avere proceduto semplicemente alla ripresa dei lavori per far eseguire la materiale bitumazione di strade gia' da tempo esistenti e destinate all'uso pubblico; di avere cosi' adempiuto agli obblighi dei contratti di appalto in corso e di avere salvaguardato l'Amministrazione Comunale dalle rilevanti responsabilità contrattuali e dalle conseguenze economiche nei confronti dell'Impresa appaltatrice.
Si costituiva, infine, l'impresa D.F. che eccepiva preliminarmente l'intervenuta prescrizione della richiesta di risarcimento danni formulata dagli attori, nel merito, in relazione alla responsabilità addebitatagli dal Comune convenuto si opponeva alla stessa in quanto infondate in fatto e in diritto, eccependo in particolare che l'autonomia dell'appaltatore nell'organizzazione dei mezzi e nell'esecuzione dell'appalto (che comporta di conseguenza la sua responsabilità per danni cagionati a terzi) non può estendersi al sindacato di validita' degli atti con i quali la P.A. appaltante Io abbia immesso nel possesso dell'immobile per l'esecuzione dell'opera pubblica,quando il terzo non ha esperito alcuna azione giudiziaria avverso il decreto assertivamente illegittimo. Tanto piu' che nel caso in esame difettava la sua libertà di decisione nel momento in cui era stata invitata a riprendere i lavori in quanto venute meno le ragioni della sospensione,trattandosi di ultimare la sola bitumazione delle strade.

Con comparsa di costituzione depositata il 04-11-2009 si costituiva in giudizio L.C., e, ex art 300 e 302 c.p.c., M.L., M.L. nella loro qualita' di eredi di L.N., nonche' M.M., L.A. , L.R. e L.S. nella qualita' di eredi di L.S. i quali si sono riportati tutti alle conclusioni gia' rassegnate in corso di causa(anche in relazione alle conclusioni rassegnate dai de cuius nella memoria 183 c.p.c. depositata il 20-04-2000 con la quale gli attori hanno proposto, in via subordinata, le originarie domande di risarcimento danni anche nei confronti di V.S. e dell'Impresa D., nonche' ,sempre in via subordinata,domanda tesa alla condanna del Comune convenuto per indebito arricchimento conseguente all'acquisizione ed irreversibile trasformazione dei beni di proprieta' di essi attori.

Acquisita agli atti varia e pertinente documentazione, espletate le prove orali e disposta CTU, la causa veniva riservata per la decisione all'udienza del 20-04- 15, sulle conclusioni trascritte in atti.

Motivazione

La domanda degli attori e' fondata e va accolta per quanto dì ragione; non e' fondata e va rigettata la domanda di condanna e di manleva come proposta dal Comune di P. nei confronti di V.S. e dell'Impresa D.F. nella comparsa di costituzione.

Si osserva che e' pacifico in causa e non e' contestato che gli attori( originari) sono comproprietari pro indiviso, dei suoli siti in P, fgl.20, part.61-A, loro pervenuti per successione del defunto L.R. (vedi Doc. 2- prod. attrice)
estesi complessivamente mq.4.182,00 (vedi CTU),ubicati nella Zona Ovest del Comune di P., denominata "Zona Macello'', ricadente in Zona B.2 del Piano di Fabbricazione del Comune di P.
Risulta poi documentalmente che gli originari attori ,con atto per notar P. del 20-02-1980, vendevano a vari acquirenti gran parte dei propri suoli, riservandosi espressamente con tale atto, la proprieta' dei suoli destinate a strade e concedendo su tali aree agli acquirenti dei suoli edificatori il solo diritto reale di passaggio per l'accesso nelle rispettive zone acquisite. Risulta,significativamente, nell'atto di vendita suindicato ,che i L. dichiaravano che i suoli erano ricompresi nel Piano Quadro della Zona B2 redatto dal Comune di P.
Gli attori lamentano l'illecita " occupazione usurpativa" e la irreversibile trasformazione dei propri suoli ad opera del Comune di P. che, nel periodo di tempo compreso tra il 1995 ed il 1997 ,circostanza questa non contestata
ed emergente documentalmente dagli atti prodotti dagli attori, ha realizzato sugli stessi interventi costruttivi vari ( strade, piazze ecc.) sulla scorta di atti amministrativi totalmente privi delle necessaria dichiarazione di pubblica utilità ed indifferibilità delle opere medesime, nonché, senza la emissione di decreto di occupazione di urgenza e\o di espropriazione dei beni ed, infine, senza nulla corrispondere agli stessi per l'abusiva occupazione ed irreversibile espropriazione.

DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE PASSIVA DEL COMUNE DI P.
Non ha pregio e va rigettata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva come sollevata dal Comune convenuto. Infatti emerge documentalmente che: con delibera del Delibera C.C. 58 del 12.6. I 991 seguita poi dalla G.M. 164\92 proprio il Comune di P., in data 05. I I .1993, ebbe a consegnare, i lavori in favore
della aggiudicataria Ditta D., come da" verbale consegna lavori" redatto in pari data (vedi doc. 4 e 7 ,in atti nel fascicolo degli attori) e sottoscritto anche dal D.L. Geom.C. M ..
Il Comune si era percio' determinato nell'approvazione del progetto dei lavori di costruzione delle strade e delle relative opere, nella - erronea- convinzione che i suoli necessari appartenessero al patrimonio indisponibile del Comune, così ponendo in essere una vera e propria occupazione usurpativa .

Con nota prot. 12018 del 23.11.1993 il Direttore dei Lavori (vedi doc. n. 13 e 25.de- nel fascicolo degli attori) rappresento'poi alla P.A. la impossibilità di realizzare le opere di costruzione delle nuove strade interne e ciò perché, le aree interessate erano in proprietà esclusiva di privati e non nella disponibilità del patrimonio comunale( nota prot. 12018\93: "In fase di consegna dei lavori in oggetto, si e ' rilevato che le aree interessate non f anno parte del patrimonio indisponibile di questo Ente, in quanto non risultano alti di cessione in tal senso da parte degli originari proprietari. Ciò stante, nessun intervento di trasformazione e' possibile se non dopo la formale acquisizione di atti di cessione gratuita.A tal fine si segnalano i nominativi dei proprietari ...... Eredi Latorrata, Licomati ecc.").

Sicche', i lavori, vennero sospesi a tempo indeterminato, giusto verbale di sospensione del 07.12.1993 ( Doc. n.14-prod. attrice) sottoscritta dal Direttore dei lavori alla presenza di F.D., rappresentante della ditta D. che aveva avuto in appalto tali lavori che, espressamente e testualmente disponeva: "ACCERTATO, in fase di consegna che le aree non risultano acquisite al patrimonio indisponibile di questo Ente; CONSIDERATO che, in mancanza di tali titoli non e ' possibile procedere alla realizzazione delle opere .... ... i lavori ... vengano sospesi ... sino a quando non saranno perfezionati gli atti necessari al trasferimento delle arre di che trattasi, a favore del patrimonio indisponibile").

Il Geom.C. (Direttore dei Lavori e Coadiutore UTC del Comune convenuto), con nota prot. 12334 del 02.12.1993 trasmise poi all'allora Commissario
Prefettizio la "proposta di lettera-invito" da inviarsi ai proprietari della Zona Macello interessati dalla costruzione delle strade e finalizzata ad ottenere la
cessione delle aree necessarie; tra i proprietari\invitati, sono indicati anche i L. ( odierni attori).

Con successive note prot. 12819 del 14.12.1993 ( Doc. 25.f-fasc. attori) e prot 6861 del 15.6.1994 ( Doc. n.16-fasc.attori), l'allora Sindaco del Comune di P. ebbe, quindi, ad invitare i proprietari delle aree interessate e, tra questi, anche gli odierni attori a "sottoscrivere la propria disponibilità alla cessione ... a favore di questo Ente" ma il De Leonardis V.,in rappresentanza degli attori,presentatosi il giorno concordato, rifiuto' la proposta del Comune di cedere ad esso a titolo gratuito,con oneri e spese notarili a carico dei proprietari le aree in questione.

I lavori rimasero, quindi, sospesi dal 07.12.1993 sino al 02.10.1995, epoca in cui gli stessi vennero , di fatto, iniziati materialmente in quanto il Sindaco dell'Ente convenuto, pro-tempore,V.S., con nota prot. 4481 del 20.04.1995 (Doc. 27.b-fasc.attrice), ebbe ad "ordinare" alla Ditta D., la ripresa immediata dei lavori, sulla base della seguente testuale motivazione: "essendo venute meno le ragioni che indussero questa Amministrazione alla sospensione dei lavori, codesta Ditta e' invitata con cortese urgenza a dare inizio ai lavori". Seguì,poi il verbale di ripresa dei lavori del 02. l 0.1995 sottoscritto dalla D.L. e Ditta D. (Doc. 27.a -fase. attrice) e, pertanto, i lavori ebbero materialmente inizio da tale data.

Alla luce di tali concludenti risultanze,non puo' il giudice che condividere l'assunto degli attori circa l'illeceita' della condotta del Comune convenuto posto
che nonostante la sussistenza delle problematiche ben evidenziate nelle note di sospensione surrichiamate, con nota prot 4481\95 - verbale ripresa lavori del
02.10.1995-(doc. 27.b e 27.a-prod. attori), i lavori ripresero nonostante le c.d. "aree necessarie" non erano nella disponibilita' del patrimonio indisponibile del
Comune,dovendo esse essere ancora acquisite dall'ente, ne' tantomeno e' stato provato dall'ente, che di fatto si era effettivamente giovato di tale "illecita
occupazione", " quando fossero venute meno le ragioni che indussero· alla sospensione predetta".Infatti, la causa che aveva indotto la P.A. alla sospensione
sine die dei lavori di costruzione delle nuove strade interne del centro abitato, era stata individuata nel fatto che : "le aree necessarie non appartenevano al
patrimonio indisponibile comunale e che le stesse dovevano essere acquisite
", pena, persino, l'impossibilita' di realizzare l'intervento costruttivo (Cfr. Doc. 13;
14; 25.d; 46-fasc. attori), e, dopo appena un anno dalla sospensione dei lavori per le anzidette motivazioni,Ja stessa PA, senza aver provveduto alla acquisizione
delle aree, disponeva illegittimamente la ripresa dei lavori,nonostante nel periodo compreso tra il 1993 ed il 02. l 0.1995, appunto, i suoli degli attori erano sempre
rimasti nella loro esclusiva titolarità e non era intervenuto nessun atto amministrativo che potesse giustificare detta diversa scelta.Si consideri che tali
lavori dal 02.10.1995, dopo alcune sospensioni e varianti in corso d'opera ( cfr. Doc. dal n. 28 al n.32- fase. attori), terminarono verso la fine dell'anno 1997,
come risulta documentalmente e confermata a\tresi' dai testi escussi e dall'esito della espletata CTU.

