REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SEGRETO Antonio - Presidente -
Dott. CARLEO Giovanni - Consigliere -
Dott. SESTINI Danilo - rel. Consigliere -
Dott. STALLA Giacomo Maria - Consigliere -
Dott. CIRILLO Francesco Maria - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 29131/2010 proposto da:
LINEA FABBRICA SRL , in persona dell'amministratore Delegato e legale rappresentante Sig. Z.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PISANELLI 40, presso lo studio dell'avvocato BISCOTTO BRUNO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato URSO EMANUELE, giusta delega a margine;
- ricorrente -
contro
SIPTA SRL, in persona del legale rappresentante sig. M.B., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO ARENULA 34, presso lo studio dell'avvocato TERRACCIANO GENNARO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato PETIZIOL ROBERTO giusta mandato a margine;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 153/2010 della CORTE D'APPELLO di TRIESTE, depositata l'08/05/2010, R.G.N. 196/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/02/2014 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;
udito l'Avvocato ROBERTO PETIZIOL;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

La SIPTA s.r.l. - proprietaria di un capannone locato alla Linea Fabbrica s.r.l. - chiedeva al Tribunale di Udine di accertare che il recesso comunicato dalla conduttrice ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., non era fondato su gravi motivi e, per l'effetto, di condannare la predetta conduttrice al pagamento dei canoni dovuti fino alla naturale scadenza del rapporto o, in subordine, al pagamento della penale di cui all'art. 17 del contratto.
La Linea Fabbrica resisteva alla domanda chiedendone l'integrale rigetto; in subordine, ove fosse stata ritenuta dovuta la penale, ne chiedeva la riduzione.
Il Tribunale di Udine escludeva la sussistenza dei gravi motivi di recesso e condannava la resistente al pagamento della somma di Euro 68.071,30.
A seguito dell'impugnazione proposta dalla Linea Fabbrica, la Corte di Appello di Trieste rigettava il gravame, compensando le spese di lite.
Avverso tale sentenza (n. 153/10 del 20.4.2010) ricorre per cassazione la Linea Fabbrica s.r.l., affidandosi a due motivi;
resiste la SIPTA s.r.l. con controricorso illustrato da memoria.

Motivazione

1. A fronte di un contratto che prevedeva (all'art. 2) "almeno sessanta mesi di affitto garantito" e (all'art. 17) che, "in caso di recesso unilaterale da parte della conduttrice, prima del termine come sopra convenuto (sessanta mesi), per qualunque motivo", fosse dovuta "una penale... di 12 mensilità dell'ultimo canone in vigore", la Corte d'Appello ha escluso che sussistessero i gravi motivi addotti dalla conduttrice a fondamento del recesso anticipato e ha ritenuto dovuto l'intero importo della penale; in particolare, ha osservato che la chiusura del ramo di azienda per cui veniva utilizzato il capannone non era "stata una scelta necessitata dell'imprenditore, bensì una scelta di opportunità", determinata "da motivi strategici e non gravi" (visto che, pur a fronte di un'indubbia riduzione del fatturato relativo allo specifico ramo d'azienda della produzione di sedute in legno, la società aveva registrato - nel complesso - un aumento del volume di affari); ha precisato che la somma liquidata dal primo giudice (pari ad undici mensilità) doveva intendersi dovuta a titolo di penale (escludendo, peraltro, la possibilità di liquidare tutte le dodici mensilità previste dall'art. 17 del contratto, "non essendo sul punto stato proposto appello incidentale da parte della SIPTA s.r.l.").
2. Col primo motivo (che deduce genericamente "violazione della L. n. 392 del 1978, art. 27; motivazione contraddittoria e/o insufficiente"), la ricorrente lamenta che "la Corte d'Appello di Trieste ha errato nel ritenere che i motivi per i quali Linea Fabbrica s.r.l. - è receduta dal contratto di locazione non integrino gli estremi dei gravi motivi di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27".
La doglianza non concerne specifici vizi motivazionali, quanto piuttosto la valutazione di "non gravità" dei motivi di recesso addotti dalla conduttrice e investe, dunque, l'interpretazione della clausola dei "gravi motivi" prevista dalla L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., e la possibilità (esclusa dalla Corte territoriale) di sussumere in essa le ragioni addotte dalla recedente.
La censura richiede, in buona sostanza, di valutare se, allorquando il conduttore svolga la propria attività in settori diversi (nel caso di specie, in quello delle sedute in legno e in quello delle sedie in metallo) ed in distinti stabilimenti, la gravità dei motivi addotti a giustificazione del recesso dal contratto di locazione relativo ad uno di tali stabilimenti debba essere apprezzata con riferimento alla specifica attività ivi svolta o, invece, in relazione al complesso delle attività aziendali.

3. Richiamata la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui i gravi motivi di recesso devono "sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo" (Cass. n. 9443/2010), ritiene il Collegio che l'accertamento della ricorrenza dei suddetti requisiti non possa che essere condotto in riferimento allo specifico contratto di locazione per cui viene esercitato il recesso e che, ove venga addotta la non remuneratività dell'attività o addirittura la chiusura del ramo di azienda che utilizzava l'immobile interessato dal recesso, non possa tenersi conto dell'aumentata redditività di altre attività, tale da assorbire le perdite o anche da determinare un miglioramento complessivo delle condizioni economiche del conduttore.
4. Nell'ottica di un bilanciamento fra l'interesse del locatore alla prosecuzione del rapporto fino alla sua naturale scadenza e quello del conduttore a non essere vincolato dal contratto ove l'attività per cui l'immobile è stato locato divenga antieconomica, la valutazione imposta dall'art. 27 ult. co. non può che concernere la specifica attività per cui l'immobile è stato locato, al fine di accertare se persista - oggettivamente - quell'interesse che aveva determinato l'assunzione degli obblighi contrattuali.
Considerato, infatti, che i richiamati requisiti della involontarietà, sopravvenienza ed imprevedibilità forniscono adeguata tutela agli interessi del locatore, impedendo che lo scioglimento del rapporto sia rimesso alla mera volontà del conduttore, l'opzione interpretativa che - a fronte di una situazione di complessiva floridità aziendale - richiedesse al conduttore di restare vincolato ad un contratto rivelatosi antieconomico ne comprimerebbe le ragioni oltre la misura necessaria a garantire la posizione del locatore, finendo col penalizzare il conduttore sino al punto di veder ridotti - o addirittura azzerati - i risultati positivi conseguiti in altri rami dell'attività aziendale.
5. L'accoglimento - nei termini di cui sopra - del primo motivo di ricorso comporta l'assorbimento delle altre doglianze.

6. Cassata la sentenza impugnata, deve disporsi il rinvio alla Corte triestina che dovrà rivalutare se le ragioni addotte dalla conduttrice costituiscano o meno "gravi motivi" di recesso, attenendosi al seguente principio di diritto: "ove il conduttore svolga la propria attività in diversi rami di azienda per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., debbono essere accertati in relazione all'attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilità di negare rilevanza alle difficoltà riscontrate per tale attività in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami aziendali".
7. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

la Corte accoglie, per quanto di ragione, il primo motivo di ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Trieste, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2014


 

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