REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
Il Giudice del lavoro, dott.ssa Cristiana Delfa, nella causa iscritta nel ruolo generale nell'anno 2005 al numero 4873 tra *******, l'INPS in persona del legale rappresentante, T********;
SENTENZA EX ART. 281 SEZIES C.P.C

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 4.7.2005 il ricorrente, premettendo di aver lavorato dal 23.10.1995 al 5.12.1996 e dall'1.4.1998 al 22.8.1999 come operaio edile muratore alle dipendenze di T******* percependo la paga mensile di £ 80.000 nel primo periodo e di £ 85.000 nel secondo periodo, nonchè lamentando di non essere stato regolarizzato, agiva in giudizio in questa sede per ottenere la condanna del resistente al versamento presso l'INPS dei contributi omessi.
Costituendosi in giudizio T****** eccepiva, preliminarmente, la nullità del ricorso per genericità della domanda e, nel merito, l'infondatezza della stessa, attesa l'insussistenza, fra le parti, di un rapporto di lavoro di natura subordinata e la contemporanea pendenza di altro procedimento avente ad oggetto un oggetto parzialmente sovrapponibile a quello del presente.
Indi la causa, istruita con l'assunzione dei testi, veniva chiamata innanzi a questo decidente per la prima volta in data 12.11.2009 e discussa e decisa ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c all'odierna udienza sull'eccezione preliminare di nullità del ricorso.

Motivazione

Ai fini del vaglio dell'eccezione di nullità del ricorso per indeterminatezza del ricorso è opportuno premettere alcune considerazioni sullo stato dell'elaborazione giurisprudenziale sull'argomento.
Allo scopo, si deve innanzi tutto richiamare il principio più volte affermato dalla S.C., secondo cui nel nuovo rito del lavoro, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui la stessa si fonda, non è sufficiente l'omessa indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, essendo invece necessario che ne sia impossibile l'individuazione "attraverso l'esame complessivo dell'atto", effettuabile anche d'ufficio con apprezzamento del giudice del merito (in questo senso si vedano, tra le tante, Cass. Civ. 2519/99; Cass. Civ 817/99; Cass. Civ. 8315/98; Cass. civ. 9810/98, Cass. civ. 1740/1991; Cass. civ. 1366/86; cass. civ. 8456/87; Cass. civ. 2328/89; Cass. civ. 3480/89).
In favore di un'interpretazione rigorosa del suddetto principio sancito dalla S.C. milita altresì la circostanza che l'esposizione precisa e dettagliata dei fatti posti a fondamento della domanda costituisce requisito indispensabile al fine di consentire al resistente di approntare le proprie difese in maniera precisa, alla luce di quanto previsto - a pena di decadenza - dal 2° comma dell'art. 416 c.p.c.; ne consegue che, in caso di carenza di elementi nel ricorso che impediscano al convenuto di conoscere l'effettiva portata delle pretese avverse, ovvero i fatti posti a fondamento delle stesse, il ricorso debba essere dichiarato nullo, sia perchè non consente il rispetto delle regole fondamentali poste a base del processo del lavoro, quali in precedenza specificate, sia in quanto non rispondente ai requisiti richiesti dall'art. 414 c.p.c.
Tale nullità, inoltre, non può neppure essere sanata da una integrazione successiva in corso di causa degli elementi mancanti, dal momento che, diversamente, di andrebbe a concretare una violazione del principio del contraddittorio, sempre in considerazion di quanto disposto nell'art. 416 c.p.c. in merito alla posizione del convenuto.
Alla dichiarazione di nullità del ricorso introduttivo per carenza dei requisiti di cui all'art. 414 c.p.c. nn. 3 e 3 non può ritenersi infine applicabile la norma di cui all'art. 164, 5 comma c.p.c. (che prevede la fissazione di un termine da parte del giudice per rinnovare la citazione o per integrare la domanda), in mancanza di un espresso rinvio ed in considerazione della particolare natura del processo del lavoro che, come è noto, è caratterizzato dalla concentrazione, dall'immediatezza e dall'oralità (in questo senso espessamente Pret. Monza 21 dicembre 1996).
Tale ultima affermazione è stata per la verità autorevolmente contraddetta dalla S.C., la quale, con sentenza a S.U. n.11353 del 17.5.2004, ha affermato l'estensibilità ai processi sottoposti al rito del lavoro (ed in particolare al caso di mancata indicazione degli elementi di fatto e di diritto posti a base della domanda: art. 414 n.4 c.p.c.) della norma da ultimo citata. Tale conclusione tuttavia non appare condivisibile, in quanto tende ad introdurre nel processo del lavoro un meccanismo di integrazione successiva del thema decidendum che confligge con evidenza non solo con i già citati principi della concentrazione, immediatezza e oralità del processo del lavoro - imponendo per altro al giudice di esercitare il potere-dovere di conoscere appieno, fin dall'inizio del processo, la materia del contendere - ma anche e soprattutto con il regime delle preclusioni vigente nell'ambito del processo del lavoro stesso: a tale ultimo proposito, si deve evidenziare come il consentire al ricorrente di integrare successivamente alla prima udienza il proprio atto introduttivo (entro un ulteriore termine da assegnare, magari entro 10 giorni prima della successiva udienza, in analogia a quanto disposto dall'art. 416 c.p.c.), nonchè ancora di consentire al ricorrente, entro la prima udienza successiva alla concessione del suddetto termine, di replicare nuovamente alla avverse difese; il tutto ovviamente, con la possibilità per le parti, secondo taluni, di formulare nuovi e diversi mezzi di prova in conseguenza delle avverse difese; secondo altri, invece, con la preclusione per l'indicazione di nuovi mezzi di prova con l'inevitabile conseguenza del rigetto della domanda introduttiva per difetto di prova. Tale sistema, come è evidente, risulta non solo proceduralmente farraginoso, ma anche assolutamente contrario alle già citate esigenze di concentrazione, immediatezza ed oralità che caratterizzano il rito speciale del lavoro.