LA POSIZIONE DEL SINDACO PRO TEMPORE
Per quanto concerne la posizione del Sindaco pro-tempore Avv. V.S. si osserva che egli dopo avere invitato i proprietari dell'area "L. a sottoscrivere la propria disponibilita' alla cessione delle loro aree ali' ente convenuto( con la note prot. n. l 28 l 9 del 14 -l 2- 1993 e prot. n. 6861 del 15-06- 1994-doc 25 e 16 fase attori),senza che l'ente fosse riuscito ad acquisire dette aree,visto il rifiuto dei L. a cederle gratuitamente,con la nota prot. n. 4481 del 20-04-1995( doc 27 b fase. attori),erroneamente,sul non fondato e provato presupposto che erano "venute meno le ragioni che indussero Amministrazione alla sospensione dei lavori'',invitava la ditta D. "con cortese urgenza a dare inizio alle opere di cui trattasi". Occorre pero' evidenziare che la zona Macello,e all'interno di essa i suoli di proprieta' L. ivi esistenti, era stata completamente urbanizzata per effetto di pregressi interventi, risalenti, come di seguito esposto, intorno agli anni 1980, dalle amministrazioni precedenti, sull'erronea convinzione dell'appartenenza di tali aree al patrimonio dell'ente (risultano gia' tracciate e delineate le strade pubbliche ,alcune di esse contrassegnate nominativamente),interventi gia' decisi dalle precedenti Amministrazioni e Commissario prefettizio e che nasceva dalla necessita' di un intervento pubblico "per creare un'urbanizzazione di questa zona con marciapiedi e strade in asfalto".L'amministrazione comunale, anche dopo la nota surrichiamata a firma del geometra C., non si era pero' attivata per "acquisire lecitamente l'area degli attori in questione" persistendo nella sua condotta omissiva, sicche' la condotta di S.,nella sua veste di sindaco del Comune predetto, deve essere correttamente collocata nell'ambito civilistico in un rapporto di immedesimazione organica con l'ente convenuto,potendosi al piu' configurare una responsabilita' amministrativo e/o contabile di quest'ultimo(unico legittimato
passivamente),esperibile in sede di rivalsa dello stesso ente in caso di sua condanna al risarcimento dei danni.
Infatti il Sindaco S., pur immedesimandosi nell'amministrazione comunale,non risulta, contemporaneamente portatore di un personale interesse contrapposto, venendo percio' esclusivamente in rilievo la riferibilita' della sua condotta all'amministrazione di appartenenza.
Condivisibilmelite la Suprema Corte ha statuito che la p.a. risponde del fatto illecito dei propri dipendenti tutte le volte che tra la condotta causativa del danno e
le funzioni esercitate dal dipendente esista un nesso di occasionalità necessaria, e quest'ultimo sussiste tutte le volte che il pubblico dipendente non abbia agito come semplice privato per fini esclusivamente personali e del tutto estranei all'Amministrazione, ma abbia tenuto una condotta anche solo indirettamente
ricollegabile alle attribuzioni proprie dell'agente(Cassazione civile, sez. III, 29/1212011, n. 29727; In senso conforme alla prima parte della massima cfr.:
Cass. 30 gennaio 2008 n. 2089 che ha statuito che In tema di responsabilità diretta della P.A. per fatto lesivo derivante dall'operato dei suoi dipendenti, non può
essere esclusa la sussistenza del rapporto di occasionalità necessaria tra l'attività del dipendente e l'evento lesivo in presenza dell'eventuale abuso compiuto da quest'ultimo o dall'illegittimità del suo operato, qualora la condotta del dipendente medesimo si innesti, comunque, nel meccanismo dell'attività complessiva dell'ente. Ne consegue che il riferimento della condotta del dipendente alla P.A. può venire meno solo quando egli agisca come semplice privato, per un fine strettamente personale ed egoistico, ed il suo comportamento, non importa se colposo o doloso, non sia perciò diretto al conseguimento di fini istituzionali che, in quanto propri della Amministrazione, possono anche considerarsi propri dell'ufficio nel quale il dipendente stesso è inserito. Nella causa in esame non puo' dirsi che S. abbia agito per fini esclusivamente propri e/o comunque nulla e' emerso al riguardo ma, sembrerebbe al contrario, che il predetto, vista la mancata cessione volontaria delle aree da parte dei L., la condotta inerte dell'amministrazione comunale ,il progetto approvata dalla predetta ed il contratto di appalto stipulato ben due anni prima con l'impresa D., abbia voluto porre fine alla vicenda facendo cosi' conseguire all'ente convenuto il risultato sperato e
necessario.
Del resto,ai sensi dell'art. 28 della Costituzione, la PA è responsabile per il fatto illecito dei propri dipendenti se sussista un nesso di occasionalità necessaria tra la
condotta causativa del danno e le funzioni esercitate dal dipendente, che ricorre quando il dipendente non abbia agito quale privato per fini esclusivamente
personali ed estranei all'amministrazione di appartenenza, ponendo in essere una condotta ricollegabile, anche solo indirettamente, alle attribuzioni proprie
dell'agente(Cassazione civile, sez. III, 10/10/2014, n. 21408;sul nesso di occasionalita' vedi necessaria cfr.: Cass. 28 agosto 2007 n. 18184; Cass. 22 agosto
2007 n. 17836;. Cass., sez. I, sent. n. 12939 del 2007. Cfr. anche Id., sez. III, sent. n. 18184 del 2007),dovendosi escluderesi la responsabilità dello Stato nei confronti di terzi per i danni causati dal comportamento colposo o doloso di un dipendente quando il fatto lesivo è commesso al di fuori dell'esercizio delle proprie funzioni e per finalità estranee o contrarie ad esse e dovendo percio' essere accertato che tra l'espletamento delle mansioni inerenti il servizio e il fatto produttivo del danno vi sia un nesso di occasionalità necessaria, idoneo quanto meno ad averne agevolato in modo decisivo la realizzazione(Cassazione civile, sez. III, 17/12/2007, n. 26527). Del resto ,compito dell'autorita' giudiziaria e' quello indagare, anche d'ufficio, in base alle acquisizioni probatorie, sulla eventuale cooperazione attiva della stessa p.a. che si e' avvantaggiata - alla quale è direttamente riferibile la condotta, anche dolosa, del suo funzionario od impiegato, sussistendo, percio', la responsabilità DIRETTA della Pubblica Amministrazione tutte le volte in cui l'attività' amministrativa posta in essere dai suoi agenti sia stata diretta al perseguimento di fini istituzionali, anche se posta in essere con abuso e\o carenza di potere.
Peraltro,dall'attivita' istruttoria espletata e dalla documentazione acquisita ben puo' affermarsi ,in relazione all'originaria situazione della viabilita' dei suoli
L. che i tratti destinati a strade si erano venuti a delineare in maniera del tutto spontanea per effetto dell'edificazione dei singoli lotti oggetto del
frazionamento e, soprattutto ,senza alcun tipo di intervento da parte dell'amministrazione comunale. Le restanti aree in quel momento rimaste nella
proprieta' dei L.,non interessate dal frazionamento, e dagli interventi edificatori,disegnavano un reticolo di tracciati di separazione tra i vari lotti a cui si
assegnava,in via automatica,la destinazione a strade. Risulta poi documentalmente provato(come di seguito meglio esposto) che nel "computo metr1·co t. .
estimativo" redatto dall'impresa D., si faceva riferimento ad interventi di una certa consistenza (scavi di sbancamento per l'apertura del corpo stradale,fondazione
stradale,pavimentazione,reinterro per il riempimento di cavi e delle condutture,pavimentazione marciapiedi), rimandano all'opera di realizzazione di
una strada e non, come erroneamente sostengono S. e l'impresa D., a quella di una semplice bitumazione superficiale su di un tracciato
gia' delineato e percorribile.

Nella controversia in esame si rileva un assoluto disinteresse ed inerzia dell'amministrazione comunale per le procedure espropriative in itinere,nonostante
la necessita' di definire il progetto approvato delle strade da realizzare ed ultimare nella zona Macello.Si consideri che la procedura espropriativa e' di esclusiva
competenza dell' ente territoriale, che non puo' percio' attribuire il danno cagionato agli attori ad un inadempimento o ad una erronea condotta del
delegato,mantenendo l'ente la sua responsabilita' nella procedura espropriativa ed un potere di stimolo e controllo,tanto piu' che ad esso sono poi imputabili gli
effetti giuridici, i benefici e/o vantaggi connessi all'attivita' di progettazione ed esecuzione delle opere.

Alla luce di tali significative risultanze si rigetta la domanda di condanna e/o manleva come proposta dal Comune convenuto nei confronti dell'ex Sindaco
V.S..

LA RESPONSABILITA' DELLA DITTA D.F.
Osserva il giudice che dalla lettura del summenzionato verbale di sospensione lavori del 27.12.1995 ( Doc. o. 28 -fase.attori) si legge testualmente:"-CONSTATATO la presenza, sulle aree oggetto di ... .. RECINZIONI che impediscono il PROSIEGUO DEI LAVORI a regola d'arte -CONSIDERATO che la presenza di tale MANUFATTI ( ergo recinzioni) impenderebbe altresì .... il deflusso delle acque meteoriche .. -Il sottoscritto D.L. .. ... dispone dal 27.12.1995 la sospensione dei lavori sino a quando ... ..... non saranno perfezionati gliaì atti necessari al trasferimento delle aree ove insistono le recinzioni a favore del patrimonio indisponibile del Comune di P. F.TO IMPRESA D.". I lavori rimasero percio' sospesi dal 07.12.1993 sino al 02.10.1995,sino a quando, come summenzionato, il Sindaco dell'Ente convenuto, protempore, V.S., con nota prot. 4481 del 20.04.1995 ebbe ad "ordinare" alla Ditta D., la ripresa immediata dei lavori, sulla base della seguente testuale motivazione: "essendo venute meno le ragioni che indussero questa Amministrazione alla sospensione dei lavori, codesta Ditta e' invitata con cortese urgenza a dare inizio ai lavori", di qui poi il verbale di ripresa dei lavori del 02.10.1995 sottoscritto dalla D.L. e Ditta D. .A tale riguardo si osserva che il contenuto della nota predetta non lascia dubbi interpretativi considerato che il Sindaco dichiarava espressamente che 1) erano venute meno le ragioni che avevano indotto l'Amministrazione alla sospensione dei lavori; 2) la ditta veniva esplicitamente invitata a dare inizio "con cortese urgenza" ai lavori predetti. Sicche' se senza dubbio l'autonomia dell'appaltatore nell'organizzazione dei mezzi e nella esecuzione dell'appalto ne comporta la responsabilità esclusiva per i danni cagionati a terzi ,tuttavia non puo' non rilevarsi che tale principio non può essere esteso al sindacato di validità degli atti con i quali l'amministrazione appaltante, previa emanazione del decreto di occupazione d'urgenza di un suolo, lo abbia immesso nel possesso dell'immobile per l'esecuzione dell'opera pubblica, tutte le volte in cui il terzo danneggiato non abbia esperito alcuna azione giudiziaria avverso il decreto assertivamente illegittimo, e l'appaltatore abbia, sua sponte, inizialmente sospeso i lavori - salvo poi a riprenderli in epoca successiva - a fronte delle informali rimostranze del danneggiato(Cassazione civile. sez. I, 26/06/1998, n. 6313).Nella controversia in esame la ditta D. , visto il contenuto della nota suindicata e l'evolversi della vicenda in oggetto, non poteva certo ritenersi essere nelle condizioni di dubitare, valutare ed eventualmente verificare e controllare la veridicita' 'della sussistenza dell'asserito venir meno delle ragioni ostative alla prosecuzione dei lavori, sindacando l'operato della P.A. asserite ragioni posto che il fatto dannoso era stato posto in essere in esecuzione del progetto o di direttive impartite dall'amministrazione committente alla quale si deve attribuire una responsabilità esclusiva configurabile in quanto essa di fatto ha rigidamente vincolato l'attività dell'appaltatore, così da neutralizzarne completamente la sua libertà di decisione(in tal senso Cassazione civile, sez. I, 18/09/2013, n. 21337). Condivisibilmente,la Suprema Corte ha statuito che l'appaltatore va invece esente da responsabilità se il committente, reso edotto delle carenze e degli errori, gli abbia chiesto di dare egualmente esecuzione al progetto o abbia ribadito le indicazioni, riducendosi in tale ipotesi l'appaltatore al rango di "nudus minister"(Cassazione civile, sez. III, 12/04/2005): il Comune ben sapeva di non avere la proprieta' delle aree in esame,tuttavia ,sollecita la ditta a dare esecuzione a detti lavori, con urgenza,affermando,erroneamente, il venir meno delle ragioni che avevano giustificato la sospensione dei lavori per oltre un anno. La ditta D. e' stata cosi' indotta ad eseguire le opere appaltate , quale nudus minister, viste le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo(in tal senso Cassazione civile, sez. Il, 28/01/2015, n. 1585 che ha statuito che !"appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare es,ente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo). Alla luce di tali considerazioni va rigettata la domanda di condanna e/o manleva come proposta dal Comune convenuto nella comparsa di costituzione nei confronti dell'impresa D.

