REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
sezione specializzata in materia di impresa
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Vincenzo Perozziello Presidente Relatore
dott. Marianna Galioto Giudice
dott. Angelo Mambriani Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 71154/2009 promossa da:
B. SPA, con il patrocinio dell’avv. GILIBERTI ENRICO e dell’avv. VILLATA STEFANO ALBERTO, elettivamente domiciliato in VIA VISCONTI DI MODRONE, 21 20122 MILANO presso il difensore avv. GILIBERTI ENRICO
ATTORE/I
contro
V. M., con il patrocinio dell’avv. MAZZOLETTI VALERIA e dell’avv. , elettivamente domiciliato in PIAZZA BORROMEO, 8 20123 MILANO presso il difensore avv. MAZZOLETTI VALERIA
A. D. Z., con il patrocinio dell’avv. MAZZOLETTI VALERIA e dell’avv. , elettivamente domiciliato in PIAZZA BORROMEO, 8 20123 MILANO presso il difensore avv. MAZZOLETTI VALERIA
M. M., con il patrocinio dell’avv. MAZZOLETTI VALERIA e dell’avv. , elettivamente domiciliato in PIAZZA BORROMEO, 8 20123 MILANOpresso il difensore avv. MAZZOLETTI VALERIA
CONVENUTO/I
IN. A. SGR SPA rappresentato e difeso dall’avv. OLIVARES GIOVANNI PAOLO MARIA e dell’avv. elettivamente domiciliato in VIA VISCONTI DI MONDRONE, 21 20121 MILANO presso il difensore avv. OLIVARES GIOVANNI PAOLO MARIA
TERZO CHIAMATO

CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.

Motivazione

Con l’atto introduttivo del presente giudizio la società attrice propone azione di responsabilità contro i cessati amministratori M. M., V. M.e A. D. Z. (cd Manager B) in relazione ad una molteplicità di condotte di asserita mala gestio in tesi poste in essere dagli stessi in un prolungato arco di tempo negli anni 2003-2008, fino alle dimissioni successivamente rassegnate in data 13.2.09 in concomitanza con l’emergere dei fatti in contestazione a seguito di ricorso ex art 2409 cc proposto dal socio di minoranza C. - con una richiesta risarcitoria per oltre 10 mln di euro.
La vicenda riguarda un ente societario (B. spa) che originariamente vedeva proprio gli attuali convenuti come soci di riferimento (attraverso diverse S.A. lussemburghesi) e membri del CdA investititi di tutte le deleghe operative; nel 2005, all’esito di una complessa trattativa, l’intero capitale della società veniva trasferito ad una newco prontamente ridenominata BLU HOLDING spa e subito dopo fusa in B., con una rinnovata compagine societaria che vedeva una partecipazione di maggioranza al capitale sociale (62% dell’intero) della “SGR IN. AS. Spa - fondo di investimento INVESTITORI ASSOCIATI IV” e il restante 38% ancora controllato dai precedenti soci di riferimento attraverso n. 3 distinte società lussemburghesi; nell’estate 2007 tutti gli azionisti di B. conferivano le proprie rispettive azioni in un nuova BLU HOLDING spa, acquisendo nel contempo la posizione di soci pro quota della nuova società; nel medesimo arco di tempo la nuova BLU HOLDING acquisiva anche il controllo della CISALPINA TOUR (già concorrente di B.) e il socio di riferimento della stessa F. C. investiva parte del ricavato della vendita nella acquisizione del 10% della società acquirente, che a questo punto vedeva come propri azionisti innanzitutto la già menzionata IN. AS. (con una partecipazione pari al 55,80%), poi le tre società lussemburghesi facenti rispettivamente capo agli odierni convenuti con una partecipazione pari all’11,40% per ciascuno, poi il menzionato F. C. per il residuo 10%. Nell’ambito degli accordi intercorsi tra i soci sia B. che CISALPINA rimanevano affidate alla gestione dei precedenti amministratori-soci di riferimento (gli odierni convenuti per B., C. per CISALPINA). In tale contesto proprio il socio C. (anche membro del CdA B.) adiva il Tribunale con ricorso ex art 2409 cc nell’ottobre 2008, denunciando (asserite) gravi irregolarità degli odierni convenuti con procedimento poi concluso con dichiarazione di non doversi procedere a fronte del completo rinnovo del CdA di BLU HOLDING e delle dimissioni degli odierni convenuti dalle rispettive cariche societarie.
Proprio a seguito di tali vicende l’assemblea di B. spa, all’esito di indagini affidate a DELOITTE, ha deliberato l’esercizio della presente azione di responsabilità, contestando in particolare ai cessati amministratori di avere in maniera del tutto irragionevole addossato alla società rilevanti impegni di spesa a condizioni assolutamente sfavorevoli, agendo anzi nella maggior parte dei casi denunciati in posizione di occulto conflitto di interessi, attraverso la stipula ed esecuzione di una pluralità di accordi negoziali in materia di:
a) arredamento delle agenzie;
b) forniture informatiche;
c) cd “buonentrate” corrisposte per la stipula dei contratti di locazione delle agenzie;;
d) rapporti di locazione con IMMOBILIARE 2000 e IMMOBILIARE MARENGO (ivi compresa la cessione di contratti di leasing immobiliare a IMMOBILIARE 2000;
e) rapporti di associazione in partecipazione con n 8 agenzie riferibili a tale S.;
f) spese promozionali;
g) contratti cd “vuoto per pieno”.

I tre convenuti si sono ritualmente costituiti in giudizio, respingendo nel merito le avverse contestazioni.
In via preliminare i convenuti hanno lamentato l’inadempimento all’impegno assunto dagli acquirenti nel 2005, in occasione della cessione delle azioni, a non deliberare azioni di responsabilità nei confronti dei cd Manager B (impegno sottoscritto prima da IN. AS., poi dalla stessa newco BLU HOLDING) innanzitutto in termini di exceptio doli/abuso del diritto (direttamente nei confronti della odierna attrice, a fronte di sopravvenuta fusione con la società/veicolo acquirente); sotto diverso profilo hanno proposto domanda subordinata di risarcimento danni contro IN. AS. a titolo di responsabilità extracontrattuale per induzione all’inadempimento della controllata B. (nella specie i convenuti hanno d’altro canto precisato di non avere invece inteso proporre in questa sede anche distinta azione di responsabilità contrattuale nei confronti di IN. perché il patto parasociale prevedeva espressa clausola compromissoria).
I convenuti hanno pure proposto distinta domanda di risarcimento danni di immagine nei confronti sia di B. che di IN.

Si è a sua volta costituita ritualmente in giudizio IN. AS. SGR spa, eccependo innanzitutto un proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alla domanda proposta dai convenuti per essere la stessa SGR intervenuta nella vicenda contrattuale non già “in proprio” (così come, in tesi, evocata in giudizio) ma piuttosto in rappresentanza del fondo INVESTITORI ASSOCIATI IV quale autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi, deducendo quindi che la domanda di controparte avrebbe potuto essere legittimamente rivolta nei propri confronti solo in qualità di società rappresentante del fondo, secondo titolo tuttavia asseritamente estraneo alla propettazione di controparte.
Sotto diverso profilo sia la società attrice che la terza chiamata hanno eccepito in ogni caso la nullità dell’impegno a non deliberare l’azione di responsabilità invocato dai convenuti come contrario a norme imperative (divieto di voto in conflitto di interesse) o comunque negozio in frode alla legge (come volto ad aggirare, a seguito di successiva ma già programmata fusione tra la newco acquirente e B., l’esclusiva ed autonoma competenza assembleare in materia).
La terza chiamata ha rigettato in ogni caso nel merito la contestazione di “induzione all’inadempimento” invocando l’esclusiva responsabilità di B. nella assunzione della delibera de quo.

°) Le eccezioni preliminari.
i) Difetto di legittimazione passiva di IN. AS. SGR.

In piena adesione alle convincenti argomentazioni di cui Cass 16605/10, il Collegio ritiene di dover senzaltro escludere la pretesa della terza chiamata di invocare la configurabilità di una distinta soggettività giuridica tra SGR e fondo “rappresentato” (da intendersi dunque quest’ultimo come mero “patrimonio separato” della SGR) e dunque il fondamento stesso della eccezione in parola.
Sotto il diverso profilo di una corretta interpretazione del contenuto dell’atto e in particolare della identificazione del patrimonio su cui la domanda oggetto della chiamata pretende di incidere, va rilevato che la denunciata omissione di una espressa menzione del “fondo INVESTITORI ASSOCIATI IV” riguarda in realtà la sola intestazione formale della chiamata e non invece l’atto nel suo complesso, in realtà assolutamente inequivoco nel puntuale riferimento ad una attività svolta nella gestione di tale fondo.
Pare appena il caso di sottolineare infine che, dati i menzionati rilievi, ritenuta corretta l’individuazione nella costituita SGR del soggetto legittimato passivo della chiamata, proprio l’intervenuta costituzione in giudizio della stessa rende evidentemente improponibile qualunque diversa questione in tema di formale regolarità della notifica effettuata.

ii) Inadempimento all’impegno a non deliberare l’azione di responsabilità.
Si discute di impegno assunto originariamente da IN. AS. in sede di stipula del contratto preliminare di compravendita 10.8.05, subito dopo puntualmente fatto proprio (in stretta conformità alle previsioni del menzionato preliminare) dalla newco BLU HOLDING spa formale acquirente, poi fusa con la odierna attrice. Nella specie (come già sopra anticipato) i convenuti rivendicano la piena legittimità ed efficacia del patto sottoscritto non solo in termini risarcitori nei confronti di IN. AS. (in questo caso, a fronte di clausola compromissoria prevista nell'accordo, a solo titolo di responsabilità extracontrattuale per induzione all’inadempimento della controllata B.) ma anche nei confronti della odierna attrice titolare del diritto risarcitorio, in termini di exceptio doli (lamentata abusività dell'esercizio dell'azione di responsabilità a fronte di contrario obbligo assunto in proprio a seguito della sopravvenuta fusione con la newco cofirmataria dell'originario impegno).

