REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA
SEZIONE LAVORO
composta dai Magistrati:
Dott. Concetta Maiore Presidente Dott. Maria Clara Sali Consigliere Dott. Enrico Rao Consigliere rel. ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 325/2017 R.G., promossa da INPS - Istituto Nazionale Per La Previdenza Sociale (cf: 80078750587), in persona del presidente pro tempore, rappresentato e difeso, per procura generale alle liti, dall’avv. Riccardo Vagliasindi, elettivamente domiciliato presso i propri uffici legali di Catania; appellante
contro
(Omissis) rappresentato e difeso, per procura a margine della memoria di costituzione in appello, anche disgiuntamente, dagli avv. Veronica Sgroi e Katia Taibi, presso il cui studio in Catania, è elettivamente domiciliato; appellato All’udienza di discussione del 14.03.2019, sulle conclusioni precisate dalle parti, come in atti, la causa era decisa tramite lettura del dispositivo.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15 marzo 2017 il Tribunale di Catania dichiarava insussistente l’obbligo del ricorrente (Omissis) - professore associato di ruolo presso l’Università, altresì iscritto all’albo degli ingegneri - di iscrizione alla gestione separata dell’Inps dall’1.01.2005, e quindi insussistente l’obbligo di versamento dei contributi richiestigli, a tale titolo, per l’anno 2005, con nota del 13.6.2011 (pari a €.7.252,39), in relazione all’attività libero-professionale da questi espletata nel periodo di riferimento.

Riteneva il primo giudice che, nel caso in esame, non ricorressero, già in linea di principio, i presupposti di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995, come autenticamente interpretato dall’art. 18, comma 12, del d.l. n.98/2011, conv. in l. n.11/2011, per l’iscrizione alla gestione separata, dal momento che gli ingegneri esonerati dall’obbligo di iscrizione ad INARCASSA - in quanto iscritti ad altro regime previdenziale - in forza del divieto posto dall’art. 7 dello statuto, seppur esonerati dal versamento alla cassa del contributo soggettivo, dovevano pur sempre corrispondere, in relazione all’attività libero-professionale espletata, il contributo integrativo, calcolato sul relativo fatturato.

Tale attività di lavoro professionale autonomo non rientrava, pertanto, nel novero delle “attività non soggette a versamento contributivo agli enti di cui al comma 11” per le quali la citata legge interpretativa contemplava l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inps.

Impugnava tale pronuncia l’Istituto, con atto del 5 maggio 2017, cui resisteva l’appellato. All'udienza di discussione del 14 marzo 2019, la causa era decisa come da separato dispositivo in calce ritrascritto

Motivazione

1.) Con un primo motivo di gravame l’Inps lamenta l’errata interpretazione, da parte del primo giudice, della normativa di riferimento ai fini dell’iscrizione alla gestione separata.
Rileva in proposito che, ai fini dell’esclusione di tale obbligo di iscrizione, ai sensi del comma 12 dell’art. 18 del d.l. n.98/2011, non è sufficiente il versamento alla Cassa di riferimento di qualunque tipologia di contributo - quale, nella specie quello integrativo, avente finalità esclusivamente solidaristica e non assicurativoprevidenziale - occorrendo piuttosto il versamento dello specifico contributo di cui al comma 11 dello stesso articolo, ossia di un contributo soggettivo minimo di aliquota non inferiore al 50 % di quella prevista in via ordinaria per gli iscritti. Con il secondo ed il terzo motivo, l’Inps ripropone le proprie difese in merito alle questioni rimaste assorbite nella pronuncia di primo grado. Rileva anzitutto che nella fattispecie risulta sussistente anche il requisito dell’abitualità dell’attività lavorativa, avuto riguardo: a) all’iscrizione dell’appellato all’albo professionale; b) all’apertura da parte dello stesso di partita Iva; c) alla denuncia, per il periodo di riferimento, di redditi (pari a €.22.666,00) superiori alla soglia di €.5000 di cui all’art. 61, co. 2, d.lgs. n.276/2003 concernente la definizione di lavoro occasionale. Né può dirsi maturata l’eccepita prescrizione quinquennale, dovendosi tenere conto, quale dies a quo del relativo termine, il momento ultimo di presentazione della dichiarazione dei redditi, ovvero, in caso di dichiarazione omessa o infedele, il momento in cui l’Inps, per sua iniziativa o a seguito di accertamento fiscale della Agenzia delle entrate, venga a conoscenza dell’imponibile a fini contributivi. Con l’ultimo motivo, censura poi la condanna alle spese che, tenuto conto delle diverse sentenze favorevoli alle proprie tesi, andavano quantomeno compensate.