L'EVOLUZIONE DELL'OCCUPAZIONE ACQUISITIVA o ESPROPRIATIVA
Occorre a tale riguardo ripercorrere l'evoluzione che ha avuto l'occupazione acquisitiva (o espropriativa o appropriativa)che , come è noto, e' istituto di creazione giurisprudenziale risalente nella prima compiuta formulazione alla sentenza Cass. s.u. 26 febbraio 1983, n. 1464, ma con un significativo precedente r in Cass. 8 giugno 1979, n. 3243. Tale pronunzia - affrontando il caso, non disciplinato dalla legge, di una occupazione protrattasi oltre i previsti termini di occupazione legittima e contrassegnata dalla irreversibile trasformazione del fondo per la costruzione di un'opera dichiarata di pubblica utilità - è stata il frutto della dichiarata ricerca di un punto di equilibrio tra la tutela dell'azione amministrativa (assicurata dall'acquisto a titolo originario in capo alla pubblica amministrazione della proprietà del suolo illegittimamente occupato e trasformato) e la tutela della proprietà privata (assicurata dall'obbligo dell'amministrazione occupante di risarcire integralmente il danno arrecato, sulla base, almeno sino all'entrata in vigore del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, del valore venale del bene).La pronunzia, ha segnato il superamento del precedente orientamento in base al quale, nel caso in esame, il privato restava proprietario del bene occupato, aveva diritto soltanto al risarcimento del danno determinato dalla perdita di utilità ricavabili dalla cosa e restava soggetto alla tardiva sopravvenienza del decreto di espropriazione, ritenuto idoneo a ricollocare la fattispecie su un piano di legittimità con l'attribuzione al privato soltanto di un indennizzo (all'epoca non commisurato al valore venale del bene) (vedi Cass. 2 giugno 1977, n. 2234; Cass. 26 settembre 1978, n. 4323).La giurisprudenza successiva(vedi Cass. s.u. 25 novembre 1992, n. 12546) in relazione al contrasto insorto circa i I termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, si è dovuta confrontare con il problema della compatibilità (o meglio del contrasto) dell'istituto dell'occupazione acquisitiva con l'art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU, come interpretato dalla Corte EDU. La Corte di Strasburgo ha censurato le forme di "espropriazione indiretta" elaborate nell'ordinamento italiano anche e soprattutto in sede giurisprudenziale (come nel caso dell'occupazione acquisitiva) e le ha configurate come illecito permanente perpetrato nei confronti di un diritto fondamentale dell'uomo, garantito dall'art. I citato, senza che alcuna rilevanza possa assumere in contrario il dato fattuale dell'intervenuta realizzazione di un'opera pubblica sul terreno interessato, affermando che l'acquisizione del diritto di proprietà non può mai conseguire a un illecito. La Corte di Strasburgo ha poi affermato che "lo Stato dovrebbe, prima di tutto, adottare misure tendenti a prevenire ogni occupazione fuori legge dei terreni, che si tratti d'occupazione sine titulo dall'inizio o di occupazione inizialmente autorizzata e divenuta sine titulo successivamente,e, lo Stato convenuto deve scoraggiare le pratiche non conformi alle norme delle espropriazioni lecite, adottando disposizioni dissuasive e ricercando le responsabilità degli autori di tali pratiche. In tutti i casi in cui un terreno è già stato oggetto d'occupazione senza titolo ed è stato trasformato in mancanza di decreto d'espropriazione, la Corte ritiene che lo Stato convenuto dovrebbe eliminare gli ostacoli giuridici che impediscono sistematicamente e per principio la restituzione del terreno". La Corte Europea si dice anche "convinta che l'esistenza in quanto tale di una base legale non basti a soddisfare il principio di legalità", non potendo l'espropriazione indiretta comunque costituire un'alternativa ad un'espropriazione "in buona e dovuta forma". La giurisprudenza della Corte di Cassazione successiva alle citate pronunzie della Corte EDU si è in larga parte orientata non verso l'abbandono dell'istituto dell'occupazione acquisitiva, nel frattempo presupposta, da diverse disposizioni di legge, ma verso la ricerca del superamento dei punti di criticità della disciplina dell'istituto rispetto ai principi affermati dalla Convenzione EDU. In questa prospettiva si collocano le varie decisioni tese ad affermare la compatibilità dell'istituto dell'occupazione acquisitiva con il principio sancito dall'art. I del protocollo addizionale alla Convenzione EDU, come interpretato dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo. Tale istituto non solo ha una base legale nei principi generali dell'ordinamento, ma ha trovato previsione normativa espressa prima (settoriale) con la L. n. 458 del 1988, art. 3, e, successivamente, con il D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, (introdotto dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65) e, quindi, risulta ormai basato su regole sufficientemente accessibili, precise e prevedibili, ancorate a norme giuridiche che hanno superato il vaglio di costituzionalità ed hanno recepito,confermandoli, i principi enucleati dalla costante giurisprudenza (Cass. s.u. 14 aprile 2003, n. 5902; Cass. s.u. 6 maggio 2003, n. 6853).Altre decisioni si sono preoccupate di fissare il dies a quo del termine di prescrizione nel momento dell'emersione certa a livello legislativo dell'istituto e cioè a partire dalla legge n. 458/1988, ritenendo in tal modo soddisfatto il necessario ossequio al principio di legalità affermato in materia dalla Corte EDU (Cass. 28 luglio 2008, n. 20543; Cass. 5 ottobre 21203; Cass. 22 aprile 2010, n. 9620;Cass. 26 maggio 2010, n. 12863; Cass. 26 marzo 2013, n. 7583; Cass. 18 settembre 2013, n. 21333).Nello stesso orientamento conservativo dell'istituto si registrano le decisioni che hanno attribuito rilievo, ai fini dell'interruzione della prescrizione del diritto al risarcimento del danno, all'offerta ed al deposito dell'indennità di espropriazione (Cass. 16 gennaio 2013, n. 923) ovvero alla richiesta di versamento del prezzo di una progettata cessione volontaria del fondo e alla richiesta dell'indennità di occupazione (Cass. 14 febbraio 2008, n.3700).Infine, sempre nell'ambito dell'orientamento conservativo, il problema della tutela del privato, rispetto alla incertezza del dies a quo di un termine di prescrizione collegato all'irreversibile trasformazione, è stato definitivamente superato affermando sia che detto termine inizia a decorrere dal momento in cui il trasferimento della proprietà venga o possa essere percepito dal proprietario come danno ingiusto ed irreversibile sia che la relativa prova incombe sull'Amministrazione (Cass. 17 aprile 2014, n. 8965). Nel senso del superamento dell'istituto dell'occupazione acquisitiva si registrano le recenti pronunce della Cass. 14 gennaio 2013, n. 705 e Cass. 28 gennaio 2013, n. 1804. Tali decisioni hanno fondato le loro conclusioni non solo sulle pronunzie della Corte di Strasburgo, ma anche sul D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 42 bis, (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), sostenendo che tale norma sia applicabile anche ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore e disciplini in modo esclusivo, e perciò incompatibile con l'occupazione acquisitiva, le modalità attraverso le quali, a fronte di un'utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di pubblico interesse, è possibile - con l'esercizio di un potere basato su una valutazione degli interessi in conflitto - pervenire ad un'acquisizione non retroattiva della titolarità del bene al patrimonio indisponibile della P.A., sotto condizione sospensiva del pagamento, al soggetto che perde il diritto di proprietà, di un importo a titolo di indennizzo.

LA DOMANDA RISARCITORIA.L'OCCUPAZIONE DEI SUOLI DA PARTE DEL COMUNE DI C., LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE N. 753 DEL 19-01-2015