Posti tali riferimenti, pare evidente innanzitutto che le eccezioni e domande proposte al riguardo possono in realtà riguardare soltanto le vicende precedenti il trasferimento delle quote nel 2005 e non certamente le condotte gestorie successive a tale data. Anche per questa parte (in realtà assolutamente preponderante nella complessiva economia del presente giudizio) sia l’attrice che la terza chiamata rivendicano l’irrilevanza ai fini di causa della clausola invocata, in tesi viziata da nullità (come sopra anticipato) e come tale inidonea a produrre alcun effetto giuridico.

Sul punto è noto il conforme, severo orientamento assunto dalla S.C. già con la risalente pronuncia 7030/94 ma soprattutto puntualmente confermato (pur nel mutato clima di pieno riconoscimento in via di principio della legittimità di vincoli parasociali) dalla più recente sentenza 10215/10, secondo cui “il patto dà luogo ad una ipotesi di nullità in quanto l'oggetto (cioè la prestazione inerente la non votazione della azione di responsabilità) ovvero i motivi comuni alle parti del patto parasociale in esame sono illeciti poichè la clausola è stipulata al fine di far prevalere l'interesse di singoli soci che, per regolamentare i propri rapporti sociali, si sono accordati per la non proposizione dell'azione sociale a detrimento dell'interesse generale della società al promovimento di detta azione, dal cui esito positivo avrebbe potuto ricavare benefici economici". Noto altresì il vivace dibattito emerso in dottrina sul punto, con l’emergere in particolare di opposte posizioni in nome del più ampio riconoscimento di principi di autonomia privata nella regolazione degli affari, anche alla luce della progressiva evoluzione della stessa giurisprudenza di legittimità in tema di patti parasociali - secondo costruzione cui appunto mostrano di fare riferimento gli odierni convenuti.
Senza affatto pretendere in questa sede di affrontare l’intera problematica sottesa in via generale alle diverse posizioni espresse e limitandosi in particolare alla valutazione di caratteri propri della concreta fattispecie oggetto di esame, il Collegio reputa fondata l’eccezione di nullità sollevata da B. e da IN. AS., secondo le considerazioni appresso schematicamente proposte.
In materia si discute evidentemente di un negozio atipico e il riferimento obbligato è dunque ai limiti entro cui l’ordinamento riconosce efficacia vincolante alle determinazioni dei privati ex art 1322 cpv cc. Nella specie l’impegno di cui si discute viene a collocarsi all’interno di una più ampia negoziazione che riguarda il trasferimento di una intera partecipazione societaria, quale condizione di indubbio rilievo nello scambio negoziale voluto dai contraenti e che pare ragionevolmente da intendere come rinuncia definitiva da parte degli acquirenti ad agire in responsabilità, sia pure a seguito di una attività di due diligence ma comunque a prescindere dalla eventuale ravvisabilità o successiva emergenza di elementi di responsabilità a carico degli amministratori. Sotto tale profilo va certamente tenuto conto dell’ampio favore con cui l’ordinamento guarda alle vicende di circolazione delle azioni e più in generale di avvicendamento nelle compagini di controllo societario quale fattore dinamico della attività di impresa, ma certo pur sempre con il limite di un doveroso bilanciamento tra i molteplici interessi coinvolti nella dinamica negoziale. In tale ottica, pur al di là di impostazioni più marcatamente istituzionalistiche, a fronte dell’ovvio interesse del socio-amministratore alienante ad ottenere pieno scarico di responsabilità rispetto alle vicende gestorie pregresse, l’attenzione viene allora ad incentrarsi sulla posizione potenzialmente confliggente in cui viene tipicamente a trovarsi la controparte contrattuale, nella sua duplice veste di acquirente naturalmente interessato ad ottenere più favorevoli condizioni di scambio da un lato, dall’altro di futuro partecipe della compagine sociale, come tale interessato alla compiuta realizzazione della causa del contratto di società e dunque alla tutela del patrimonio sociale.
Proprio a fronte di una tale duplicità di posizione la più risalente pronuncia Cass 7030/94 ha in via generale ritenuto viziata ab origine la clausola negoziale con cui l’acquirente, facendo prevalere il primo interesse sul secondo, assicurava il proprio impegno a non agire in responsabilità pur in presenza dei presupposti della relativa azione, secondo l’assunto per cui il potere dispositivo del socio (per quanto riconosciuto nel proprio interesse e come tale disponibile e vincolabile negozialmente) trovi comunque “un limite nel conflitto di interesse con la società” – secondo principio di diritto poi puntualmente ribadito dalla più recente pronuncia 10215/10. In verità una tale impostazione (di stretta interrelazione tra piano sociale e parasociale, di automatico riflesso dei vincoli societari sul distinto piano di rapporti tra privati) parrebbe forse richiedere adeguato approfondimento alla luce della progressiva evoluzione giurisprudenziale in materia di patti parasociali, piuttosto contrassegnata (a partire da Cass 14865/01, poi ancora Cass 5963/08 e 28748/08) da un’ottica di netta distinzione e reciproca autonomia tra le diverse sfere di riferimento, con l’attribuzione di una valenza solo obbligatoria ad eventuali impegni assunti con patto parasociale e il riconoscimento non già di una mera incoercibilità del relativo obbligo ma piuttosto di una perdurante libertà del socio nelle determinazioni da assumere in sede assembleare, in un contesto in ogni caso di radicale estraneità e dunque impermeabilità dell’organizzazione sociale rispetto agli eventuali accordi in parola (come del resto ancora ribadito dalla stessa Cass 10215/10 cit).

Nella vicenda in esame si deve peraltro tener conto che gli accordi negoziali al cui interno si iscriveva l’impegno a non esercitare l’azione di responsabilità già comprendevano altresì l’impegno ad agire per una rapida fusione tra il soggetto acquirente (assuntore dell’obbligo) e la società titolare del diritto risarcitorio, come poi puntualmente verificatosi con la conseguente assunzione in proprio dell’obbligo in parola da parte di quest’ultima (come bene evidenziato da parte attrice) ex art 2504bis cc, dunque secondo tempi e modalità estranei ed anzi irriducibili alla specifica disciplina di cui all’art 2393 cc (tenuto conto della sostanziale equivalenza tra obbligo a non esercitare l’azione e rinuncia all'esercizio del relativo diritto e più in generale dell’ovvio venir meno di ogni interesse ad agire da parte del titolare del diritto ove contestualmente gravato da valido obbligo risarcitorio corrispondente). D’altro canto deve certamente escludersi che la confusione patrimoniale conseguente alla fusione possa valere di per sé a trasferire sulla società ab origine titolare del diritto risarcitorio il vantaggio patrimoniale teoricamente conseguito dall’acquirente in corrispettivo dell’obbligo a non esercitare l’azione di responsabilità, facendo così venir meno in radice la situazione di conflitto di interessi evidenziata – secondo prospettazione certamente inconferente in ipotesi di acquisto operato (come appunto nel caso di specie) attraverso una newco costituita e capitalizzata per l’esecuzione della specifica operazione in questione, dunque con il conseguimento del menzionato vantaggio patrimoniale in capo non già alla società risultante infine come formale acquirente e destinata alla fusione, ma piuttosto ai soci della newco.