Ciò premesso in linea generale - e considerato che poi nei giudizi aventi ad oggetto una domanda di accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro (nel caso di specie, ai fini della regolarizzazione dello stesso sotto il profilo contributivo), l'onere di allegazione gravante sull'attore attiene all'indicazione della durata dell'attività lavorativa, all'orario di lavoro, all'inquadramento ricevuto ed al CCNL di cui si rivendica l'applicazione (eventualmente in alternativa all'applicazione dell'art. 36 della Costituzione) - rileva il decidente che nel ricorso introduttivo del presente giudizio, seppure siano stati indicati la durata complessiva dei due rapporti lavorativi asseritamente intercorsi fra le parti, la paga giornaliera ricevuta nonchè le masioni svolte (in maniera peraltro generica, senza elencazione delle stesse o richiamo e produzione del CCNL di riferimento), non è dato comprendere in che modo si possa astrattamente (in ipotesi di accoglimento della domanda ed a prescindere dalle ulteriori questioni di merito parimenti sollevate dal resistente) quantificare la somma richiesta nelle conclusioni a titolo di omessa contribuzione, non avendo il ricorrente indicato elementi indispensabili quali, fra l'altro, i giorni lavorativi, l'orario osservato ed il CCNL rivendicato.
Nè del resto appare sostenibile la possibilità di evincere aliunde i suddetti elementi sulla scorta di elementi estrinseci al ricorso quali, ad es., gli allegati (cfr. Trib. Milano 4.11.1989 secondo cui è nullo il ricorso che non assolva all'onere di allegazione facendo riferimento a quanto emergente dai documenti prodotti).

A causa di tale indeterminatezza della domanda, pertanto ed in via preliminare sulle altre eccezioni, parte resistente non è stata posta in grado di conoscere e e contestare specificatamente gli elementi costitutivi del credito in questa sede vantato, nè del respo è possibile raggiungere una prova nella fondatezza della domanda attorea o quantificare le eventuali spettanze mediante una c.t.u. contabile con la conseguenza che il ricorso non può che essere dichiarato nullo.

In applicazione del principio della soccombenza prescritto dall'art. 91 c.p.c., il ricorrente soccombente va condannato al pagamento delle spese di lite in favore del Toscano liquidate in complessivi euro 2580,00, oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CPA, ed in favore dell'INPS liquidate in complessivi euro !/£=,00 oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CPA.

PQM

Il Giudice del lavoro, visti gli artt. 429 e 442 c.p.c., disattesa ogni diversa istanza ed eccezione, dichiara nullo il ricorso proposto da ********; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore di T******* e dell'INPS, delle spese di lite sostenute che si liquidano , rispettivamente, in euro 2580,00, oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CPA per il primo ed in euro 1730,00 oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CPA.
Catania lì 24.11.2010
Depositata in cancelleria oggi 24.11.2010


 

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