Gli attori hanno fondatamente sostenuto,allegando idonea documentazione a sostegno della loro domanda risarcitoria, che pur avendo l'Ente iniziato i procedimenti ablatori dei suoli citati, non avrebbe poi adottato dichiarazione di pubblica utilità (o comunque questa non sarebbe stata validamente attuata o sarebbe divenuta inefficace) e da cio' ne deriverebbe il carattere usurpativo dell'occupazione, con diritto al risarcimento del danno. Lo stesso Comune resistente non ha contestato che si verterebbe in ipotesi di occupazione dei terreni avente carattere usurpativo, giacchè i provvedimenti amministrativi contenenti la dichiarazione di pubblica utilità implicita ex art. I O I. regione Puglia 21-1-1974 n.2 sono dati da: - Delibera C.C. 58 del 12.6.1991 seguita poi dalla G.M. 164\92 (Doc. 4- 5.prod. attrice), con la quale il Comune di P., senza alcuna dichiarazione di pubblica utilità e senza i termini di cui all'art. 13 L. 2359\865, ebbe ad approvare il progetto, redatto dall'UTC, per la costruzione di nuovi lotti di strade del centro abitato-Zona Macello; in detta Zona Macello,si ripete, trovasi ubicati i suoli degli attori e di terzi proprietari; · Delibera C.C. n.54 del 12.06.1991, seguita poi dalle ulteriori C.C. nn. 55 e 56\91 (Docc.nn. 38-38.a e 38.b-produzione attrice) , con le quali il Comune di P. ebbe ad approvare il progetto esecutivo redatto dall'U.T.C. per la realizzazione dei lavori di pubblica illuminazione sui nuovo lotti di strade di cui al precedente deliberato e.e. 58\91, senza dichiarazione di pubblica utilità e senza termini ex art.13L.2359\865.Seguivano,poi, le relative gare di appalto per l'aggiudicazione dei predetti lavori: in particolare, quella per la costruzione delle nuove strade interne, veniva aggiudicata in favore della Ditta D., come da deliberazione del Commissario Prefettizio del Comune di P. n. 84 del 08.07.1993 (Doc.n.6-prod. a ttrice); Dalla nota prot. n. 12018/93 del Direttore dei lavori Geom Cetera(doc .. 13 2 14 fasc.attori).nella quale si attesta,appunto,che i suoli degli attori non fanno parte del patrimonio indisponibile del Comune e nessun intervento di trasformazione e' possibile se non dopo la formale acquisizione di atti di cessione .. ". Non puo' il giudice non rilevare che manca del tutto l'atto con il quale il Comune di P. ha dichiarato la pubblica utilità dei lavori e delle relative opere di "Costruzione delle nuove strade Interne Centro Abitato". previste dalla summenzionate delibere comunali. risultando esse.peraltro. del tutto prive dei termini per il compimento delle espropriazioni e dell'opera. prescritti dall'art. 13 I. n. 1865 n. 2359.norma applicabile ratione temporis e risoondente alla necessità di rilievo costituzionale (art. 42 comma 3 cost.) di limitare il potere discrezionale della p.a. non esercitabile senza limiti temporali. Sicche'. in mancanza della dichiarazione di pubblica utilità di indifferibilità ' ed urgenza dei lavori da eseguire(e/o essendo essa radicalmente nulla ed inefficace). veniva di fatto posto in essere dall'ente convenuto una mera attività manipolativa costituendo ogni atto di occupazione delle aree un mero comportamento mater iale in nessun modo ricollegabile ad un esercizio abusivo dei poteri della p.a., e legittimando cosi• la richiesta risarcitoria avanzata dagli attori (per tali principi vedi Cassazione civile, sez. un., 14/02/201 1, n. 3569;cfr. anche Trib. Trani 12-6-2008 n.81 ).Da ciò deriva anche che spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda risarcitoria proposta dal proprietario delle zone di terreno illegittimamente occupate e poi trasformate(Cass.s.u. 356912011 cit.). La causa petendi della domanda avanzata dagli attori e' un fatto illecito rilevante ex art.2043 c.civ.(vedi conclusioni nell'atto di citazione al punto 2 "In via Principale") ove si parla di risarcimento di tutti i danni arrecati agli attori per quanto innanzi dedotto .... ossia per l'avvenuta irreversibile trasformazione dei suoli di proprieta' degli attori occupati dal Comune di P. danni commisurati al valore venale dei suoli nell' intervenuta occupazione di essi da parte dell'ente in assenza di valido titolo (dichiarazione di pubblica utilità e successivo provvedimento espropriativo),caratterizzandosi cosi' l'occupazione appropriativa in illecita per l'apprensione di un terreno altrui in carenza di titolo,in mancanza ab origine,della dichiarazione di pubblica utilita' ,omettendo il Comune convenuto di individuare i termini iniziali e finali delle espropriazione e dei lavori ex art. 13 L. 2359/1865. Cio' comporta,come fondatamente hanno rilevato gli attori, la giuridica inesistenza o radicale 11ullita' della dichiarazione di pubblica utilita ', no11 suscettibile di convalida integrazione ad opera di provvedimenti successivi e perciò assolutamente inidonea a far sorgere il potere espropriativo ed ad affermare il diritto soggettivo di proprietà sui beni espropriati determinando una situazione di carenza di potere che i11cide (negativamente) sia sul decreto di occupazione temporaneo (nonché su quello di esproprio) sia sull'irreversibile trasformazione dell'immobile che si verifichi successivamente; che siccome no11 collegati ad un fine di pubblico i11teresse legalmente dichiarato, divengono pur essi inidonei a sottrarre alla parte privata la disponibilità del bene ( Cass. 16846\12 in motivazione; Cass. 11148\12; Cons. Stato 1991\12; Cass.3569\11; Cass 14606\09; Cass. 28214\08; Cass. 8210\07; SS.UU. 7881\07; Cass. 2688\07; Cass. 9532\04 e conf.). A tutto voler concedere,anche ritenendo la dichiarazione di p.u. implicita nell'approvazione del "Piano Quadro B 2 Ovest da parte del Comune convenuto,tuttavia mancano totalmente i termini di cui agli art. 13 della legge 2359/865 ,sicche' si verserebbe comunque nell'ipotesi di "occupazione usurpati va". Trattasi,del resto, di comportamenti ablativi posti in essere prima dell'anno 2001 (data dell'entrata in vigore del DPR 327 del giugno 2001 - T.U. in materia di espropriazione per p.u.),sicche' il procedimento finalizzato alla occupazione ed espropriazione dei suoli degli attori doveva seguire necessariamente le varie e diverse fasi previste dalle varie leggi in vigore ante 200 I, fasi che, nella causa in esame mancano del tutto. Infatti, sia nei procedimenti secondo la legge2359-865 che in quelli di cui alla Legge 865-1971 ( nata inizialmente per la sola Edilizia Residenziale Pubblica) che nei procedimenti ex legge 1/ 1978( nati per velocizzare l'iter di formazione della dichiarazione di P.U. e per la c.s. occupazione anticipata), manca la Fase dichiarativa di Pubblica utilita' delle opere ,contenente, a pena di inesistenza,anche l' indicazione dei termini previsti dall'art.13 per linizio e la fine dei lavori e delle espropriazioni, dovendo essere necessariamente essere indicati nell'atto che dichiara la p.u. o , al piu', nell'atto di determinazione della indennità provvisoria ed a pena di inesistenza della dichiarazione di P.U. Si evidenzia,inoltre, che la legge 2359/1865,in casi ben determinati, prevedeva anche la possibilità dell'ente di emettere una dichiarazione di pubblica utilità c.d."implicita: in cui si ometteva la fase preliminare del Piano di massima e del sub procedimento formale, dichiarativo della P.U., formando direttamente il Piano Particolareggiato e l' elenco Ditte di cui all'art. 16 L. 2359\865,seguivano poi i decreti di occupazione di urgenza e/o di esproprio (contenente le somme offerte ai privati a titolo di occupazione di urgenza e di esproprio,e, in caso di mancata accettazione dell'indennita' offerta ,una serie di adempimenti) ,decreti che nel caso in oggetto sono del tutto inesistenti. Si rileva ,infatti, che a seguito della trasformazione irreversibile del suolo di proprietà degli istanti per una estensione complessiva di mq.4182,00 non preceduta da valida dichiarazione di pubblica utilità (che costituisce il presupposto affinché la P.A. possa procedere legittimamente alla occupazione\espropriazione di suoli necessari per l'opera pubblica) ed integrante perciò la fattispecie della cd. occupazione usurpativa, e della successiva ed implicita rinuncia degli attori alla restituzione del bene,implicita nella proposizione della domanda di risarcimento pari al valore di mercato delle aree,deve essere liquidato il pregiudizio per la perdita del diritto dominicale. La liquidazione del risarcimento per la perdita del compendio occupato ed irreversibilmente trasformato dalla P.A. va operata secondo i principi di diritto comune ex art.2043 e.civ. con riferimento al criterio del valore venale del fondo(Cass. 27/05/2010, n. 13023;Corte Cost.349-2007), difettando nel caso di specie la dichiarazione di pubblica utilità, e non in diretta applicazione dell'art.55 D.P.R.327-2001, il quale presuppone pur sempre il collegamento dell' occupazione con tale dichiarazione( come si evince dall'espressione "scopi di pubblica utilità" in esso contenuta). Il valore venale del bene riconoscibile a seguito della vicenda ablativa è quello rapportato alla data di sua irreversibile trasformazione, che nella controversia in esame puo' essere individuato nell'anno1997, costituente il momento in cui si verifica la dismissione del diritto dominicale da parte del proprietario, il quale abbia optato per la tutela risarcitoria in luogo di quella restitutoria (Cass. 21/04/2006, n. 9472;TAR ' Campania Salerno sez. I 30-3-2006 n.323) . Si deve poi escludere che la questione della sopravvivenza o meno dell'istituto dell'occupazione acquisitiva per le fattispecie anteriori all'entrata in vigore del testo unico di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, possa essere decisa, come ritenuto dalle citate sent Cass. n. 705/2013 e n.1804/2013, l'argomento della retroattività dell'art. 42 bis, dello stesso D.P.R .. Al riguardo, si deve rammentare che l'articolo in questione è stato aggiunto dal D.L. n. 98 del 2011 , art. 34, comma l, dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 293/20 l O, aveva dichiarato l'illegittimità, per eccesso di delega, dell'art. 43 del t.u., che aveva dettato una prima regolamentazione dell'acquisizione sanante. In tale contesto deve essere letto l'art. 42 bis, comma 8, secondo cui "le disposizioni del presente articolo trovan.o altresì applicazione ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore ed anche se vi è già stato un provvedimento di acquisizione successivamente ritirato o annullato, ma deve essere comunque rinnovata la valutazione di attualità e prevalenza dell'interesse pubblico a disporre l'acquisizione; in tal caso, le somme già erogate al proprietario, maggiorate dell'interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai sensi del presente articolo". E' vero che la lettera della norma non pone limitazioni di sorta all'applicazione della stessa a fatti anteriori alla sua entrata in vigore. L'interpretazione logica suggerisce, tuttavia, un diverso approdo.Come si è detto, l'art. 42 bis, ha sostituito l'art. 43, del testo unico di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, che aveva introdotto nel nostro ordinamento l'istituto dell'acquisizione sanante e che era stato espunto per eccesso di delega dalla Corte costituzionale. E' evidente, pertanto, la preoccupazione del legislatore del 2011 di assicurare alla nuova disposizione la stessa applicazione temporale già prevista per quella dettata dall'art. 43, che si inseriva in un sistema organico di norme destinato a superare l'istituto dell'occupazione acquisitiva, ma soltanto dopo il 30 giugno 2003 (data di entrata in vigore dei testo unico), come confermato dall'assenza in quella norma della previsione di una applicabilità anche ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore. Tale preoccupazione emerge, in particolare, laddove nel comma ottavo dell'art. 42 bis, è stata specificamente prevista e disciplinata l'ipotesi della avvenuta emissione di un provvedimento di acquisizione ai sensi del precedente art. 43. Distinte considerazioni devono essere fatte. per l'art. 55, del t.u.che, con riferimento al periodo anteriore al 30 settembre 1996 (per quello successivo l'esclusione dal campo di applicazione del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, era già sufficiente ad assicurare il risarcimento del danno secondo il criterio venale e senza riduzioni), disciplina il risarcimento dei danni per il caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio.L'art. 55, nell'intenzione del legislatore ed indipendentemente dalla diversa lettura che se ne dovrà dare (v. infra punto n. 6 della motivazione), presupponeva l'applicabilità dell'istituto dell'occupazione acquisitiva, che è evidentemente incompatibile con l'istituto dell'acquisizione sanante, poichè questa parte dalla premessa che una acquisizione alla mano pubblica non si sia già verificata. Pertanto, solo con il superamento dell'occupazione acquisitiva, e perciò solo per il periodo successivo all'entrata in vigore del testo unico, poteva trovare applicazione il nuovo istituto, disciplinato prima dall'art. 43, e, poi, dall'art. 42 bis.E' chiaro, tuttavia, che l'originaria incompatibilità, storicamente certa, tra la disciplina dettata dall'art. 42 bis, e quella dettata dall'art. 55, è destinata a venire meno con una diversa lettura di quest'ultima disposizione suggerita, come si dirà tra breve, dal contrasto dell'occupazione acquisitiva con i principi affermati dall'art. I del protocollo addizionale alla Convenzione EDU. Resta però il fatto che l'art. 42 bis, non può essere individuato come la causa dell'espunzione dall'ordinamento dell'istituto dell'occupazione acquisitiva e si apre, invece, il diverso problema, non rilevante in questa sede, se per effetto dell'espunzione dell'istituto, determinata da una diversa causa, possa ipotizzarsi, alla stregua dei principi in tema di applicazione della legge ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore ed ai rapporti da tali fatti generati, un ampliamento temporale del campo di applicazione dell'art. 42 bis, che non troverebbe più il limite derivante da situazioni in cui è già avvenuta l'acquisizione alla mano pubblica, ma eventualmente il limite, da verificare, dell'irretroattività della nuova disciplina oltre la decorrenza da essa desumibile e come sopra individuata. Il contrasto dell' istituto dell'occupazione acquisitiva con l'art. 1, dcl protocollo addizionale alla Convenzione EDU è sufficiente per escluderne la sopravvivenza nel nostro ordinamento. La sussistenza di tale contrasto è stata già riconosciuta dalle Sezioni w1ite della Cassazione con le ordinanze nn. 441 e 442 del 13 gennaio 2014 con cui è stata ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 42 bis in relazione agli artt. 3, 24, 42, 97, 111 e 117 Cost., anche alla luce dell'art. 6, e dell'art. 1, del protocollo addizionale della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. In tali ordinanze, la Corte ha dato atto che la Corte EDU ha dichiarato più volte "in radicale contrasto con la Convenzione il principio dell'espropriazione indiretta, con la quale il trasferimento della proprietà del bene dal privato alla p.a. avviene in virtù della constatazione della situazione di illegalità o illiceità commessa dalla stessa Amministrazione, con l'effetto di convalidarla; di consentire a quest'ultima di trame vantaggio; nonchè di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione, con il rischio di un risultato imprevedibile o arbitrario per gli interessati. E nella categoria suddetta la Corte ha sistematicamente inserito ... l'ipotesi corrispondente alla c.d.occupazione espropriativa ... ritenendo ininfluente che una tale vicenda sia giustificata soltanto dalla giurisprudenza, ovvero sia consentita mediante disposizioni legislative, come è avvenuto con la L. n. 458 del 1988".Tale contrasto deve essere qui ribadito, sottolineando che il contrario orientamento conservativo ha eliminato nel tempo i punti di criticità conn.essi alla prescrizione del diritto al risarcimento del danno, ma nulla poteva fare rispetto alla esclusione del diritto alla restituzione, portato intrinseco dell'istituto dell'occupazione acquisitiva, che la Corte di Strasburgo, come sopra riferito ha ritenuto incompatibile con l'art. 1, della Convenzione EDU, affermando che lo Stato "dovrebbe eliminare gli ostacoli giuridici che impediscono sistematicamente e per principio la restituzione del terreno" Il contrasto, del resto, è stato affermato anche dalla Corte costituzionale con la sentenza 8 ottobre 2010, n. 293, rilevando - anche se solo in un obiter dictum, considerato che l'illegittimità del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 43, è stata dichiarata per eccesso di delega - che la Corte di Strasburgo, "sia pure incidentalmente, ha precisato che l'espropriazione indiretta si pone in violazione del principio di legalità, perchè non è in grado di assicurare un sufficiente grado di certezza e permette all'amministrazione di utilizzare a proprio vantaggio una situazione di fatto derivante da azioni illegali, e ciò sia allorchè essa costituisca conseguenza di un'interpretazione giurisprudenziale, sia allorchè derivi da una legge - con espresso riferimento all'art. 43 del t.u. qui censurato - in quanto tale forma di espropriazione non può comunque costituire un'alternativa ad un'espropriazione adottata secondo buona e debita forma .Le conseguenze della contrarietà dell'istituto dell'occupazione acquisitiva con i principi affermati dall'art. I del protocollo addizionale alla Convenzione EDU devono essere individuate sulla base di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 348 e 349 del 2007 e 338 del 2011: le norme interne in contrasto gli obblighi internazionali sanciti dall'art. I del primo protocollo addizionale alla CEDU, che il legislatore è tenuto a rispettare in forza dell'art. 117 Cost., comma I, non possono essere disapplicate dal giudice nazionale che deve verificare la possibilità di risolvere il problema in via interpretativa, rimettendo, in caso contrario, la questione alla Corte costituzionale. Orbene, nella specie, l'istituto dell'occupazione acquisitiva è stato elaborato dalla giurisprudenza e, successivamente, è stato presupposto da diverse disposizioni di legge. Pertanto, una volta accertata la contrarietà dell'istituto con i principi della Convenzione EDU, occorre stabilire, da un lato, se l'interpretazione della giurisprudenza sulle conseguenze dell'illecita utilizzazione sia o meno la sola consentita dal sistema e, dall'altro, se le norme che hanno dato "copertura" all'istituto possano o meno essere "sganciate" da questo ed essere oggetto di una diversa interpretazione.Al primo interrogativo si deve dare certamente risposta positiva poichè la c.d. accessione invertita rappresenta una eccezione rispetto alla normale disciplina degli effetti di una occupazione illegittima cui consegue ordinariamente il diritto del soggetto spossessato di richiedere la restituzione. Tale eccezione si fondava sulla esistenza, affermata in via interpretativa, di un principio generale, del quale sarebbero stati espressione l'art. 936 e.e. e ss., in base al quale, nel caso di opere fatte da un terzo su un terreno altrui, la proprietà sia del suolo sia della costruzione viene attribuita al soggetto portatore dell'interesse ritenuto prevalente, con la precisazione che il principio opera anche in caso di attività illecita posta in essere dalla P.A. e che quest'ultima deve essere individuata come il soggetto portatore dell'interesse prevalente quando viene realizzata un'opera dichiarata di pubblica utilità. La giurisprudenza della Corte EDU fa, tuttavia, cadere il presupposto della possibilità di affermare in via interpretativa che da una attività illecita della P.A. possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato. Caduto tale presupposto, diviene applicabile lo schema generale degli artt. 2043 e 2058 e.e., il quale n on solo non consente l'acquisizione autoritativa del bene alla mano pubblica, ma attribuisce al proprietario, rimasto tale, la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell'ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell'immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione ecc), oltre al consueto risarcimento del danno, ancorato ai parametri dell'art. 2043 e.e.: esattamente come sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa (e plurimis Cass. s.u. 19 maggio 1982; Cass. s.u. 4 marzo 1997, n. 1907; Cass. 12 dicembre 2001, n. 15710; Cass. 3 maggio 2005, n . 9173; Cass. 15 settembre 2005, n. 18239; Cass. s.u. 25 giugno 2009, n. 14886; Cass. 25 gennaio 2012, n. 1080). Si devono poi prendere in considerazione le seguenti disposizioni: - L. n. 458 del 1988, art. 3, comma I: "il proprietario del terreno utilizzato per finalità di edilizia residenziale pubblica, agevolata e convenzionata, ha diritto al risarcimento del danno causato da provvedimento espropriativo dichiarato illegittimo con sentenza passata in giudicato, con esclusione della retrocessione del bene" (disposizione che la Corte costituzionale, con la sentenza 27 dicembre 1991, n. 486, ha esteso al proprietario del terreno utilizzato per finalità di edilizia residenziale pubblica senza che sia stato emesso alcun provvedimento di esproprio); rispettivamente, "le plusvalenze conseguenti alla percezione, da parte di soggetti che non esercitano imprese commerciali, ... di somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute illegittime" e il "risarcimento danni da occupazione acquisitiva"; - D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis: "in caso di occupazioni illegittime di suoli per causa di pubblica utilità, intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, si applicano, per la liquidazione del danno, i criteri di determinazione dell'indennità di cui al comma 1, con esclusione della riduzione del 40 per cento. In tal caso l'importo del risarcimento è altresì aumentato del 10 per cento. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai procedimenti in corso non definiti con sentenza passata m giudicato" (comma dichiarato costituzionalmente illegittimo da Corte cost. n. 349/2007); - D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55, comma 1: "nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996, il risarcimento del danno è liquidato in misura pari al valore venale del bene" (comma introdotto dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, lett. e), dopo che la Corte costituzionale, con la citata decisione n. 34912007, presupponendo implicitamente esistente e costituzionalmente legittima la c.d.occupazione acquisitiva, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, che determinava il risarcimento del danno in misura inferiore al valore venale del bene).La prima delle menzionate disposizioni, escludendo la retrocessione (da intendersi nel senso di restituzione, come precisato da Cass. 3 aprile 1990, n. 2712), presuppone evidentemente che alla trasformazione irreversibile dell'area consegua necessariamente l'acquisto della stessa da parte chi ha realizzato le opere. La disposizione, tuttavia, non ba carattere generale, essendo limita ta alla utilizzazione dei suoli per fialità di edilizia residenziale pubblica, agevolata e convenzionata. La disposizione, inoltre, come chiarito da Cass. s.u. 25 novembre 1992, n. 12546, si riferisce ad una fattispecie che non può ricondursi all'istituto dell'occupazione acquisitiva, mancando due caratteri fondamentali di questa e cioè sia l'irreversibile destinazione del suolo privato a parte integrante di un'opera pubblica (bene demaniale o patrimoniale indisponibile) sia l'appartenenza a un soggetto pubblico. Ovviamente, non ci si può nascondere che tale disposizione è stata ritenuta, sinora, il punto di emersione a livello normativo del fenomeno dell'occupazione acquisitiva, del quale il legislatore avrebbe preso atto, estendendone il campo di applicazione. Tuttavia, nel momento in cui deve essere verificata la possibilità di risolvere in via interpretativa il contrasto tra l'istituto dell'occupazione acquisitiva ed i principi dettati dall'art. l, del protocollo addizionale alla Convenzione EDU, non si può non rilevare che la lettera della disposizione (abrogata dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 58, a decorrere dall'entrata in vigore dello stesso D.P.R. e, per questo, ancora applicabile alle espropriazioni la cui dichiarazione di pubblica utilità è anteriore al 30 giugno 2003) si riferisce soltanto alle utilizzazioni per finalità di edilizia residenziale pubblica, agevolata e convenzionata, ipotesi non solo nella specie non ricorrente, ma non rientrante neppure, come si è detto, nell'ambito della figura dell'occupazione acquisitiva elaborata dalla giurisprudenza. Le sopra riportate disposizioni tributarie non disciplinano l'istituto dell'occupazione acquisitiva, ma le conseguenze sul piano fiscale della erogazione del risarcimento. Il che significa che il fisco prende in considerazione soltanto "dall'esterno", come un dato di fatto, le erogazioni derivanti da una occupazione, che solo a fini descrittivi della fattispecie viene qualificata come acquisitiva, senza che le predette disposizioni ne disciplinino gli elementi costitutivi e l'effetto della c.d. accessione invertita. Ne consegue che l'espunzione dell'istituto dall'ordinamento non contrasta con dette disposizioni, che restano applicabili per il solo fatto che, su domanda del danneggiato e con implicita rinunzia al diritto di proprietà, via sia stata l'erogazione del risarcimento. Per quanto concerne il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55, (non occorre invece considerare il D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, in quanto, come si è detto, dichiarato costituzionalmente illegittimo, ma per il quale varrebbe lo stesso ragionamento), si deve osservare che tale disposizione, pur avendo storicamente presupposto una occupazione acquisitiva, non richiede necessariamente un contesto nel quale l'occupazione dia luogo all'acquisizione del terreno alla mano pubblica con esclusione restituzione al proprietario. La norma, infatti, prende in considerazione il risarcimento del danno eventualmente spettante al proprietario in caso di illecita utilizzazione del suo terreno, ma non esclude affatto la possibilità di una restituzione del bene illecitamente utilizzato dall'Amministrazione. In altre parole, la disposizione in esame, sebbene vista in passato come copertura normativa dell'istituto creato dalla giurisprudenza, può e deve essere letta oggi come sganciata dall'occupazione acquisitiva e perciò come se in essa fosse presente l'inciso "ove non abbia luogo la restituzione" e non più, secondo la lettura data in precedenza, come se in essa fosse presente l'inciso "non essendo possibile la restituzione" .In conclusione. alla luce della costante giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo. quando il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato(come nella causa in esame). l'occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte dell'Amministrazione si configurano, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di pubblica utilità. come un illecito di diritto comune, che determina non il trasferimento della proprietà in capo all'Amministrazione. ma la responsabilità di questa per i danni. In particolare, con riguardo alle fattispecie già ricondotte alla figura dell'occupazione acquisitiva, viene meno la configurabilità dell'illecito come illecito istantaneo con effetti permanenti e. conformemente a guanto sinora ritenuto per la c.d. occupazione usuroativa, se ne deve affermare la natura di illecito permanente, che viene a cessare solo per effetto della restituzione, di un accordo transattivo. della compiuta usucapione da parte dell'occupante che lo ha trasformato. ovvero della rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente( come senza dubbio ricorre nel caso in esame vista la domanda come proposta dagli attori nell'atto di citazione). A tale ultimo riguardo, si deve escludere che il proprietario perda il diritto di ottenere il controvalore dell'immobile rimasto nella sua titolarità. Infatti, in alternativa alla restituzione, al proprietario è sempre concessa l'opzione per una tutela risarcitoria, con una implicita rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente trasformato (cfr. e plurimis, in tema di occupazione c.d. usurpativa, Cass. 28 marzo 2001, n. 4451 e Cass. 12 dicembre 2001, n. 15710); tale rinuncia ha carattere abdicativo e non traslativo: da essa, perciò, non consegue, quale effetto automatico, l'acquisto della proprietà del fondo da parte dell'Amministrazione (Cass. 3 maggio 2005, n. 9173;Cass. 18 febbraio 2000 n. 1814). La cessazione dell'illecito può aversi, infine, per effetto di un provvedimento di acquisizione reso dall'Amministrazione, ai sensi dell'art. 42 bis del t.u. di cui al D.P.R. n. 327 del 2001.~ con l'avvertenza che per le occupazioni anteriori al 30 giugno 2003 l'applicabilità dell ' acquish~iooe sanante richiede h .. soluzione positiva della questione, qui non rilevante, sopra indicata.