Alla stregua di tali osservazioni deve dunque convenirsi che in una ipotesi (quale quella in esame) che coinvolge in prima persona l'ente sociale nella rinuncia all'azione, sia pure in via indiretta attraverso una pluralità di negozi distinti ma tra loro programmaticamente collegati, si perviene indiscutibilmente ad una sostanziale elusione della disciplina prevista dall'art 2393 cc, come bene rilevato dal giudice di legittimità nelle pronunce citate. Nè d'altro canto, a parere del Collegio, può spiegare rilievo in simili termini la natura certamente disponibile del diritto (strettamente patrimoniale) di cui si discute e ciò anche nell'ipotesi che a sottoscrivere l'impegno "privato" possano essere soggetti che si rendano acquirenti della totalità delle quote sociali.
Il problema va invero affrontato piuttosto sotto il peculiare profilo di una sostanziale elusione delle "forme" prescritte dal legislatore per il valido esercizio del diritto di rinuncia o transazione (delibera assembleare su un oggetto adeguatamente determinato, soggetta a rituale trascrizione su libro di tenuta obbligatoria; eventualmente anche oggetto di puntuale illustrazione in sede di documenti di bilancio ove incidente su rapporti con parti correlate) quali idonee a garantire piena conoscibilità a determinazioni di indubbio rilievo che vanno ad incidere sulla consistenza patrimoniale della società, secondo la medesima esigenza di puntuale rendicontazione dei fatti di gestione sottesa al più generale ventaglio di obblighi di documentazione inderogabilmente collegati ex lege all'esercizio di attività di impresa, tanto più ove svolta al riparo del beneficio della responsabilità patrimoniale limitata dei soci – laddove in questo caso la società titolare del diritto risarcitorio verrebbe ad assumere l’obbligo di rinuncia soltanto attraverso l’approvazione di una delibera dal contenuto del tutto diverso quale quella di approvazione del progetto di fusione.
Sul punto si ritiene in definitiva pienamente risolutivo il rinvio al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui "la delibera assembleare costituisce modo formale e inderogabile di espressione della volontà della società di cui non sono ammessi equipollenti" (v Cass 10869/99 in tema di ritenuta nullità insanabile, non mera annullabilità o inefficacia, di negozi transattivi stipulati in mancanza di specifica delibera; nel medesimo senso, più di recente, Cass 9901/07 e 14963/11).
Al riguardo è appena il caso di sottolineare ancora la sostanziale condivisione di un tale assunto in dottrina, quanto meno in riferimento alla inderogabilità della "competenza assembleare" prevista ex art 2393 cc se non anche al rispetto della "procedura assembleare" - secondo distinguo che tuttavia non appare rilevante nel caso di specie. Il rilievo muove infatti dalla radicale riforma della disciplina della invalidità delle delibere societarie, con la voluta messa al bando della categoria della "inesistenza" e anzi la previsione di mera annullabilità di determinazioni assunte in violazione delle procedure di legge (quanto meno in ipotesi di socio unico in cui non si ponga un problema di difetto di informazione), ma anche sotto tale prospettiva risulta comunque riconosciuto come insuperabile il principio per cui "affinchè la decisione sia riconducibile alla società è comunque necessario che la decisione extra-assembleare sia presa dai soci in quanto organo sociale e non in quanto singoli", laddove pare evidentemente da escludere che una tale condizione possa reputarsi realizzata nella vicenda in esame attraverso la mera sottoscrizione dell'atto negoziale di compravendita, se non altro perchè l'assunzione della qualità di socio " segue e non precede" la stipula del negozio. D'altro canto, quand'anche si ritenesse configurabile nella fattispecie una "decisione extra-assembleare", sotto il profilo strettamente endosocietario della formazione della volontà dell'ente, la questione potrebbe evidentemente rilevare solo ai fini di una eventuale "sanatoria" di tale decisione ma in nessun caso pregiudicare la possibilità per la società di sostituire la precedente delibera formalmente viziata con altra assunta invece nel rispetto delle forme di legge ed eventualmente di contenuto addirittura opposto (come appunto nel caso di specie, a fronte di rituale delibera favorevole all'esercizio dell'azione); sotto il diverso profilo dell'impegno assunto nei confronti dei terzi contraenti si tratterebbe pur sempre di impegno assunto da soggetto privo dei relativi poteri (il socio invece che l'amministratore autorizzato dalla società) e senza peraltro che il terzo possa evidentemente vantare alcun legittimo affidamento circa il mantenimento di un impegno assunto secondo simili modalità.

Alla luce di tutte le considerazioni così proposte pare innanzitutto di dover escludere, in via generale, che l'ordinamento possa riconoscere meritevoli di tutela ex art 1322 negozi atipici espressamente volti ad eludere disposizioni inderogabili di legge, come tale da reputarsi viziati già ab origine secondo la disciplina comune dei contratti (come appunto in ipotesi di accordi programmaticamente rivolti ad addossare l'impegno "privatistico" dei contraenti a non esercitare l'azione di responsabilità direttamente sull'ente titolare del diritto risarcitorio secondo modalità diverse da quelle previste ex art 2393 cc).
Fattispecie differente dovrebbe presumibilmente reputarsi l'ipotesi di semplice successione temporale tra l'assunzione in proprio dell'impegno di rinuncia da parte dell'acquirente e la realizzazione di una operazione di fusione, al di fuori cioè di ogni preventivo accordo di carattere elusivo, ma anche in questo caso parrebbe di dover comunque arrivare alle medesime conclusioni una volta riconosciuto il carattere inderogabile della disposizione di cui all'art 2393 cc. In tale ipotesi la società titolare del diritto verrebbe infatti ad assumere l'obbligo di rinuncia attraverso il diverso percorso disegnato dagli artt 2501 e segg cc, ma in un simile contesto ovvie esigenze di lettura sistematica delle diverse disposizioni in rilievo (e comunque il carattere speciale della disciplina di cui all'art 2393 cc) imporrebbero comunque una espressa menzione dell'impegno di rinuncia (adeguatamente determinato) in sede di delibera di approvazione del progetto di fusione quale condizione indispensabile per l'effettivo insorgere di un valido vincolo da rispettare in capo al soggetto emergente dalla fusione.
In conclusione ritiene dunque il Collegio che debba innanzitutto certamente escludersi che il patto negoziale sottoscritto in sede di compravendita delle quote, in mancanza delle condizioni inderogabili previste dall'art 2393 cc, possa esplicare alcun effetto vincolante nei confronti della odierna attrice o addirittura inibire l'esercizio/prosecuzione della azione sociale di responsabilità; d'altro canto la ritenuta legittimità della condotta tenuta da B. nell'esercizio della presente azione di responsabilità, facendo escludere la possibilità di ravvisare nella condotta della società un effettivo inadempimento ad obblighi in precedenza validamente assunti, esclude necessariamente anche la configurabilità di una ipotesi di induzione all'inadempimento da parte di IN. AS. (esula invece dall'oggetto della presente giudizio, per scelta espressa dei convenuti, ogni valutazione in ordine alla eventuale validità o meno del patto siglato per quanto attiene i rapporti tra gli alienanti e IN. AS. in qualità di originari sottoscrittori del patto preliminare poi fatto proprio dalla newco formale acquirente finale, quale materia di carattere contrattuale nella specie riservata al giudizio degli arbitri).

°) Sul merito dei fatti di causa
Nella specie le contestazioni proposte da parte attrice prendono le mosse da un dossier predisposto dalla agenzia investigativa KROLL per conto del socio di minoranza C., posto a fondamento di un originario ricorso presentato dal socio menzionato ex art 2409 cc che già anticipava in ampia misura i principali temi qui in discussione. Nel prosieguo la società (in epoca che vedeva ancora in carica gli odierni convenuti) ha commissionato a DELOITTE FORENSIC una indagine di verifica delle irregolarità denunciate dal C. e a DELOITTE FINANCIAL TRANSACTION un incarico di analisi della situazione patrimoniale e finanziaria della società per individuare eventuali anomalie; in relazione alla specifica contestazione di cui al precedente punto d) la società ha infine conferito ulteriore incarico per la verifica della congruità dei canoni all’arch WIESER - tutte le menzionate relazioni sono state poi ritualmente depositate in atti.
In corso di giudizio è stata svolta una limitata attività di istruttoria orale (essenzialmente sulle questioni relative alla contestazione di cui al precedente capo b) e conferito invece ampio incarico di consulenza tecnica per l'esame della copiosa documentazione versata in atti in relazione alle (sole) contestazioni sub a), b) e d), in una attività che ha visto la fattiva collaborazione dei ctp nominati da entrambe le parti contrapposte. E' stato invece ritenuto superfluo ogni approfondimento in relazione alle ulteriori contestazioni sub c), e) f) e g).
In relazione a tutte le operazioni in contestazione l’attrice lamenta la stipula di condizioni contrattuali del tutto incongrue e nettamente sfavorevoli per la società; nella maggior parte dei casi lamenta in particolare la sussistenza di un conflitto di interessi in ragione della diretta riferibilità o comunque di una seria cointeressenza dei convenuti nelle società “beneficiate”;; per le sole contestazioni sub e) e f) si limita a contestare la “irrazionalità” delle decisioni