2.) Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello, per contrasto con l’art. 434 c.p.c. (nel testo introdotto dalla l. 134/2012), formulata da parte appellata, posto che il gravame contiene (in conformità ai principi enunciati da SU 27199/2017) una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, dovendosi peraltro escludere che l'atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado (Cass. 27199/2017 cit.).

3.) Il primo motivo è fondato per quanto di ragione. Le questioni oggetto del mezzo di impugnazione sono state, nella pendenza del gravame, risolte dalla Corte di Cassazione con varie pronunce, tutte convergenti (a partire da Cass. n. 30344 del 18.12.2017, poi confermata da Cass. n. 32166/2018 sino, più recentemente, a Cass. n. 3913/2019), in senso sostanzialmente conforme alle tesi dell’Istituto previdenziale. A tale orientamento del giudice di legittimità questa Corte intende prestare adesione, non ravvisando idonee ragioni per disattenderlo. In sintesi, con i sopra citati arresti, la Suprema Corte ha enunciato i seguenti principi:

a) con la creazione, da parte della l. n. 335 del 1995, della nuova gestione separata, il legislatore ha inteso estendere la copertura assicurativa, nell'ambito della cd. "politica di universalizzazione delle tutele", non solo a coloro che ne erano completamente privi, ma anche a coloro che ne fruivano solo in parte, a coloro cioè che svolgevano due diversi tipi di attività e che erano coperti, dal punto di vista previdenziale, solo per una delle due, facendo quindi in modo che a ciascuna corrispondesse una forma di assicurazione (S.U. n. 3240 del 2010);

b) l’art. 2, comma 26, di detta legge 335/1995 assoggetta alla gestione separata due tipologie di lavoro autonomo, entrambe identificate dalla disciplina fiscale dei relativi redditi (l’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, delle attività - arti e professioni - di cui all’art. 49, comma 1, TUIR nel testo all’epoca vigente, oggi art. 53 co.1; nonchè le collaborazioni coordinate e continuative di cui all’art. 49, co. 2, lett. a TUIR, oggi art. 50 co. 1 lett. c-bis); ciò induce a ritenere che l’obbligazione contributiva è basata sulla mera percezione di un reddito secondo la disciplina fiscale, che diventa irrilevante solo se inferiore alla soglia di cui all’art. 44, comma 2, d.l. n. 269/2003 conv. in l. 326/2003 (Cass. 32166/2018);

c) detto art. 2, comma 26, l. cit. è in linea col principio della universalità delle tutele assicurative obbligatorie, poiché l'articolo 18, comma 12, della l. n. 98/2011 ne ha chiarito l'interpretazione nel senso - fatto proprio dalla Cassazione in tutti gli arresti sopra richiamati - che l'unica forma di contribuzione obbligatoriamente versata che può inibire la forza espansiva della norma di chiusura contenuta nell'art. 2, comma 26, l. n. 335 del 1995, come chiarita dalla norma di interpretazione autentica, è quella correlata ad un obbligo di iscrizione ad una gestione di categoria, in applicazione del divieto di duplicazione delle coperture assicurative incidenti sulla medesima attività professionale (Cass. 3913 del 2019);