Alla luce dl tali considerazioni la circostanza che gli attori nell"atto di
c,:H:s;azi o n c ,. u det -t a d e i con venuti,. nulla h u n no e -cceplto e/o d e d o t-to c irca
t •cvcnt-ua.l c rcst-it-uz ionc d e lle parti-celle in oggct-t <> fi n .$ i.$ t CndC) f)Cr l a
d eclarator ia d i avvenuto pas:sa.s;:a,lo di p ropric ta" d c ll"intcr n s u pe.-ficie
occupsa t s. dnl Comune di Pi:alag.ian (t a l patrim o n io delJ"ent c p rcd c tto,puo"
essere d cci.sa in o sscrvan ;r;a dcl prin c ipio d i di.r itto r ec.ent emen te C•-iuncl a t o
dnlls:a S ur) r e nan Corte d i Cassazi o n e C lv ile ,Sczion c U nit;c,con In scn ten:(;.n n . 735
d c l 19-0 1. -201 5 secon do c ui: "Tn .. n n t eri a d l esp ropriazi o n e p e r pubb lic n
utilJtà,. la. n cccssitÀ d i in c:c r p r cturlli:l il d irif"flO i n terno in con f'ormità c o n il
princ ipi o e nuncia to d a lla. C orte c uro p c n dci dir i t ti d e lruomo, secondo c u i
l" cspropri ».~i onc deve sempre avvenire in ••buo n a e d c bi .. _., f"o r.uu.••,. c:omp o rta
c h e t •ntcci t"O spo~~C$StU:n ento del privat:o d a p art e del la p .a.. e l"ir r <..-vcnsi b ile
trasf'o 11•mazi o n c dcl s u.o terreno p e r h• co~t ruzione d i u n 'op era pubblica o o n
dun n o l u ogo,. anch e q u a ndo v i :dn 8tutu d ic bio. r nztone d i pubblica utilità,.
a.ll"acqu.itSto dcn •ur eu d a l >arte d e lJ• A m-.ninis t:razi o n c e d i l privssto h a diritto a.
c h iederne l a r cstit o zionc s nlvo c h e non decid a d i abdicar e al tSU O d iril'h> e
c hiede r e U risarcime n to d c J d n nno - Tn ~ o s tauza,.1• occupa.z ione e In
tnAnipolnz"io n e d e l b ene in11n1ob i l c d i un privut:o c;lu J)tt.rte d e lla. P .A •• a llo r c h é iJ
decr c t:o di e"prO f.>rio n o n sta s r-ar-o c u.:r.csso o s i n 1'-t u t'o u.nnulluto. i n t cg•·a uo
Ill ecit o d i n a.t-u ra p crrnune ut-e c h e d à l uoao a d u n a p rct e8M r·h!usr citoria d a
purte d e l p r ivato avente sempre n d oggetto I d anni p er li perio d o, n c:>o cop e rto
d a ll"evcn t u n.l e occupazion e lcgittiana. durn n tc il quu l e il J'>red c tto h a. s u b ito l u
p erd i t a delle utUitù r icuvnbili d a l b e n.e 8in<> u l cnom c nt-o d e lla r estituzion e.,
ovver o d e U ss dom nnda. di i:·isar c hne n t:c) per e quivat c nt-e che egli può c~pcrir c.
in stltcrnat:-iva, a bdicand o nUu propric t"à d c l b e n.e S;tC.$$C). Ne con segu e c h e l a
prescrizion e q ulnquoennill l c dcl dir itto a l risar c ime n to d c i d anni d ecorre d n lle
s inaol e a nnua litù. q u n n t:o a l danno per In pe.--dit"-n d c l god i m ento, e d a:.Un d stt:.n
d e lht don:u.1 n da, q u a nto a lla re ln teg rn~ionc p er c qutval e .nte .. (rn s C.&95. clv., !iC%. 1, 28 gcnn;:.10 2013 ""· 1804;Jn l$CM$O conf'orme: C.;;1199. e lv. , l!k:z. 11, 14 gcnnolo
2013 n . 705 ; In sonso Cl fl'ro,.mia: Coss. c l v., $C%. un., 6 mA9910 2003 n . GS-53 ;In $Cn~o e11rtorm19:
C.3$;,;. clv., s ez. vn •• n . l.464 cfcl 1983,tn ,;cnso ç11rro,.me: C.ess. clv., l$C:Z. t, 11 giugno 2 004 ,..,
11096) c::d in tal senso cd entro tali limiti vn accolta la domanda de3H anori che
con la richiesta di risareirnento dan.n.i hanno appunto irnplh ::itumente abdicato alla
proprieta• del bene stesso.
: T .... f:. R "I S CJ I .TANZE D ELL A C l "! J I~ I .E P ROVE TESTTM"C>N-I A.l Dulln condivisibile CTU e• emerso che d a lla sovrappo$iZ.ion e del tipo cli
frazionamento con le tuvole nerofotogrammet.riel'\e c::siste.n ti le superfici
destinate u stru.de. di proprict.a• dei Lato.rrtttu (purt. 61 di n'lq 4 . J 90~00),ossi
possono individuarsi sui luoghi con l e uttunli via Guai•di.porzione di via
Goldoni.via Vivaldi~pi az7...tt Oe :Pc.tris.vin Eugenio lVlontalc.
Il CTU ha evidenziate.., che tale S\..lp erficie s i basa unica..rnente s ulle ~uperfiei residue
scaturite catastalment.e dtt-i f"ruzionan'lenti dci lotti venduti e che l e operazioni
tecniche non rispecchiano con precisione la superficie effettiv u ed attualmente
occupata dalle st:rade,. $iC:.:che~ rugionevoln'l.ente egli Hha dovuto necessurin:rncnte
operare con rilievo toposrafico·· dellu. situazione di fatto attua.le .i.ndiv iduu.1:>.do con.
esattcZ2:A strumentale la ~uperficie occupata par-i a circa rneLri quudrnti 4 . 182.00.
Le st:radc o vie _pubb liebe che hanno impegnato l a $uperficie di suolo di proprieta'
Latorrata sono:via Guardi,porzione di via Goldoni, via Vivaldi,piazza De Petris,via
Montale. Tali strade risultano tutte interessate da interventi di opere che hanno determinato reti idriche cittadine e reti fognarie,anche da interventi di opere che hanno determinato l'illuminazione pubblica e da una rete di distribuzione di gas metano.Per quanto concerne l'epoca di realizzazione delle opere pubbliche e/o di pubblica utilita' dalla CTU e' emerso che l'unico progetto per la realizzazione della rete idrico-fognante e' quella dell'Acquedotto Pugliese,approvato dal Consiglio Comunale di P. con delibera n. 49 dell' l l-0'7-1983,tracciato poi modificato dall'Acquedotto ed approvato dal Comune di P.,giusta delibera n. 42 e 25 l del 1989 , attraverso tubazioni idrico-fognarie che dovevano essere interrate nella proprieta' Latorraca. lavori pero' sospesi per il mancato completamento delle opere di esproprio. Nell'anno 1991 risultavano allacciate le fogne di via Vivaldi,n.33,Via Vivaldi,.n.4,via Tintoretto,n.23 e allaccio acqua di via Vivaldi,n.4 e via Goldoni, n. l ,via Tintoretto,n.23,via Vivaldi,n. 33,via Goldoni n. l,nell' anno 1992 le fogna e acqua in via Vivaldi n. 5,in via Goldoni,n.2;nell'anno 1993in via Vivaldi ai n.21,23,14,8,ll,via Goldoni ai n. 6,4,5,8,14;nell'anno 1995 le fogne e acqua in via Goldoni,n.7 e via Tintoretto,n.7; nell'anno 1996 in via Vivaldi n. 12 e 29;nell'anno 1997 in via Vivaldi s.n. e ai n. 13, in via Goldoni,n.7 e in via Tintoretto,n.5. Tutte le altre utenze risultano allacciate dal 1998 in poi. Per quanto poi concerne l'illuminazione pubblica relativa alle nuove strade della "Zona Macello"il progetto risulta approvato con delibera n. 55/91,ma essa non contiene,come suesposto, ne' le dichiarazioni di pubblica utilita' delle opere da eseguirsi ne' tantomeno i termini entro cui realizzare e completare l'opera e completare l'occupazione e l'espropriazione dei suoli. Per quanto conceme,invece,Ja rete di distribuzione del gas metano sembrerebbe che i lavori vennero realizzati negli anni 1995-1996. Il CTU ha anche accertato che la irreversibile trasformazione dei suoli degli attori e' stata determinata dai lavori di costruzione delle strade. lnfatti,a seguito dell'approvazione della delibera consiliare n. 58 del 12-06-1991 che approvava "il progetto di costruzione di nuovi lotte di strade interno al centro abitato ,vennero espletate le procedure di gare per l'affidamento dei lavori e la gara venne aggiudicata dall'impresa D. F. a cui il Comune di P. affido' i lavori il 05-11-1993,lavori consistenti in scavo di sbancamento per l'apertura del corpo stradale,demolizione in cls non armato della condotta gas,demolizione di marciapiedi esistenti,realizzazione di lastrone in e.a. con rete elettrosaldata lungo la condotta gas,messa in quota pozzetti EAAP di varie dimensioni, reinterro di cavi delle condutture di pubblica illuminazione. Tali lavori furono completati alla fine dell'anno 1997,epoca della irreversibile trasformazione dei suoli di proprieta' Latorrata,che ricadono appunto in zona B2 del P.d.F.e il terreno cosi' come occupato ed irreversibilmente trasformato e' rispondente alla p.Ila 61 del fg. 20 del Comune di P.(vedasi al riguardo le dichiarazioni rese dal teste R.P. che ha precisato che il progetto da egli redatto quale collaboratore poteva definirsi "progetto definitivo ma non esecutivo". Il consulente,con motivazione logica e coerente ,ha evidenziato che i terreni predetti oggi sono rappresentati da strade che permettono gli accessi ai vari interventi edilizi esistenti e che la situazione oggettiva della particella Latorrata e' rappresentata da residue aree u.rbane non piu' edificabili in quanto,appunto,trasformate irreversibilmente dal Comune in strade pubbliche che hanno percio' fatto perdere ai suoli la prerogativa fondamentale dell'edificabilita' facendo,pero',di contro assumere attitudini idonee a far aumentare i valori degli insediamenti confinanti,avendo percio' il predetto su tale base proceduto a determinare il valore venale delle superfici oggetto di causa. Alla luce di tali risultanze,non e' fondata e va respinto l'assunto dei convenuti D. e S. che sostengono rispettivamente di avere proceduto alla "sola bitumazione delle esistenti sedi stradali", non avendo percio' realizzato una "irreversibile trasformazione dei suoli"limitandosi,percio' ad una "sistemazione di strade gia' da tempo esistenti". Del resto, tale conclusione trova conferma ,oltre che nella documentazione fotografica allegata dagli attori (doc.9),anche dalle dichiarazioni rese dai testi escussi i quali hanno confermato che prima dell'inizio dei lavori di costruzione delle strade queste si presentavano come "terre battute" ,trattandosi di aree che separavano le costruzioni sulle quali si passava per accedere alle abitazioni anche con mezzi meccanici (teste Mastrangelo Giovanni),specificando,il teste che prima dei lavori la Piazza della Zona Macello non esisteva in quanto era terra sterrata ove si poteva passare. Ha aggiunto poi il teste Latorrata Sandro che il Comune aveva poi sbancato il terreno,ponendovi del pietrisco,marciapiedi ed altro,provvedendo poi alla bitumazione delle strade. In tal senso anche le dichiarazioni rese dai testi: Luisi Rocco che ha dichiarato che prima della redazione del progetto,che era di sistemazione delle strade in terra battuta e anche della piazza, le strade esistenti in terra battuta erano state misurate in lunghezza e larghezza ,prevedendo il progetto lo scorticamento del terreno ,con posa in opera di stabilizzato e strato di binder oltre la creazione di marciapiedi e cordolo; Rizzi Pasquale che ha precisato che nell'anno 1987-1988 era stato incaricato di rilevare lo stato dei luoghi della Zona Macello e predisporre gli elaborati grafici r per la progettazione della nuova viabilita' della zona stessa e che non vi era nessuna opera che potesse fare pensare a vere e proprie strade. Ha anche riferito il teste che le strade si presentavano come terreno sterrato,che in alcuni punti le strade avevano una larghezza di molto inferiore a quella attuale , che non vi era nessuna opera che potesse far pensare a vere e proprie strade,che non vi era la pubblica illuminazione, che il progetto doveva poi prevedere lo sbancamento e che le aree da lui rilevate erano in buona parte ,circa I' 80% libere ,ossia non recintate,trasibili dai pedoni."; Il teste De Leonardis Vincenzo ha riferito che i suoli degli attori ,prima della trasformazione a strada, si presentavano quali veri e propri suoli agricoli con piante di agrumi ed olive che sono stati tutti poi trasforrnati,specificando anche che la Zona Macello era piu' ampia di quella di quella di proprieta' degli attori e che, una parte di tale zona era gia' asfaltata e comunque urbanizzata negli anni '70,mentre quella degli attori non era asfaltata ed era interessata da coltivazioni di agrumi ed olive. Il teste Cetera Mario ha anche dichiarato che le strade di cui al presente giudizio erano gia' tracciate prima dei lavori all'impresa D. e che il tracciato si individua in conseguenza della realizzazioni di abitazioni e le strade si presentavano a sfondo naturale,cioe' non asfaltate. Il teste Pasquale Riso sentito all'udienza del 25-11-04 ha dichiarato che i lavori furono ripresi circa 8-9 anni prima del 2004 e prima di allora le strade erano battute e i terreni sferrati e che la pubblica illuminazione era assicurata solo sull'attuale via Tiepolo(in tal senso anche le dichiarazioni rese dal teste Pietro Il teste Putignano Pasquale ha riferito che le strade nella zona Macello sono state realizzate nel 2001 e non nel 1993,sia per quanto riguarda la tracciatura che per la bi turnazione. Del resto anche nella relazione prodotta dalla stessa parte convenuta(Ditta D.) si evince chiaramente che i lavori "consisteranno nello sbancamento generale che servira' per l'apertura del corpo stradale ... con successiva messa in opera di stabilizzato di idonea pezzatura" .... essendo anche prevista la costruzione di marciapiedi ,costituiti da mattoni in pietrini di cemento e cordoli in cls,dato questo che porta certo ad escludere che i lavori posti in essere dalla ditta suindicata fossero solo quelli di "semplice biturnazione".