Venendo quindi ad affrontare le singole contestazioni proposte, si osserva quanto segue.
Capo a) arredamento agenzie (contratti con TECNODESIGN e SAFIGE)
Si tratta della contestazione di maggior rilievo dal punto di visto risarcitorio proposta dall'attrice (per un importo complessivo di euro 5.580.518), relativa alla stipula ed esecuzione di contratti per l'allestimento delle agenzie B.
Negli anni 2003-2006 il relativo incarico era stato affidato alla società TECNODESIGN srl in forza di contratto sottoscritto in data 18.12.03 e tale società si occupava dell'allestimento di n 201 agenzie per un compenso complessivo di 8,714 mln di euro interamente pagato. A seguito della messa in liquidazione di TECNODESIGN (7.12.06), il medesimo incarico veniva affidato a SAFIGE (costituita in data 22.12.06) con contratto 5.1.07 e tale società si occupava a sua volta dell'allestimento di n 69 agenzie addebitando per tale opera costi per 2,668 mln di euro pagati per euro 2,163 mln - proprio a seguito dell'avvio della presente controversia B. ha interrotto i rapporti con SAFIGE e chiesto (con separato giudizio 52607/09) l'annullamento del contratto 5.1.07, il rigetto della pretesa di pagamento del residuo importo addebitato di euro 505.000 e anzi la restituzione delle somme già versate, secondo prospettazione che nelle more del presente giudizio sarebbe stata infine accolta dal Tribunale di Milano come segnalato dalle parti in sede di memorie conclusionali.
Come già sopra anticipato, per questa parte le contestazioni di parte attrice muovono dal convincimento di una diretta riferibilità o comunque cointeressenza dei "manager B" e in particolare di V. M. in entrambe le società menzionate – secondo convincimento che, a parere del Collegio, deve reputarsi adeguatamente comprovato in atti.
Invero nella specie risulta pacificamente che:
*TECNODESIGN era società formalmente controllata da una S.A. lussemburghese; nel dicembre 2002 Mario Manzini acquista formalmente una quota del 2% di TECNODESIGN e assume l’incarico di AU, per essere poi sostituito nel febbraio 2003 (nell’incarico e nella quota di partecipazione) da tale L. B.;
*nel medesimo arco di tempo il menzionato Bianchi risultava altresì socio di minoranza della società DISTRIBUZIONE NOVARREDAMENTI srl (poi messa in liquidazione nel dicembre 2003 a mani appunto del Bianchi) controllata dal padre dei signori V. e M. M., a loro volta diretti intestatari della totalità delle quote della collegata NOVARREDAMENTI srl fino al novembre 2005, data in cui il capitale della società risulta trasferito per il 99% alla moglie del B. e per il residuo 1% ad una società partecipata da V. M., anche AU della stessa; proprio NOVARREDAMENTI risulta in effetti destinataria di ordini di allestimento da parte di B. nel corso dell’esercizio 2003, secondo prassi cessata dopo la stipula del contratto con TECNODESIGN;
* nella seduta 19.12.08 del CdA di B. V. M. ha riconosciuto espressamente pregressi rapporti con il menzionato B., con il quale avrebbe "avuto in passato un negozio di mobili"; dalla documentazione in atti risulta in verità il trasferimento nell’aprile 2003 da DISTRIBUZIONE NOVARREDAMENTI a NOVARREDAMENTI della gestione di un negozio di mobili-sala esposizioni in Vergiate v Sempione 102 (al medesimo indirizzo risulterà poi un deposito TECNODESIGN), cui deve ritenersi si riferiscano le dichiarazioni sopra riportate del M.: al riguardo si deve osservare che il riconoscimento di una gestione comune di cui parla il convenuto segnala rapporti di fatto che vanno a collocarsi al di là del dato documentale, che fa piuttosto registrare una formale successione nella gestione;
*nell’arco di tempo 2003-2006 TECNODESIGN ha come unico cliente B. e lo stesso si verificherà per SAFIGE per il periodo successivo;; di fatto tutti i rapporti per l’allestimento delle agenzie, per quanto riguarda sia TECNODESIGN che SAFIGE, risultano tenuti da B. con il menzionato L. B. "come responsabile della società SAFIGE e in precedenza come amministratore della TECNODESIGN... la società SAFIGE è stata costituita appositamente da L. B. allo scopo di fornire arredi e servizi per B.", come da dichiarazioni rese da V. M. sempre nella menzionata seduta consiliare 19.12.08;
*anche in questo caso tali dichiarazioni finiscono per svelare uno scarto significativo rispetto alla situazione di fatto, giacchè il detto B. formalmente non compare affatto nella compagine sociale e amministrativa di SAFIGE, che vede piuttosto la totalità delle quote detenute da FINSTAR HOLDING srl, a sua volta posseduta al 100% dal commercialista B. C. e AU la commercialista T. Di V. (professionisti aventi medesimo indirizzo professionale);
*parte attrice ha ampiamente documentato rapporti continuativi tra il menzionato C. e V. M. (v ampia
ricostruzione di cui pagg 25-30 della memoria conclusionale attorea, sulla scorta degli all 15-41) per quanto attiene la gestione della società RUFUS srl che vedeva appunto il C. come AU: in data 4.11.2005 lo studio C. trasmetteva a V. M. una procura speciale da far sottoscrivere al nuovo amministratore unico della Rufus, S. T.; lo stesso M. con mail del 15-16 novembre 2005 concordava con il C. le modalità di ritiro di tutta la documentazione riguardante Rufus; in data 2.8.2006 veniva inviato a V. M. un consuntivo e la fattura relativa a lavori eseguiti su una villa di proprietà di Rufus;
* il principale fornitore di Safige era la MECAINSA HANDELS ltd società inglese con sede a Londra anch'essa risultante collegata, sia pure indirettamente, con i "manager B" in quanto partecipata fino al 28.3.2007 da RIVIPLEND s.a., a sua volta socia unica di TOURING WORLD ltd (medesima sede legale di MECAINSA) che è stata rappresentata da SANT'ALESANDRO controllata da POLIGEST s.r.l. che vede come soci appunto gli odierni convenuti;
* il già menzionato L. B. risulta altresì legale rappresentante della INFOASSISTENCE srl (società avente la medesima compagine sociale di TECNODESIGN e medesima sede legale sempre in Vergiate v Sempione, costituita in data 20.2.2003 con cui B. stipula i contratti di cui al successivo capo b);
* negli anni 2005-2006 V. M. risulta diretto destinatario della elaborazione di dati relativi a contabilità interna sia di TECNODESIGN che di INFOASSISTENCE (per una rapida ricostruzione di sintesi di tali comunicazioni v. in particolare pagg 19-22 della memoria conclusionale attorea, con la. specifica indicazione dei singoli allegati di riferimento); da una mail 11/2005 risulta anche che TECNODESIGN si faceva carico del pagamento di fatture di competenza della distinta società IMMOBILIARE 2000 (la medesima società di cui alle contestazioni sub d) che gli odierni convenuti hanno riconosciuto in atti come a loro stessi direttamente riferibile;
* dalla documentazione in oggetto risulta altresì almeno un episodio in cui (comunicazione e-mail 7.12.05) era proprio V. M. ad indicare a B. il prezzo da fatturare a B. per alcuni degli allestimenti curati da TECNODESIGN (a fronte di un contratto base che prevedeva un ampio intervallo di prezzo per ciascun allestimento tra 38.000 e 49.000 euro);

Sotto diverso aspetto si deve peraltro sottolineare come in corso di causa e già attraverso il solo esame della documentazione contrattuale prodotta siano emerse vistose anomalie nella redazione dei contratti stipulati con le due società fornitrici, quali bene evidenziate nella relazione CTU (v. pagg 31,32) laddove si osserva in particolare che:
*risultano definite condizioni contrattuali praticamente identiche;
* entrambi i contratti “sono, dal punto di vista tecnico, inadeguati e non dettagliati in relazione alla tipologia e all’entità delle forniture e prestazioni regolate;; non vi sono descrizioni né qualitative né quantitative rispetto alle opere da realizzare; manca inoltre un capitolato tecnico che indichi qualità e categoria dei materiali da impiegare (descrizioni tecniche, marchi o fornitori preferenziali, fasce di prezzo), modalità operative e termini di consegna”;
*a fronte del notevole intervallo di prezzo previsto per l’allestimento di ciascuna agenzia non risulta indicato alcun criterio regolatore per la determinazione del prezzo finale da corrispondere;
*in sede di esecuzione, è stata d’altro canto rilevata l’esecuzione di pagamenti addirittura anticipati rispetto alle previsioni contrattuali.
In simili termini si parla evidentemente di condizioni di contratto manifestamente incompatibili con criteri di ragionevole gestione degli affari, soprattutto a fronte di attività da dispiegarsi in un prolungato arco di tempo e per valori di notevole entità, e pare allora assolutamente risolutivo che in relazione a nessuno dei menzionati rilievi i convenuti abbiano fornito qualsivoglia giustificazione. In tal senso si ritiene allora che, da un lato, le menzionate “anomalie” vengano a fornire puntuale ed estremamente significativo riscontro all’ipotesi di una stretta cointeressenza personale degli amministratori nelle operazioni in parla (unica spiegazione a questo punto logicamente plausibile della condotta tenuta), ma in ogni caso valgono indiscutibilmente a fondare autonomo titolo di responsabilità a carico degli odierni convenuti sotto il profilo (quanto meno) di una clamorosa violazione di minimali obblighi di diligenza nella gestione degli affari che vanno comunque a circoscrivere l’ambito dell’ampio spazio di discrezionalità riconosciuto agli amministratori.
Naturalmente in un’ottica propriamente risarcitoria questione centrale rimane comunque quella del positivo accertamento di un effettivo pregiudizio economico subito dalla odierna attrice in relazione alle vicende in parola. Al riguardo paiono qui pienamente concludenti i rilievi proposti dal CTU all’esito della accurata analisi condotta in costante dialettica con i consulenti delle parti contrapposte, sulla scorta di compiuta ricostruzione contabile e finanziaria di tutte le forniture in parola (pagg 35-46 della relazione conclusiva) e confronto con il valore effettivo delle opere realizzate (secondo metodologia chiaramente illustrata alle pagg 47-54).
Procedendo in tal modo il CTU, a parziale conferma dei rilievi proposti dagli esperti originariamente incaricati dalla società, è arrivato a stimare (v prospetto di sintesi pag 63):
*per quanto attiene TECNODESIGN: il valore unitario medio di ciascun allestimento (già comprensivo del valore dei servizi aggiuntivi previsti) in euro 29.518 per un totale di euro 5.933.101 a fronte di contratti che prevedevano un intervallo di prezzo per ciascun allestimento tra euro 38.000 e 49.000 (in alcuni casi addirittura superato) e la conseguente emissione di fatture per un importo di euro 8.714.300 interamente pagate;
*per quanto attiene SAFIGE: il valore unitario medio (già comprensivo del valore dei servizi aggiuntivi previsti) in euro 32.802 per un totale di euro 1.968.129 a fronte di un intervallo di prezzo previsto tra euro 39.000 e 52.000 e la conseguente emissione di fatture per euro 2.668.000 pagate per il minore importo di euro 2.163.040 (con l’avvio di già menzionato contenzioso con la società Il medesimo CTU ha altresì valutato in euro 31.518 l’ulteriore danno subito da B. a titolo di ingiustificati oneri finanziari conseguenti al pagamento anticipato di fatture emesse da TECNODESIGN e SAFIGE (pag 83 della CTU).
Nella propria relazione conclusiva il CTU ha d’altro canto dato ampiamente conto delle osservazioni proposte dai CTP, replicando puntualmente a tutti i rilievi proposti (v pagg 64-83), secondo puntuali valutazioni che si ritiene qui di dover pienamente condividere.
In tale contesto l’unico punto di obiettiva delicatezza su cui pare doveroso tornare espressamente in questa sede è quello relativo alla richiesta dell’attrice di espungere dalla stima in parola “il valore di mercato di una serie di elementi grafici tra i quali le insegne luminose”, in tesi fornite da soggetti diversi e come tale separatamente pagate da B. Il CTU ha chiaramente esposto i motivi che lo avevano inizialmente indotto a ricomprendere nel computo gli elementi in questione pur a fronte della già evidenziata genericità dei contratti e delle fatture di riferimento (v pagg 64-65 della relazione), segnalando in particolare di non avere ricevuto in una prima fase dei lavori alcuna contestazione sul punto. Di fatto dalla medesima relazione di CTU risulta chiaramente come i menzionati rilievi abbiano fatto seguito alla produzione da parte del CT di parte attrice (senza il consenso e anzi con l’opposizione dei convenuti) di “nuovi” documenti estranei all’originario materiale processuale volti appunto ad attestare forniture di materiali grafici da parte di soggetti terzi in relazione ad alcuni degli allestimenti in esame. In tale contesto il CTU ha (correttamente) ritenuto di demandare all’organo giudicante ogni definitiva valutazione sulla ammissibilità di una tale produzione, limitandosi a predisporre una tabella di confronto (v pag 83) tra la valorizzazione inizialmente proposta e un’altra elaborata invece sul diverso presupposto invocato dall’attrice di una generale esclusione del materiale in questione in relazione a tutti quanti gli allestimenti esaminati.

