REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FORTE Fabrizio - Presidente -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere -
Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 11443/2011 proposto da:
ERREGI RISTORAZIONE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MUGGIA 21, presso l'avvocato LIBERATORE ROBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIUSEPPE GRIFFO, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -
contro
R.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato GERACI GIUSEPPE, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 273/2011 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 03/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 21 luglio 2001, R.A. conveniva in giudizio la Erregi Ristorazioni srl e chiedeva l'annullamento delle delibere assembleari, adottate in sede ordinaria e straordinaria in data 21 giugno 2001, con cui, a fronte di perdite d'esercizio, la società aveva azzerato e contestualmente ricostituito il capitale sociale, deducendone l'invalidità in quanto assunte con il solo voto favorevole dell'altro socio e senza computare, ai fini dei quorum costitutivo e deliberativo, la quota a lui spettante, e ciò sulla base del presupposto, ritenuto erroneo, che egli fosse moroso nel versamento dei 7/10 del capitale sottoscritto e, quindi, avesse perduto il diritto di voto.
Il Tribunale di Catania, che rigettava la domanda, riteneva - per quanto ancora interessa - che il R. fosse stato legittimamente escluso dalla società perchè moroso nel versamento dei residui decimi del capitale sociale, a norma del previgente art. 2466 c.c. (v. ora art. 2477 c.c.).

Il gravame del R. è stato accolto dalla Corte di appello di Catania, con sentenza 3 marzo 2011, che ha escluso che egli fosse privo del diritto di voto poichè, pur essendo "indiscusso" il suo inadempimento, la società non aveva provveduto alla sua costituzione in mora, non essendo ravvisabile un simile contenuto in due lettere inviategli il 5 e 6 giugno 2001, ed ha quindi dichiarato illegittime le impugnate delibere.
Avverso questa sentenza ricorre la Erregi Ristorazioni srl sulla base di due motivi, cui si oppone il R.

Motivazione

Nel primo motivo la società ricorrente deduce la violazione dell'art. 2477 c.c. (nel testo previgente), art. 1219 c.c., e art. 12 preleggi, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per non avere considerato che l'esclusione del diritto di voto derivava dalla morosità del R. che non discendeva dall'avere egli ricevuto o meno uno specifico atto di costituzione in mora, ma dal fatto che non aveva eseguito il versamento dei decimi delle quote sottoscritte nel termine prescritto.

Il motivo è fondato.
L'errore in cui è incorsa la corte di appello è di avere implicitamente ritenuto che, ai fini dell'esclusione del diritto di voto, non fosse sufficiente il mancato pagamento da parte del socio delle quote sottoscritte "nel termine prescritto", come previsto dall'art. 2477 c.c., comma 1, ma che fosse richiesto un apposito atto di costituzione in mora, non rinvenuto nel caso di specie.

Tuttavia una corretta lettura della norma impone di rilevare che non può esercitare il diritto di voto il socio che "non esegue il pagamento della quota nel termine prescritto", che è appunto il "socio in mora", come previsto dal quarto comma della citata disposizione, indipendentemente sia da uno specifico atto di costituzione in mora (v. anche l'art. 1219 c.c., comma 2, n. 3), sia dall'intimazione di una diffida ad eseguire il pagamento nel termine di trenta giorni, la quale va indirizzata al socio moroso al solo fine di dare inizio alla procedura di vendita in danno della intera quota sottoscritta, salva restando la decadenza dall'esercizio del diritto di voto.

Tale interpretazione, confortata da due pronunce di questa Corte (v. Cass. 1874/1995, n. 909/1965), comporta l'accoglimento del primo motivo, con assorbimento del secondo (concernente l'esistenza o meno della costituzione in mora); non essendovi ulteriori accertamenti da compiere, la causa può essere decisa nel merito, a norma dell'art. 384 c.p.c., comma 2, con rigetto della domanda del R. di annullamento delle delibere assembleari impugnate.
Le spese dei giudizi di merito e di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di R.A.; lo condanna alle spese dei giudizi di merito, che liquida in complessivi Euro 1.000,00 per il primo grado e in Euro 2.100,00 per il secondo grado, e di cassazione, che liquida in Euro 2600,00, di cui Euro 2.400,00 per compensi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2015


 

Collabora con DirittoItaliano.com

Vuoi pubblicare i tuoi articoli su DirittoItaliano?

Condividi i tuoi articoli, entra a far parte della nostra redazione.

Copyright © 2020 DirittoItaliano.com, Tutti i diritti riservati.