TERMINI INIZIALI E FINALI DELL'OCCUPAZIONE
Per quanto poi concerne i termini iniziale e finali dell'occupazione dei lavori essi possono rispettivamente collocarsi temporalmente,in mancanza di specifica contestazione delle controparti, nel 05-l l-1993(termine iniziale) data in cui il Comune di P. ha consegnato l'opera all'impresa D. e nell'anno l 997(termine finale), visto(in mancanza di certificato di ultimazione dei lavori), la delibera della G.M. 436/96 del 09-10-1996 di approvazione della variante ,il verbale di ripresa dei lavori del 12-06-1997 (all.28 a ,fascicolo attori)in cui si da' atto che il lavoro deve compiersi in n. 6 mesi .. percio' terminanti il 17-09-1997. Si puo' percio' ritenere,in mancanza di valida prova contraria, che i lavori terminarono verso la fine dell 'anno 1997 (31-12-1997) Del resto, il solo sbancamento e\o la generica trasformazione fisica del terreno non vale di per se' a determinare la irreversibile trasformazione del bene, quanto, piuttosto, che l'opera sia realizzata, quantomeno nei suoi elementi essenziali, oggettivi della nascita dell'opera che, non necessariamente, coincide con la ultimazione dei lavori. (Consiglio di Stato Sez.IV n. 6243\08 e conf.).