Così rapidamente ricostruiti i termini della controversia sul punto, il Collegio ritiene manifestamente priva di fondamento la pretesa dell’attrice di produrre per la prima volta oltre il decorso dei termini di decadenza fissati ex art 183 cpc, in corso di CTU senza il consenso di controparte, documenti estratti dalla propria contabilità (e in tal senso da sempre disponibili) e strettamente attinenti ai fatti costitutivi della pretesa azionata in giudizio. In tal senso ritiene doveroso fermarsi alle ampie e convincenti motivazioni proposte dal CTU a fondamento delle proprie iniziali valutazioni (pagg 64-65 cit) sottolineando ancora una volta come le stesse non siano state di per sé oggetto di alcuna confutazione di controparte (prima e indipendentemente dalla nuova produzione qui ritenuta inammissibile).
Alla stregua di tutte le considerazioni così svolte il Collegio ritiene dunque fondata per questa parte la richiesta risarcitoria proposta dall’attrice nei confronti degli odierni convenuti per un importo complessivo di euro 2.781.299 in relazione alle forniture TECNODESIGN ed euro 194.911 in relazione alle forniture SAFIGE (tenuto conto per questa parte del mancato pagamento da parte di B.E delle ulteriori fatture emesse da SAFIGE per un importo di euro 505.000).

Capo b) forniture informatiche (contratto INFOASSISTENCE)
Anche per questa parte risultano contestati profili di conflitto di interesse a fronte della diretta riferibilità della società INFOASSISTENCE al già menzionato L. B. come già TECNODESIGN e SAFIGE (v al precedente capo a), in relazione ad operazioni svolte in un medesimo arco di tempo.
INFOASSISTENCE aveva la medesima compagine sociale di TECNODESIGN, sede legale presso il consueto indirizzo di v Sempione in Vergiate, L. B. come formale AU prima e liquidatore poi;
anche in questo caso INFOASSISTENCE ha sempre avuto B.come proprio unico cliente e lo stesso B. (ud 14.6.11) ha senzaltro riconosciuto che “INFOASSISTENCE era nata appunto per fornire un servizio a B.”.
Nella specie la contestazione riguarda due distinti contratti stipulati il primo nel marzo 2003 e il secondo nel dicembre 2005 (in esecuzione di preliminare 12/03). In particolare:
b1)in data 31.1.03 la società MDS Net srl propone a B. un contratto di assistenza informatica per un corrispettivo previsto di euro 11.000 mensili, che risulta in effetti stipulato ma poi non eseguito; in data 31.3.03 B. sottoscrive quindi un contratto di assistenza, (apparentemente) relativo ai medesimi servizi, con INFOASSISTENCE srl per il maggiore importo di euro 21.000 mensili (cd contratto software), relativo peraltro a servizi sempre forniti direttamente da MDS e fatturati a INFOASSISTANCE per il medesimo prezzo originariamente richiesto di euro 11.000 mensili, dunque con una posizione (parrebbe) di mera intermediazione di INFOASSISTENCE; sempre in data 31.1.03 B. sottoscrive anche ulteriore contratto hardware con INFOASSISTANCE per euro 11.000 mensili;
b2)in data 10.12.03 B. e INFOASSISTANCE stipulano (ulteriore) contratto preliminare di acquisto di software avente ad oggetto “l’applicativo gestionale bluvacanzeonline” per un prezzo di euro 700.000, con previsione che, in caso di successiva stipula del definitivo (nel 2005, a programma completato), i canoni dei contratti software e hardware in esecuzione (complessivamente euro 32.000 mensili) da gennaio ’04 sarebbero stati oggetto di note di credito e così conteggiati a titolo di prezzo – contratto definitivo poi puntualmente stipulato nel dicembre 2005 ed eseguito;
b3) la società, senza alcuna giustificazione, avrebbe complessivamente corrisposto a INFOASSISTENCE un importo di euro 46.000 aggiuntivo rispetto a quello contrattualmente pattuito. In relazione a tali vicende l’attore ha avanzato una richiesta di risarcimento danni per un importo complessivo non inferiore ad euro 888.000 così determinato (come da schema di sintesi a pag 67 della conclusionale):
"euro 300.000 quale maggior corrispettivo pagato in relazione al contratto software", quale corrispondente alla differenza di prezzo tra contratto MDS e contratto INFOASSISTENCE nella specie calcolata per n 30 mensilità, fino ad avvio della esecuzione del contratto 2005;
"euro 180.000 quale maggior corrispettivo pagato in relazione al contratto hardware", pari al 50% dell'importo pagato per n 30 mesi, in questo caso sulla base di una “presunzione” di indebito "ricarico" di costi analoga a quella relativa al contratto software;
euro 408.000 in relazione al maggior prezzo asseritamente versato per l'acquisto del sistema BLUVACANZEONLINE.
Al riguardo i convenuti hanno appuntato le proprie difese su una asserita non coincidenza delle prestazioni di cui alle menzionate proposte contrattuali MDS e INFOASSISTENCE, sul presupposto che questo secondo contratto comprendesse un servizio aggiuntivo di call center che impegnava dipendenti di INFOASSISTENCE di fatto poi puntualmente assunti in proprio da B. a seguito della cessazione delle attività della originaria fornitrice. Nulla hanno opposto invece in ordine al denunciato scarto tra prezzi contrattualmente pattuiti e somme effettivamente pagate da B.
Così sinteticamente ricostruiti i termini delle opposte prospettazioni di parte si deve innanzitutto prendere atto che lo specifico addebito di cui al capo b3) risulta non contestato dai convenuti (mentre il CTU ha comunque potuto verificare sia il fatto storico dei maggiori pagamenti effettuati, sia la mancanza di documentazione a giustificazione di tali uscite): per tali motivi si ritiene dunque di dover accogliere per questa parte la domanda dell'attore. In relazione invece alle ulteriori contestazioni e pretese avanzate dall'attrice, il Collegio ritiene in definitiva non sufficientemente provata in atti la consumazione di una condotta propriamente dolosa da parte dei convenuti e così pure il cagionamento di un effettivo pregiudizio economico in danno della società.

Al riguardo si osserva innanzitutto che:
i)la richiesta risarcitoria proposta dall'attore appare semplicemente non compatibile con i costi effettivamente sostenuti dalla società, quantificati dal CTU in un importo complessivo di euro 994.00 (a fronte di costi contrattualmente previsti per euro 948.000): di tutta evidenza che ad accogliere tale impostazione non residuerebbe margine neppure per il pagamento delle somme che la stessa parte sub
b1) riconosce dovute (ovvero euro 11.000 più euro 5.000 per n 30 mensilità, ovvero euro 480.000); ii)l'invocata presunzione di illiceità del contratto hardware riposa in realtà su un semplice "sospetto" che avrebbe al più potuto giustificare una indagine interna al fine di ricercare eventuali elementi di riscontro, ma non la proposizione di una domanda in giudizio e certamente non l'accoglimento della stessa (sul punto espressamente il CTU esclude di poter rilevare dagli atti di causa elementi che possano confortare la "presunzione" proposta dall'attore).
In simili termini un ragionevole margine di dubbio potrebbe dunque permanere solo in relazione alle vicende dell'originario contratto software, cui peraltro risultano oggi imputati contabilmente solo i pagamenti effettuati nel corso del 2003, per n 8 mensilità, mentre tutti gli ulteriori pagamenti sono stati poi conteggiati quale prezzo per l'acquisto del sistema BLUVACANZEONLINE nel dicembre 2005.
Sulla congruità di questi ultimi pagamenti (contratto 2005) il CTU nominato ha dato atto di non essere in grado di esprimere alcuna valutazione "in considerazione della totale assenza di documentazione tecnica" relativa alla operazione, escludendo in particolare (v pag 103 della relazione, in replica proprio alle osservazioni del CT di parte attrice) che trovi alcuna conferma in atti l'ipotesi ("forzata e fuorviante") formulata da parte attrice di una presumibile maggiorazione del prezzo di cessione in una misura pari al 52% dell'intero alla medesima stregua della maggiorazione denunciata in ordine al contratto software 31.3.03; tenuto conto che nella specie nessuna contestazione risulta proposta dall'attore in ordine alla formazione e/o conservazione di una tale documentazione, non rimane sul punto che prendere atto del mancato assolvimento da parte dell'attore dell'onere di provare il danno lamentato.