d) per tale ragione, la contribuzione integrativa dovuta ad INARCASSA in ragione della mera iscrizione all’albo, che ha solo una funzione solidaristica, ma non attribuisce al lavoratore una copertura assicurativa per gli eventi della vecchiaia, dell'invalidità e della morte in favore dei superstiti, non osta all'obbligo di iscrizione alla gestione separata presso l'INPS; e) è del resto priva di fondamento la pretesa di paralizzare il pieno dispiegarsi del principio di universalizzazione delle tutele - improntato a precisi obblighi derivanti dalla Costituzione: in part. art. 35 - per effetto dell’attribuzione alla cassa professionale del compito di gestire il rapporto assicurativo dei propri associati, con il diverso - e unico - scopo di rispettare le istanze del gruppo professionale nella gestione dell’assicurazione obbligatoria senza il concorso finanziario dello Stato; difatti, con il nuovo assetto costituzionale, la copertura assicurativa previdenziale è divenuto un compito diretto dello Stato a cui spetta fissare i limiti delle tutele (sent. n. 32166 del 2018 cit.).

3.) Dovendosi pertanto disattendere le ragioni della sentenza poste a fondamento della decisione di accoglimento del ricorso introduttivo, vanno esaminate le altre questioni, sollevate in detto ricorso, ma rimaste assorbite nella pronuncia di primo grado, ed espressamente riproposte dall’appellato, ai sensi dell’art. 346 c.p.c. Va anzitutto affermata la sussistenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata, in relazione ai redditi dichiarati dall’appellato nell’anno 2005 (euro 22.666,00), di importo ben superiore alla soglia indicata dall’art. 44, comma 2, d.l. n. 269/2003 conv. in l. 326/2003, di per sé presuntivo della sussistenza del requisito della abitualità.

4.) Nondimeno, deve darsi atto che, per principio ormai consolidato del giudice di legittimità, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo versamento, in quanto il fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva è rappresentato dall'avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito. Non rilevano, a tali fini, pertanto, né la data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (che, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo), né l'atto, eventualmente successivo (avente solo efficacia interruttiva della prescrizione anche a beneficio dell'Inps), con cui l'Agenzia delle Entrate abbia accertato, ex art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, un maggior reddito (in termini, Cass. n. 13463/2017, n. 19640/2018, n. 27950/2018).

In proposito vale pertanto la regola, fissata dall'art. 18, co. 4, d. lgs. 9 luglio 1997, n.241, secondo cui “i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi”.

Applicati detti principi al caso di specie, e considerato che per l’anno 2005 il versamento del saldo - che è il termine più avanzato da cui si può ipotizzare la decorrenza della prescrizione, non considerando gli acconti - era fissato al 20 giugno dell’anno successivo (2006), la prima richiesta da parte dell’Inps dei relativi contributi, con racc. datata 13.6.2011, ma ricevuta dall’appellato nel mese di luglio 2011 (il giorno 8, come da ricevuta allegata al fascicolo Inps), risulta intervenuta quando era ormai maturata la prescrizione quinquennale di legge; a non differenti conclusioni, del resto, si giunge anche ove si prenda a riferimento la data di avviso di giacenza (mod. 26) risultante dalla copia allegata dall’appellato (23.06.2011). In definitiva, pertanto, in riforma della sentenza appellata, vanno dichiarati non dovuti, per intervenuta prescrizione, i contributi alla gestione separata per l’anno 2005, richiesti dall’Inps.

Tenuto conto delle diverse ragioni della decisione e dell’esistenza di contrastanti precedenti giurisprudenziali in ordine alle questioni trattate - anche con riferimento alla data di decorrenza della prescrizione - prima dell’intervento della Corte di legittimità, soccorrono idonei motivi atti a compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

PQM

LA CORTE DI APPELLO definitivamente pronunciando: in riforma della sentenza appellata, dichiara non dovuti, per intervenuta prescrizione, i contributi alla gestione separata per l’anno 2005, richiesti dall’Inps nei confronti dell’appellato; compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Così deciso in Catania, nella Camera di Consiglio del 14 marzo 2019.
Il Consigliere estensore Il Presidente (dott. Enrico Rao) (dott.ssa Concetta Maiore)


Scarica copia del provvedimento: Corte d'Appello Catania - sentenza n. 291/2019

 

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