SUL QUANTUM DEBEATUR

Il CTU ha precisato che i terreni occupati e rispondenti alla pan. Ila 61,che avevano vocazione edificatoria,perche' ricadenti in zona B2 Ovest, oggi non sono piu' edificabili essendo state trasformate irreversibilmente dal Comune di P. in strade pubbliche che permettono gli accessi ai vari interventi edilizi esistenti ,facendo perdere a detti suoli la loro prerogativa fondamentale.ossia l'edificabilita' ma facendo di contro pero' assumere attitudini a fare aumentare i valori degli insediamenti edilizi confinanti. Sicche' ,per quanto concerne il metodo di stima utilizzato il Consulente ha confrontato il bene da stimare con altri beni uguali,simili o analoghi,dei quali siano noti o accertabili prezzi di mercato,facendo,ragionevolmente,riferimento,al valore di mercato dei lbeni che e' l'aspetto economico fondamentale degli stessi.Per determinarne il valore di mercato il predetto ha individuato i beni ritenuti analoghi per caratteristiche intrinseche ai beni da stimare, ha accertato i relativi prezzi di mercato effettivamente realizzati nella zona in cui sorgono i beni da stimare,ha formato con essi una scala di prezzi.ha inserito detti beni su un gradino della scala,utilizzando percio' un metodo "sintetico" o di "comparazione" con terreni simili ,secondo il prezzo di mercato per unita' di superficie ,corrente al momento della irreversibile trasformazione anno 1997",considerando tutte quelle condizioni che possono far aumentare o diminuire il valore dei beni in condizione di ordinarieta' ed effettuando opportune indagini presso gli Uffici finanziari,presso la sezione estimativa dell'Ufficio Tecnico Erariale. A a seguito della trasformazione irreversibile del suolo di proprietà dell'istante per una estensione complessiva di mq.4.182,00, non preceduta da valida dichiarazione di pubblica utilità, integrante perciò la fattispecie della cd. OCC\lpazione usurpativa e della successiva rinuncia degli attori alla restituzione del bene,implicita nella proposizione della domanda di risarcimento pari al valore di mercato delle aree,deve essere liquidato il pregiudizio per la perdita del diritto dominicale. Ai fini del calcolo dell'indennità di esproprio prescritto dall'allora vigente art.5bis del D.L. 11-7-1992 n.333 conv. in l.259-1992), si deve considerare la zona di piano B2 su cui insistono i suoli in oggetto (vedi delibere del Consiglio Comunale di approvazione del progetto di realizzazione di nuovi lotti di strade e per la realizzazione dei lavori di pubblica illuminazione) e nel calcolo del risarcimento danni derivante dall'occupazione senza titolo di tali suoli( che ha natura di debito di valore, vedi Cass.4-2-201 On. 2602). Per quanto concerne le contestazioni sollevate dal Comune di P. relativamente al quantum debeatur si osserva che il CTU ha motivato, adeguatamente e ragionevolmente, che nello stabilire i prezzi oggetto della presente stima ha anche tenuto conto "degli elementi differenziali che stanno nell' ubicazione,nella forma 2eometrica,nella superficie ed in tutti i fattori positivi e negativi che possono incidere sulla variabilita' del prezzo,considerando "i terreni in condizione di ordinarieta' "e determinandone " il piu' probabile valore di mercato la cui misura e' risultata corrispondente alla sua utilita "'. Del resto lo stesso CTP del Comune ha stimato per l'anno 2009,secondo semestre,il valore al singolo metro quadro onnicomprensivo dell'intera abitazione definendola "economica" in euro 5001650 di poco inferiore a quella stimata dal CTU pari ad euro 700/1000 per abitazioni civili definite " normali",con una differenza di circa 200/400 mq.,di qui il maggior valore riscontrato dal CTU per i suoli degli attori di circa 51,64 mq rispetto al minor valore attribuito dal CTP di circa euro 45,25.,quantificandolo quest'ultimo,correttamente,in mancanza di prova documentai~ attestante l'appartenenza dei suoli predetta ad "edilizia economica" m euro 215.982,28.Su tale somma il CTU ha poi calcolato la rivalutazione e gli interessi dovuti per il periodo dal 1997 al 2009 ,quantificati rispettivamente in euro 58.000,00 per rivalutazione ed euro 74.360,04per interessi per un totale di euro 312.342,32 sino all'anno 2009. Tale somma deve essere poi rivaluta secondo gli indici ISTAT dalla data del 24-09-09, data del deposito della CTU, sino alla data della pubblicazione della presente decisione e devono essere compresi anche, gli ulteriori interessi compensativi, calcolati, non già sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata, bensì, anno per anno, sul valore della somma originariamente dovuta e via via rivalutata (in base agli indici Istat) dal 24-09- 09( data di deposito della CTU) e ,successivamente, sugli importi di anno in anno rivalutati secondo indici Istat,e sino al saldo effettivo. A tale riguardo si osserva che spettano al danneggiato gli interessi legali compensativi, giacchè l'equivalente pecuniario soddisfa il credito per il bene perduto, ma non anche le utilità che il controvalore pecuniario avrebbe potuto offrire se fosse stato immediatamente erogato. Tale danno da ritardo si identifica nei frutti della somma di danaro equivalente al valore del bene al momento del fatto, dovuti con decorrenza dalla data dell'illecito, cui risale la costituzione in mora ex art.1219-2°co. n.l e.civ .. La S.C. ha infatti confennato (cfr.Cass. 1-7-2002 n.9517; 15-1-2001 n.492) la legittimità del cumulo, nei debiti di valore, tra rivalutazione della somma ed interessi, precisando peraltro che questi ultimi vanno calcolati, non già sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata (cfr. Cass. s.u. 1712-1995), bensì, anno per anno, sul valore della somma originariamente dovuta,e via via rivalutata (in base agli indici Istat) nell'arco di tempo compreso tra l'evento dannoso e la liquidazione(cfr. Cass.civile 2014, n. 8965;Cass30-3-2007 n.7981).Non risultano dimostrate e percio' vanno rigettate le ulteriori voci di danno (compresi gli asseriti tributi versati dagli attori a titolo di ICI e per altri tributi diretti e indiretti) richiesti dagli attori in citazione anche in considerazione delle ragioni sopra indicate.

SULLA DESTINAZIONE URBANISTICA- LOTTIZZAZIONE ABUSIVA

Alla luce di tali risultanze ben si puo' affermare che i suoli degli attori avessero ed hanno tuttora vocazione edificatoria(vedi (Doc. 10-11-43 e 43.a e Doc. 47
fase. attori, essendo essi inseriti nel Programma di fabbricazione del Comune di P. - Zona B- Sottozona B.2, destinati ad Edilizia Residenziale Privata, come risulta dal certificato di destinazione urbanistico rilasciato dal Comune di P. ( Doc. li-fase. attrice) e dalle allegate Nonne Tecniche di Attuazione della zona B.2 (Doc. 10-fasce -CTU,pag.3) .
I suoli degli attori erano stati interessati da un particolare strumento urbanistico, poi caduto in desuetudine, e, precisamente, dal "Piano Quadro Zona B.2 Ovest"
(Doc. 43 e 43.a-fasc attrice),Piano regolarmente adottato dal Comune di P. negli anni 70 ed approvato dalla Regione Puglia(vedi nota Regione
Puglia del 30.9.1985, prot. 16603, assunta al protocollo del Comune di P. il 04.10.1985, al n. 18848 ( Doc. 43-prod. attrice) che, testualmente attesta che
" .. l'iter approvativo dello studio di che trattasi (ergo piano quadro) risulta concluso anche da parte del Comune , per cui non e' necessario nessun
provvedimento regionale relativo alla stesso, al quale puo' darsi pratica attuazione"). In particolare si evidenzia la nota del Comune di P. prot.
4813\11, depositata dal convenuto S. alla udienza del 24.11.2011,in cui si legge testualmente "che l'area di che trattasi ricade in zona B2 Ovest del vigente
Programma di Fabbricazione". In ordine,invece, all'asserita ed eccepita "lottizzazione abusiva" rileva il giudice che essa oltre a non risulta provata non rileva ai fini della odierna decisione. Infatti,nell'atto notarile del 23.2.1980 si legge testualmente,all'art2 che : "Dette wne i venditori dichiarano di essere comprese, in base al vigente P.d.F., in area facente parte del Piano Quadro della Zona B.2 ovest .... detto piano quadro e' in corso di approvazione da parte del competente Ente Regionale", nell'allegato atto di frazionamento" si richiama il suindicato Piano Quadro B.2 ed esso risulta "vistato per approvazione" dal Sindaco del Comune di P. ed approvato dall'ex Catasto. Dirimente, al riguardo e' anche la nota prot. 2940 del!' 11.3.2003 del Comune di P. ,depositata dagli attori alla udienza del 23.12.2010 in cui si attesta che i suoli degli attori non sono mai stati ne' oggetto di lottizzazione abusiva, ne ' destinatari di provvedimenti di acquisizione per il reato di lottizzazione abusiva. circostanza questa che contrasta con le avverse pretese. Decisiva a tale proposito e'la circostanza e' che al fine di parlare di lottizzazione abusiva di tipo negoziale occorreva l'acquisizione al patrimonio comunale delle aree interessate da tale illecita operazione che doveva passare,necessariamente,attraverso un provvedimento sindacale (art.18 commi 7 e 8 L47/l 985) o una confisca disposta dall'A.G.,all'esito di un procedimento penale, dei quali non vi e ' alcuna traccia in atti.
Peraltro,come fondatamente hanno eccepito gli attori, la nota comunale, prot. 4813 del 28.03.2011, depositata da Stellaccio alla udienza del 24.11.2011, non e' assolutamente idonea a corroborare l'avvero assunto (testualmente "nella zona non esiste Piano di lottizzazione")non escludendosi percio' ne' la vocazione edificatoria dei suoli degli attori da P.d.F., ne' il loro inserimento nel Piano Quadro B.2 Ovest ,reiterandosi in essa che "l'area ... ricade in zona B.2 Ovest del P.d.F."., come testualmente in essa riportato.