Ultimo profilo da esaminare rimane dunque quello della lamentata eccedenza di prezzo riconosciuta dagli odierni convenuti in favore di INFOASSISTANCE per euro 10.000 mensili dall'aprile al dicembre 2003, come detto "giustificata" dai convenuti in ragione della prestazione di un servizio di call center aggiuntivo a quello offerto da MDS. Sul punto sono stati sentiti due testi, uno per ciascuna parte: il teste di pare attrice (L., dipendente MDS) nulla ha detto in ordine al servizio call center; il teste V. (citato dai convenuti) ha confermato, come dipendente della distinta società TECNOBIT, l'istallazione del servizio in parola presso B. ad opera proprio di TECNOBIT (dunque del tutto al di fuori della sfera di intervento di MDS) nonchè la successiva prestazione di assistenza in relazione al medesimo servizio, precisando espressamente che "all'epoca vi era molto lavoro... in genere B. si riferiva a INFOASSISTANCE che, se non poteva risolvere, si rivolgeva a noi. A volte B. si rivolgeva direttamente a noi. Posso dire che in INFOASSISTENCE vi erano molti dipendenti, diversi dei quali passati oggi a B.". A fronte delle menzionate risultanze istruttorie occorre allora convenire che, per questa parte, le difese dei convenuti hanno trovato significativo riscontro testimoniale, a smentita della mera ipotesi formulata dall'attrice di una piena sovrapponibilità tra prestazioni MDS e prestazioni INFOASSISTENCE.

Capo c) pagamento di cd "buonentrate" in favore delle società IMMOBILIARE srl nel 2002 e KAMER srl nel 2003 per un importo complessivo di euro 1.295.939
Si contesta in particolare il pagamento di somme in favore delle due menzionate società quali proprietarie/locatrici di unità immobiliari, a titolo di “buona entrata” di B. nella locazione dei rispettivi spazi per l’apertura di agenzie. Si tratta per IMMOBILIARE di n 9 spazi con il versamento di un importo complessivo di euro 1.080.939; per KAMER di un unico spazio con il versamento di un importo di euro 280.000.
Per questa parte l’attrice deduce innanzitutto il carattere ingiustificato dei relativi pagamenti come conseguenti alla stipula di pattuizioni (di “buona entrata”) da reputarsi in realtà nulle.
In verità un tale rilievo non pare di per sé risolutivo ai fini di una azione di carattere risarcitorio quale quella proposta in questa sede, dovendosi piuttosto riconoscere la abitualità di simili pratiche (come correttamente rivendicato dai convenuti) quali modalità sia pure indirette (e certamente discutibili) di integrazione delle pretese creditorie cui l’aspirante conduttore può ben essere indotto a sottostare in vista del raggiungimento di un proprio prevalente interesse alla stipula (come del resto parrebbe indirettamente riconosciuto dalla medesima attrice, atteso che tra il ’98 e il 2008 B. ha pagato a tale titolo, nei confronti di diversi soggetti, oltre 9 mln di euro per una pluralità di contratti, mentre l’azione qui viene proposta solo per le operazioni con le due società menzionate).
Ma in realtà l’azione proposta si fonda per questa parte su due specifici presupposti, che riguardano da un lato la (pacifica – in questo caso riconosciuta) riferibilità ai “managers B” (IMMOBILIARE, direttamente o attraverso schermi fiduciari) ovvero a loro stretti congiunti (KAMER) delle società beneficiate, dall’altro la notevole entità dei pagamenti effettuati, quale in tesi del tutto sproporzionata in relazione alle singole operazioni in parola. Sul punto i convenuti insistono nel rivendicare la propria autonomia decisionale e come tale l’insindacabilità ex post delle scelte di gestione compiute, secondo prospettazione che appare tuttavia non pertinente rispetto al caso di specie, dovendosi piuttosto ritenere pacifico che l'invocato principio di insindacabilità trova limite ovvio nel rispetto dei vincoli statutari e di legge nonché, più in generale, nella dovuta avvedutezza e diligenza richiesta agli amministratori nel perseguimento dell’interesse sociale.
Nel merito l’attrice ha diffusamente argomentato le proprie contestazioni in relazione a ciascuna delle operazioni in parola (per una rapida ricostruzione di sintesi si rinvia alle pagg 68-78 della memoria conclusionale).
In particolare, per quanto attiene IMMOBILIARE, il dato oggettivo di partenza è che tutti i contratti di locazione stipulati afferiscono ad immobili appena acquistati da IMMOBILIARE (tanto che i convenuti arrivano a parlare di una sostanziale attività di “intermediazione” in tesi svolta nell’interesse di B.), mentre il motivo specifico di contestazione riguarda il fatto che gli importi pagati a solo titolo di “buona entrata” (cui si andavano quindi ad aggiungere i canoni mensili pattuiti) corrispondono, nei diversi casi, a percentuali variabili da un minimo del 50% fino addirittura a circa il 100% (e in un caso un importo ancora maggiore) dell’intero prezzo pagato da IMMOBILIARE per l’acquisto della proprietà dei beni.
Per KAMER l’attrice si limita a segnalare invece che, a fronte di buona entrata di euro 280.000, B. ha poi “consegnato” lo spazio locato ad un associato in partecipazione a fronte di una fee di ingresso di appena euro 65.000.
Al riguardo, in ordine ai profili di fatto della vicenda e dunque al di là delle difese di principio prima esaminate, quanto a IMMOBILIARE i convenuti hanno rivendicato un asserito interesse proprio di B. alla “attività di intermediazione” che avrebbe svolto la società; quanto a KAMER hanno denunciato una asserita incongruenza della correlazione prospettata da controparte tra l’importo della buona entrata pagata dalla società e fee di ingresso successivamente versata dall’associato subentrante (dal momento che, a fronte del subentro di un associato, l’interesse di B. andrebbe valutato non già rispetto alla “restituzione” della fee di ingresso quanto piuttosto all’ammontare complessivo degli utili attesi).

Così schematicamente ricostruite le opposte prospettazioni di parte si deve osservare che:
*pur a fronte di specifiche contestazioni proposte da parte attrice i convenuti nulla hanno spiegato circa l’entità dei pagamenti effettuati e i criteri utilizzati per la relativa determinazione in una situazione di clamoroso (ed occulto) conflitto di interessi;
*per quanto attiene le contestazioni relative alle negoziazioni con IMMOBILIARE i rilievi di merito proposti dall’attore (in alcun modo contestati in fatto da controparte) appaiono pienamente concludenti ed anzi assolutamente risolutivi;
* più in generale (per quanto riguarda in questo caso sia IMMOBILIARE che KAMER) si deve rilevare che sul piano degli obblighi inerenti la carica, sarebbe stato preciso dovere degli amministratori in conflitto di interesse non solo evidenziare i profili di interesse proprio nella vicenda ma anche, a questo punto, dare (in realtà già in anticipo) adeguato conto delle ragioni che a loro avviso avrebbero potuto consigliare comunque la stipulazione dei relativi negozi;
sul piano processuale, a fronte di un circostanziata deduzione di inadempimento contrattuale e in particolare della piena prova della violazione delle norme in materia di conflitto di interessi, sarebbe spettato indubbiamente ai convenuti giustificare adeguatamente nel merito le scelte compiute.
Alla luce di tali convergenti considerazioni il Collegio ritiene pertanto di dover integralmente accogliere per questa parte la domanda di parte attrice.

Capo d) cessione di contratti di leasing immobiliare e rapporti di locazione con IMMOBILIARE 2000 srl e IMMOBILIARE MARENGO srl
d1) Si discute innanzitutto della cessione di n 2 contratti di leasing immobiliare originariamente rilevati da B.E da soggetti terzi (l’uno relativo ad un immobile sito in Erbusco, nel giugno 2000; l’altro sito in Varese, nel febbraio 2001) e ceduti entrambi nel novembre 2003 a IMMOBILIARE 2000, che a questo punto riscatta anticipatamente i beni e li concede in locazione alla medesima B. Per questa parte l’attore avanza una richiesta di risarcimento danni per un importo complessivo di euro 982.236,77.
d2) Nel giugno 2004 IMMOBILIARE 2000 viene posta in liquidazione e trasferisce il suo patrimonio immobiliare, interamente oggetto di rapporti di locazione con B., a IMMOBILIARE MARENGO, che a questo punto stipula con la medesima BLUVACANZE n. 9 nuovi contratti di locazione
*in 1 caso (c.so Garibaldi 49) con il pagamento di una buona entrata per euro 53.000, benché B. fosse già conduttrice dell’immobile;;
*in tutti i casi (ivi compresi i rapporti sub d1) con una maggiorazione dei canoni precedentemente concordati.
Per questa parte l’attore avanza una richiesta di risarcimento danni per un importo complessivo di euro 1.548.450.
* Nella specie, per quanto attiene la contestazione sub d1), risulta non controversa l’effettiva ma all’epoca non dichiarata riferibilità di IMMOBILIARE 2000 agli odierni convenuti (come già rilevato al precedente capo c); risulta dunque del pari pacifica la violazione delle prescrizioni di cui al (previgente) art 2391 cc.

Sul punto i convenuti si sono difesi sottolineando il vantaggio conseguito dalla società attraverso le due cessioni in termini di disponibilità liquida immediatamente ricevuta in corrispettivo e ricordando in particolare come “costituiva precisa volontà dell’allora socio BARCLAYS di non detenere immobili in proprietà e pertanto cederli a terzi, incassando subito i relativi corrispettivi da investire nel core business… inoltre, come chiaramente espresso nel verbale CdA B., tale mancato interesse si giustificava ampiamente con la circostanza che non di veri immobili si trattava ma di semplici box all’interno di centri commerciali” (pag 40 della memoria di costituzione); in sede di memorie ex art 183 cpc hanno altresì rivendicato l’interesse ad evitare l’assunzione dei rischi e costi di un acquisto immobiliare e in particolare la libertà contrattuale così acquisita di abbandonare gli immobili in parla in ipotesi di mancata conclusione di correlativi contratti di associazione – secondo difese che, nell'insieme, rivendicano il rispetto del generale principio di insindacabilità delle scelte gestorie.
In fatto per questa parte il CTU nominato ha proceduto ad una accurata analisi di tutti i profili economici e finanziari della vicenda in esame (pagg 124-138 CTU per l'immobile in Erbusco; pagg 142-154 per l'immobile in Varese), arrivando così ad offrire puntuale valutazione delle "conseguenze" finali sul patrimonio sociale delle scelte gestorie qui in contestazione (pagg 139-142 e 155-161) - senza che su nessuno dei punti in questione risulti formulato alcun rilievo da parte del CT nominato dai convenuti (v pag 161 CTU). Ebbene procedendo in tal modo il CTU è arrivato ad accertare che, in relazione alla presente vicenda, B. ha in effetti subito un serio pregiudizio economico per un importo pari ad euro 775.237 "sulla base di quanto la parte attrice ha sostenuto effettivamente …rispetto a quanto avrebbe sostenuto nell’ipotesi in cui avesse mantenuto la titolarità del contratto di locazione finanziaria e avesse riscattato lo stesso al termine del periodo contrattuale, tenuto inoltre conto del valore di mercato dell’immobile al momento del termine contrattuale del riscatto”.
Ritenuto così accertato in fatto, con giudizio necessariamente ex post, il pregiudizio in parola, in punto di stretto diritto il Collegio ritiene anche in questo caso semplicemente non pertinente l'invocazione del principio di insindacabilità delle scelte gestorie a fronte della violazione degli obblighi di informazione ed astensione previsti ex art 2391 cc (qui nella sua formulazione ante riforma), atteso che la norma vale comunque a costituire in colpa l’amministratore che abbia agito in violazione dei menzionati obblighi ponendo quindi a suo carico i danni eventualmente subiti dalla società: “risponde delle perdite che siano derivate alla società dal compimento dell’operazione” (come da testo previgente), con formulazione che ricalca puntualmente il medesimo meccanismo e il medesimo principio di diritto di cui alla consolidata interpretazione giurisprudenziale della coeva previsione di cui art. 2449 cc, secondo parallelismo del resto espressamente confermato dalla riforma del 2003 - scelta normativa che appare in realtà solidamente fondata sull'indiscutibile presupposto che si verte nella specie in ipotesi di atti posti in essere dagli amministratori in nome della società ma eccedendo dai poteri conferiti (obbligo di astensione), su materia dunque su cui nessuno spazio di legittima discrezionalità era loro riservato.
* Analoga situazione di conflitto di interessi dovrebbe ravvisarsi, secondo l’attrice, anche in relazione alla effettiva titolarità della MARENGO (formalmente controllata da una società fiduciaria) secondo assunto decisamente contestato dai convenuti ma che a parere del Collegio deve invece reputarsi adeguatamente comprovato in atti (quanto meno sotto il profilo di una stretta e continuativa cointeressenza degli odierni convenuti nei relativi affari sociali).
Sul punto pare il caso di fare diretto rinvio alle articolate deduzioni proposte da parte attrice (v per opportuna sintesi pagg 81-88 della memoria conclusionale), limitandosi qui a richiamare alcune circostanze di fatto puntualmente documentate in atti e comunque in alcun modo smentite dai convenuti che paiono offrire puntuale riscontro ad un tale assunto:
* la società vede come AU tale Stefano Tenci, già AU di RUFUS srl di cui al capo a) nonchè di CLUB IMMOBILIARE srl;;
*fino al luglio 2005 la menzionata CLUB IMMOBILIARE vedeva quali titolari del 51% delle quote sociali gli odierni convenuti, che hanno poi ceduto l’intera partecipazione a IMMOBILIARE MARENGO; l’attore ha prodotto comunicazioni e-mail con cui, nel medesimo arco di tempo, V. M. discuteva delle modifiche statutarie da varare per consentire l’ingresso e disciplinare i poteri, al fianco del “nuovo” socio di controllo MARENGO, del subentrante nuovo socio di minoranza (direttamente riferibile alla famiglia M., già socia in affari dei medesimi “manager B”), dunque in relazione a questioni semplicemente irrilevanti rispetto ad una posizione di meri alienanti; nel medesimo senso si deve altresì rilevare che risultano prodotte ulteriori comunicazioni e-mail dell’ottobre 2005 intercorse sempre con V. M. relative al sollecito del pagamento di spese notarili di competenza di CLUB IMMOBILIARE e IMMOBILIARE MARENGO; tali singolari rapporti del resto rimangono vivi nel tempo e di fatto risulta altresì prodotta ulteriore corrispondenza email con V. M. risalente anche al 2006 e relativa ancora a vicende tutte interne alla gestione di CLUB IMMOBILIARE e della stessa MARENGO: un aumento di capitale di CLUB IMMOBILIARE da sottoscrivere da parte di IMMOBILIARE MARENGO, emissione di fatture nei confronti della medesima società, lavori di ristrutturazione su immobili di proprietà sempre di CLUB IMMOBILIARE;
* nel successivo luglio 2007 gli odierni convenuti riacquistano quindi la titolarità del 51% delle quote di CLUB IMMOBILIARE in precedenza trasferite a IMMOBILIARE MARENGO;
* nel luglio 2008 è documentata la corrispondenza intrattenuta da una agenzia immobiliare con A. Dal Z. per la compravendita di un immobile di proprietà di IMMOBILIARE MARENGO;
nell’ottobre 2008 risulta altresì documentata la trasmissione a V. M. della documentazione di un c/c intestato a IMMOBILIARE MARENGO (mentre risultano estremamente lacunose e soprattutto non congruenti con la qualità del materiale in parola le “spiegazioni” tentate al riguardo dai convenuti).
Nella specie non pare peraltro necessario soffermarsi ulteriormente sul punto a fronte della manifesta irrazionalità delle condizioni di favore concesse alla menzionata MARENGO quali evidenziate sub d2), tenuto conto in particolare che:
*in relazione al pagamento di una “buona entrata” in relazione alla locazione dell'immobile di cso Garibaldi già condotto da BLUVACANZE i convenuti nulla hanno replicato;
* in relazione al contestato aumento dei canoni di leasing i convenuti si sono limitati a rivendicare che “i pretesi incrementi corrispondono al conglobamento nei nuovi canoni delle variazioni istat maturate” (pag 35 costituzione) con affermazione semplicemente apodittica, ma soprattutto ampiamente confutata da controparte, con particolare riferimento ai canoni di locazione relativi ad immobile in Beinasco (con un incremento del 7% ampiamente superiore alla variazione del 4,5% dell’indice FOI) ma soprattutto ad un immobile in Roma che vede una variazione addirittura del 60%, da euro 25.000 ad euro 40.000 (in relazione ad entrambi tali rilievi i convenuti nulla hanno replicato);
* il CTU ha chiaramente evidenziato, sulla base di accurato lavorato di indagine e con ampia motivazione di replica ai contrapposti rilievi delle parti in causa, uno scarto rilevante (benché ampiamente inferiore a quello prospettato dall’attore) tra la misura dei canoni di locazione concordati con MARENGO ed i valori di mercato dell’epoca, per una differenza in aumento stimata in un complessivo importo di euro 214.530 annui tra il 2004 e il 2008, dunque per un importo complessivo di euro 856.120. in tale misura, da sommare al'importo di euro 53.000 ingiustificatamente pagato da B. a titolo di buona entrata in un contratto di locazione in realtà già in corso, pare dunque certamente fondata la domanda risarcitoria proposta dall'attore.

A parere del Collegio tali rilievi in fatto, in uno con la costatata impossibilità dei cessati amministratori di offrire qualsivoglia credibile spiegazione al riguardo, vengono ad offrire puntuale riscontro logico alle deduzioni attoree in ordine ad un interesse proprio dei manager nelle vicende, ma soprattutto, a fronte di costi sopportati dal patrimonio sociale in assenza di qualunque ragionevole giustificazione, devono reputarsi di per sé idonei a supportare la pretesa risarcitoria in esame già solo sotto il profilo di un colpevole inadempimento degli amministratori ad obblighi di ovvia ed elementare diligenza nella cura degli affari sociali (alla medesima stregua delle considerazioni proposte in relazione ai precedenti capi a) e c).
Per questa parte si ritiene dunque di accogliere la domanda risarcitoria in esame per l'importo di euro 53.000 ingiustificatamente pagato da B. a titolo di buona entrata sul contratto di locazione di c.so Garibaldi in realtà già in corso, per l'ulteriore importo di euro 856.120 in relazione alla ingiustificata maggiorazione dei canoni di locazione pagati da B.