L'ECCEZIONE DI PRESCRIZIONE
Non ha pregio e va rigettata l'eccezione di prescrizione quinquennale come sollevata dalla ditta Ditta D. che si e' costituito all'udienza del 12-05- 1999. A tale riguardo la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione Civile ha statuito che in tema di espropriazione per pubblica utilità, qualora la P.A. proceda all'occupazione delle aree e le trasformi irreversibilmente con l'esecuzione di opere, in mancanza di dichiarazione di pubblica utilità (c.d. occupazione usurpativa),come ricorre nella controversia in esame) , la carenza del potere espropriativo determina l'illegittimità ab origine dell'occupazione e l'illiceità permanente dell'opera pubblica, che impedisce la decorrenza del termine prescrizionale in relazione all'eventuale azione di risarcimento del danno da parte
del proprietario del fondo occupato(Cassazione civile, sez. I, 27/0512010, n. 13023; In senso contrario si era espressa Cass. 6 maggio 2003 n. 6853).

Altre decisioni( come summenzionato) si sono preoccupate di fissare il dies a quo del termine di prescrizione nel momento dell'emersione certa a livello legislativo
dell'istituto e cioè a partire dalla legge n. 458/1988, ritenendo in tal modo soddisfatto il necessario ossequio al principio di legalità affermato in materia dalla
Corte EDU (Cass. 28 luglio 2008, n. 20543; Cass. 5 ottobre 21203; Cass. 22 aprile 2010, n. 9620;Cass. 26 maggio 2010, n. 12863; Cass. 26 marzo 2013, n. 7583;
Cass. 18 settembre 2013, n. 21333). Del resto,condividendo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità',ben si puo' affermare che,anche alla luce della
costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha disapprovato l'istituto della cd. accessione invertita, nonché dell'art. 42 bis d.P.R. 8
giugno 2001 n. 327 (che ha introdotto un procedimento espropriativo semplificato), in tutti i casi in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia mancante o carente dei
termini o sia annullata o il decreto di esproprio non sia emesso o sia annullato, l'occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte
dell'Amministrazione si configurano come un illecito di diritto comune, ovvero come comportamento "mero", insuscettibile di determinare il trasferimento della
proprietà in suo favore; Cassazione civile, sez. I, 28/01/2013, n. 1804; Cassazione civile 19 gennaio 2015 n 735 sez. un. Cassazione civile 19 marzo 2014 n. 6301 sez. I). Nello stesso orientamento conservativo dell'istituto si registrano le ulteriori decisioni che hanno attribuito rilievo, ai fini dell'interruzione della prescrizione del diritto al risarcimento del danno, all'offerta Cfl,ll dèposito dell'indennità di espropriazione (Cass. 16 gennaio 2013, n. 923) ovvero alla richiesta di versamento del prezzo di una progettata cessione volontaria del fondo e alla richiesta dell'indennità di occupazione (Cass. 14 febbraio 2008, n. 3700).Infine, sempre nell'ambito dell'orientamento conservativo, il problema della tutela del privato, rispetto alla incertezza del dies a quo di un termine di prescrizione collegato all'irreversibile trasformazione, è stato definitivamente superato affermando sia che detto termine inizia a decorrere dal momento in cui il trasferimento della proprietà venga o possa essere percepito dal proprietario come danno ingiusto ed irreversibile sia che la relativa prova incombe sull'Amministrazione. (Cass. 17 aprile 2014, n. 8965).lnfatti, l'evento dannoso, al cui verificarsi il privato non ha contribuito, è imputabile esclusivamente al comportamento illecito dell'amministrazione (art. 1227 e.e., comma I); nè potrebbe imputarsi al privato di avere tenuto un comportamento contrario a buona fede, non essendosi attivato per ridurre le conseguenze dannose dell'illecito (art. cit., comma 2),essendosi egli limitato ad optare per il rimedio del risarcimento del danno anziché per la restituzione del bene. D'altra parte, la Corte Europea ba stigmatizzato tutte le possibili fattispecie di "espropriazione indiretta" - da quella di mero fatto a quella consentita da una norma di legge - anzitutto per prevenire ingerenze illegittime nei beni altrui, essendo consentito alla p.a.di immettersi nella proprietà privata soltanto se e dopo che abbia già conseguito un legittimo titolo che autorizzi l'ingerenza e, quindi, nel caso in cui ciò non sia avvenuto, per eliminare gli ostacoli giuridici che impediscono la restituzione del bene al proprietario. E' questo il rimedio risarcitorio (conseguente alla perdurante ed irreversibile lesione del diritto dominicale) che è attribuito al privato sia dalla giurisprudenza della CEDU ,sia dalla giurisprudenza della Suprema Corte relativa agli effetti dell'occupazione espropriativa,restando perciò' precluso alla p.a., che ha provocato l'illecita apprensione/trasformazione dell'immobile(in base al principio ripetutamente enunciato dai giudici di Strasburgo e da essi ritenuto insuperabile), che alla stessa possa essere consentito (né direttamente né indirettamente) trarre vantaggio da propri comportamenti illeciti e, più in generale, da una situazione di illegalità dalla medesima amministrazione determinata.
Nella causa in esame ,a tutto voler concedere, pure volendo individuare nel 05- 11-1993,data di consegna dei lavori alla Ditta D. ,il momento in cui i
L. avrebbero potuto percepire il trasferimento della loro propriet:a' come danno ingiusto,tuttavia essi gia' con l'atto formale di diffida e messa in mora del 27-04-1998,pervenuto al Comune di P. il 20-05-1998,hanno validamente interrotto tale termine.

ECCEZIONE DI USUCAPIONE
Non ha pregio e va rigettata l'eccezione di usucapione come formulata dai terzi chiamati Ditta D. e Avv. S., che hanno entrambi eccepito la prescrizione del diritto degli attori per intervenuto acquisto per usucapione , da parte del Comune di P., sui suoli trasformati a strada. A tale proposito si rileva che tale eccezione e':
inammissibile non essendo stata sollevata dal Comune di P. legittimato, bensì dai terzi intervenuti ,difettando la legittimazione attiva dei predetti , posto che usucapione, al pari della prescrizione estintiva, puo' essere invocata soltanto da colui in favore del quale si e' verificata e dai suoi danti causa, oltre che, per il combinato disposto degli art. I 165, 2939cc, dai creditori e da coloro che vi abbiano interesse, in quanto legati a colui per il quale l'acquisto si sarebbe verificato,da un rapporto per cui l'usucapione avvenuta inciderebbe sull'esistenza o estensione di un loro diritto o obbligo nei confronti del medesimo. Sicche', in difetto
di tale rapporto, deve escludersi che il terzo semplice possessore della cosa, convenuto in giudizio di rivendicazione o divisione, possa opporre l'usucapione del diritto dell'attore,rientrando nei poteri di disposizione di questi l'avvalersi o meno dell'usucapione medesima (vedi Cass. l 955,n.3269);
l' eccezione e' infondata in quanto non provata, atteso che all'epoca dei fatti (1993- immissione in possesso e 1997- epoca della irreversibile trasformazione), non era decorso il termine ventennale per l'acquisto per usucapione dei suoli per cui e' causa. Del resto non risulta provato in alcun modo che il Comune abbia
posseduto da oltre un ventennio dette aree se si considera che lo stesso CTU, come summenzionato, parla di progetti in merito alla rete idrico fognante approvati nel 1983, modificati nel 1989,poi sospesi per mancato completamento delle pratiche di esproprio, ne' tantomeno i testi escussi, suindicati hanno riferito circostanze corrobanti tale assunto, gli stessi terzi chiamati hanno assunto che le " strade si sono formate spontaneamente intorno agli anni 1980", si consideri che la presente causa e' stata instaurata nel 1998 dalle parti (l'atto di citazione risulta notificato dagli attori al Comune nel dicembre 1998,data in non era ancora decorso il termine ventennale necessario all'acquisto per usucapione del diritto di proprietà' dei suoli in questione)

ECCEZIONE DI DICATIO AD PATRIAM
Trattasi di eccezione di merito inammissibile perchè tardivamente proposta dal convenuto S. nella sola comparsa conclusionale depositata l '08-01-15,peraltro la stessa e' altresi' inammissibile per difetto di legittimazione passiva del convenuto(l'eccezione e' stata sollevata dall'ex Sindaco S. e non dal Comune convenuto asserito titolare di tale diritto)considerato che nelle servitù di pubblico transito su una strada privata del territorio comunale, la titolarità del diritto spetta al Comune e non ai singoli utenti della strada (Cassazione civile, sez. II, 03/08/2007, n. 17037), posto che lo stesso Comune ha posto in essere una condotta incompatibile con la titolarita' di tale di.ritto(vedi verbale di sospensione dei lavori del 07-12-1993 e lettere invito del 02-12-1993 e 4-12-1993,in atti nel
fascicolo degli attori), chiedendo ai L. la cessione gratuita delle aree in questione.

Considerata la complessita' delle questioni giuridiche trattate,i contrasti giurisprudenziali e la particolarità delle posizioni rivestite nella vicenda tra S.V., l'impresa D. ed il Comune di C., ricorrono giusti motivi per compensare integralmente le spese processuali tra le parti predette.

Per il resto le rimanenti parti le spese processuali seguono la soccombenza e, tenuto conto del valore della causa e dell'attività svolta si condanna il Comune di C. a rimborsare le spese processuali agli attori liquidate come da dispositivo che segue

PQM

Il Tribunale definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da L.C., M.L., M.L. nella loro qualita' di eredi di L.N., nonche' M.M., L.A. ,L.R. e L. S. nella qualita' di eredi di L.S. nei confronti del Comune di C. nonche' sulla domanda di manleva come proposta dal Comune di C. nei confronti di V.S. e dell'impresa D.F. , così provvede: accoglie, per quanto di ragione, la domanda proposta dagli attori e ,per l'effetto, considerato abdicato il loro diritto di proprieta' sui beni immobili ricadenti in Zona B2 del PDF, in catasto ,per le causali di cui in motivazione, condanna il Comune di C., in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dei predetti della somma di euro : 215.982,28,oltre rivalutazione e interessi dovuti per il periodo dal 1997 al 2009 ,quantificati rispettivamente in euro 58.000,00 per rivalutazione ed euro 74.360,04per interessi per un totale di euro 312.342,32 sino all'anno 2009, oltre rivalutazione monetaria secondo indici Istat ed interessi compensativi come meglio specificati nella parte motiva;
rigetta la domanda di condanna in garanzia e/o di manleva come proposta nella sua comparsa di costituzione dal Comune di C. nei confronti di V.S. e dell'impresa D.F. come meglio specificato nella parte motiva;
compensa integralmente le spese processuali tra il Comune di C., S.V. e l'impresa D. V.;
condanna il Comune di C. al pagamento in favore degli attori delle spese del giudizio liquidate in complessivi € 13.430,00 per compensi professionali ed€ 1563,00 per esborsi( comprensivi della liquidata CTU), oltre accessori come per legge


 

Collabora con DirittoItaliano.com

Vuoi pubblicare i tuoi articoli su DirittoItaliano?

Condividi i tuoi articoli, entra a far parte della nostra redazione.

Copyright © 2020 DirittoItaliano.com, Tutti i diritti riservati.