Capo f) associazione Spinelli
Parte attrice contesta l’anticipata risoluzione a dicembre 2007 di contratti di associazione in partecipazione (scadenti a giugno 2008) con n 8 agenzie tutte riferibili a tale Spinelli, con la previsione di un pagamento complessivo di euro 660.000 (oltre iva) a titolo di risoluzione anticipata, con la motivazione che B. avrebbe inteso gestire direttamente le relative agenzie, laddove a giugno 2008 la società provvedeva a stipulare nuovi contratti di associazione sempre riferibili (pacificamente) al medesimo Spinelli. Nella specie risulta dunque contestata la contraddittorietà/irrazionalità delle scelte così effettuate ma non anche una situazione di conflitto di interessi degli amministratori.
Al riguardo gli amministratori invocano innanzitutto l’asserita esigenza di arrivare ad una rinegoziazione degli accordi originariamente stipulati allo scopo di evitare contenziosi già minacciati; rivendicano a vantaggio della società la conseguita uniformazione dei testi contrattuali dei diversi contratti e il prolungamento in tal modo (indirettamente) conseguito della durata minima delle affiliazioni; sottolineano in ogni caso il fatto che a fronte delle menzionate rinegoziazioni B. non avrebbe in realtà sopportato alcun costo aggiuntivo, atteso che tutti i pagamenti effettuati sarebbero in realtà risultati immediatamente compensati dal versamento delle fee di ingresso. L'attrice ha contestato a sua volta il fondamento di tali deduzioni osservando che la società avrebbe in realtà corrisposto "indennità notevolmente superiori a quelle originariamente pattuite in misura analoga alla fee di ingresso" (pag 31 memoria ex 183 n 1), laddove "il mancato effettivo esborso" (invocato da controparte e qui riconosciuto) sarebbe piuttosto da addebitare ad una intervenuta compensazione con crediti vantati dalla società e pienamente esigibili.
In simili termini la domanda di parte attorea deve reputarsi infondata in mancanza di un effettivo danno patito dalla società in relazione alla vicenda in oggetto e dunque semplicemente a prescindere da ogni valutazione circa la ragionevolezza o meno delle motivazioni addotte dai convenuti.
Invero (come bene evidenziato dalla difesa dei convenuti) è proprio la relazione DELOITTE prodotta dall'attrice (v pagg 39-40 all 3 attrice) ad evidenziare, a fronte di indennità di avviamento riconosciute per un importo complessivo di euro 660.000 oltre iva, uno scarto rispetto alle fee di ingresso di euro 461.000 ma sottolineando come il medesimo importo risulterebbe oggetto di note di credito emesse in favore di B. a riduzione di acconti fatturati dalle agenzie laddove "i contratti interessati dalle note di credito prevedevano il riconoscimento di un minimo garantito e pertanto gli importi riconosciuti non avrebbero dovuto essere oggetto di conguaglio".

Limitato così ad euro 461.000 l'importo "non coperto" dalle fee di ingresso, si deve riconoscere che, sulla base della documentazione in atti e a differenza di quanto sostenuto dall'attrice, l'intera operazione si sarebbe risolta in realtà in un mero giro contabile (sia pure in verità scarsamente comprensibile) a saldo zero nei rapporti in esame.

Capo g) spese promozionali reputate “irrazionali” per un importo complessivo di euro 380.000
Viene in rilievo in questo caso la stipula di due distinti contratti di sponsorizzazione, l’uno stipulato con la società La Marinella srl in relazione ad una località marina in Sardegna per un importo complessivo di euro 320.000 (poi ridotto a 280.000) per un triennio ma pagamento in gran parte anticipato, l’altro con la società VISMAR srl che gestisce la discoteca Hollywood di Milano per un importo di euro 100.000.
Anche per questa parte non risultano contestati profili di conflitto di interessi ma esclusivamente ragioni di merito che, a giudizio della odierna attrice, avrebbero dovuto sconsigliare la stipula.
In relazione ad entrambe le operazioni i convenuti hanno innanzitutto documentato l’effettiva realizzazione delle iniziative pubblicitarie programmate e per il resto hanno offerto ragionevole (ancorchè certamente opinabile) spiegazione delle determinazioni assunte.
Nella specie il Collegio ritiene di non poter ravvisare nelle deduzioni e nelle prove proposte dall’attrice alcun concreto motivo che possa legittimare un proprio sindacato di merito sulle operazioni in parola.

Capo h) stipula di contratti cd “vuoto per pieno” per un danno contestato di euro 31.509
Per questa parte l’ampia ed articolata prospettazione di parte attrice fa riferimento ad una pluralità di rapporti intercorsi tra B. (sotto la gestione degli odierni convenuti) e diverse società asseritamente riferibili a tale famiglia M., in tesi partner di rilievo di iniziative immobiliari proprie dei “managers B” (v. vicende relative a IMMOBILIARE MARENGO di cui capo d).
Si muove come premessa dalla stipula nel maggio 2005 di un contratto triennale di collaborazione per la fornitura di servizi alberghieri con la società CLUB ITALIA srl (controllata appunto dalla famiglia M.) secondo la formula del cd “vuoto per pieno” (acquisto anticipato di servizi da rivendere ai clienti) e dall’immediato emergere di numerosi disservizi e inadempimenti (come pacifico tra le parti).
Si contesta quindi la successiva stipula nel 2006 di contratti di collaborazione triennale per la gestione della medesima struttura con altra società (Le PIETRE srl) sempre riferibile alla famiglia M., con un esborso di euro 1,240 mln di euro per il primo esercizio poi chiuso con una perdita di gestione di euro 31.509 (perdita che costituisce l’oggetto specifico della richiesta risarcitoria avanzata in questa sede). Ulteriori e più pesanti perdite sarebbero maturate poi negli esercizi successivi in cui tuttavia il contratto in parola veniva trasferito alla controllata GOING, per cui nessuna ulteriore richiesta risarcitoria risulta avanzata in questa sede.
Al riguardo, a fronte delle contestazioni proposte dai convenuti, il Collegio ritiene di dover innanzitutto rilevare la genericità e comunque la scarsa congruenza degli elementi di valutazione offerti dall’attore (v riassuntivamente pagg 116-118 della memoria conclusionale) in ordine alla denunciata situazione di conflitto di interessi in cui sarebbero stati stipulati i contratti in parola, tenuto conto in particolare che tutte quante le comunicazioni e-mail prodotte al riguardo risultano riferibili agli ultimi mesi dell’anno 2008, dunque ad un arco di tempo ampiamente successivo alla stipula dei contratti di cui qui si discute.
Ma soprattutto appare in questo caso di estrema genericità l’individuazione dei profili di “colpa” addebitati, atteso che: si verte evidentemente al di fuori di ipotesi di una ipotesi di voluta (dolosa) antieconomicità di gestione della struttura; a fronte delle problematiche insorti con CLUB ITALIA i managers hanno comunque agito per la pronta risoluzione del contratto triennale stipulato; la riferibilità della successiva contraente LE PIETRE alla medesima compagine societaria di CLUB ITALIA (famiglia M.), da un lato pare ragionevolmente giustificabile con l’ovvia esigenza di trovare una soluzione di compromesso con la controparte a fronte di un contratto triennale, dall’altra non comporta alcuna automatica valutazione negativa nei confronti delle capacità operative della nuova società subentrante; infine la misura delle perdite di gestione denunciate (euro 31.509 a fronte di un investimento di oltre un milione di euro) non autorizza di per sé, in mancanza di qualsivoglia più serio e circostanziato rilievo, alcuna presunzione di “irrazionalità” della scelta gestoria contestata in questa sede.

In conclusione, alla luce di tutte le osservazioni fin qui svolte, il Collegio ritiene di dovere accogliere in ampia misura (sia pur nei limiti di cui in motivazione) la domanda di parte attrice per un importo calcolato in: euro 2.781.299 in relazione al capo a) TECNODESIGN; euro 194.911 in relazione al capo a) SAFIGE; euro 46.000 in relazione al capo b); euro 1.295.933 in relazione al capo c); euro 775.237 in relazione al capo d1); euro 856.120 in relazione al capo d2), dunque per un complessivo importo capitale pari ad euro 5.949.500 oltre interessi e rivalutazione.
Il Tribunale rigetta quindi le ulteriori domande proposte dagli attori. Rigetta le domande proposte dai convenuti in via riconvenzionale.
Alla sostanziale soccombenza dei convenuti segue condanna degli stessi alla integrale rifusione delle spese di lite sostenute dall'attrice (ma limitatamente alla sola fase di merito, a fronte dell'intervenuto rigetto della originaria richiesta di sequestro cautelare) nonchè dalla terza chiamata IN. AS. SGR (ivi comprese le spese di CTU di cui decreto di liquidazione 15.4.13), che si liquidano come da dispositivo.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
in parziale accoglimento della domanda di parte attrice, riconosce per i motivi e nei limiti di cui in motivazione la responsabilità dei convenuti V. M., M. M. e A. Dal Z. nei fatti in contestazione e per l'effetto condanna i convenuti, in solido tra loro, al pagamento in favore dell'attrice del complessivo importo di euro 5.949.500 oltre interessi e rivalutazione;
condanna altresì i convenuti, in solido tra loro, alla integrale rifusione delle spese di lite sostenute dall'attrice e dalla terza chiamata IN. AS. sgr che si liquidano
*in favore dell'attrice in un importo di: euro 87.695,31 a titolo spese CTU; euro 20.950 a titolo di spese CTP; euro 1309,16 a titolo di spese esenti; euro 100.000 a titolo di compensi, oltre iva e cpa;
*in favore della terza chiamata in un importo di euro 35.000 a titolo di compensi, oltre iva e cpa
così deciso in Milano 13.2.14
il Presidente est.
dott. Vincenzo Perozziello


 

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