REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 68 del 2021, proposto da
Sviluppo Risorse Ambientali S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giorgio Avagliano, Francesco Avagliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Consoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Campania Direzione Generale - Ciclo Integrato delle Acque dei Rifiuti - U.O.D. 50.17.09, non costituito in giudizio;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;
nei confronti

Repubblica della Tunisia, Governo della Repubblica della Tunisia, Ambasciatore pro tempore della Repubblica della Tunisia in Italia, Console pro tempore della Repubblica della Tunisia di Napoli, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento:

a) della nota Regione Campania U.O.D. 50.17.09 Direzione Generale Ciclo Integrato delle Acque dei Rifiuti prot. n. 2020.0619970 del 29.12.2020 (recante in calce l'allegato il certificato di analisi 9940i del 23.12.2019) con cui – in relazione alla procedura di spedizione transfrontaliera di rifiuti attivata dalla S.R.A. “IT020260” ed alle precedenti richieste di rimpatrio in Italia, da parte della medesima U.O.D., dei n. 212 containers di rifiuti stipati sulla banchina del porto di Sousse (Tunisia) dal lontano giugno/luglio 2020, di cui infra – preso atto che in base «alle recenti “NOTIZIE APPARSE SULLA STAMPA” … che vedrebbero il coinvolgimento di alti livelli istituzionali tunisini, nonché in merito a “PRESUNTI ACCERTAMENTI” (sic!) sulla natura dei rifiuti attualmente fermi sul porto di Sousse, “SAREBBERO” non conformi al codice cer 191212 (“VIENE RIPORTATA” la presenza di rifiuti ospedalieri, centraline elettriche ed altro) …», è stata reiterata la richiesta alla Autorità tunisine di fornire copia di «EVENTUALI ANALISI DI CARATTERIZZAZIONE svolte da laboratori pubblici … e nel caso tale attività sia in corso o possa essere rinnovata GARANTIRNE IL CONTRADDITTORIO CON IL NOTIFICATORE SRA srl»; nonché se ed in quanto ritenuto atto confermativo della richiesta di rimpatrio dei suddetti rifiuti;

b) delle eventuali risposte e/o riscontri trasmessi dalle Autorità tunisine alla richiesta sub a), successivamente recepite e fatte proprie della Regione Campania con propri atti istituzionali, ad oggi sconosciuti;

c) della nota Regione Campania – U.O.D. 50.17.09 n. 2020.0604827 del 17.12.2020 (comprensiva della nota in calce del sig. Abderrazak Marzouki del 15.12.2020 acquisita al protocollo regionale prot. n. 2020.0601682 del 16.12.2020) con cui «nel confermare che questa Autorità di spedizione ha adottato i relativi atti in ragione della documentazione presentata da codesta Società ed acquisita il 10.01.2020, prot. 2020.15795, in particolare in merito all'individuazione dell'Autorità di destinazione Tunisina … e che gli elementi ostativi che determinano l'impossibilità ad eseguire la notifica come originariamente previsto sono stati sollevati dall'Autorità Tunisina con nota email del 3.12.2020 confermata con ulteriore comunicazione email del 15.12.2020, si rinnova l'obbligo alla ripresa dei rifiuti ed al loro relativo trasporto nell'originario sito di provenienza in Italia, il tutto da effettuare con ogni urgenza … ENTRO TRENTA GIORNI DALLA RICEZIONE DELLA PRECEDENTE NOTA N. 2020-587764 DEL 09.12.2020»; nonché laddove afferma l'obbligo in capo al notificatore al rimpatrio dei rifiuti «in caso di impossibilità ad eseguire la notifica come originariamente previsto», con contestuale minaccia di escussione della polizza;

d) della nota Regione Campania U.O.D. 50.17.09 prot. n. 2020.587764 del 09.12.2020 con cui, nel trasmettere la richiesta di rimpatrio dei detti rifiuti pervenuta in data 03.12.2020 dell'Autorità tunisina, «…PUR NON CONDIVIDENDONE L'AFFERMAZIONE DI SPEDIZIONI ILLEGALI PER LE MOTIVAZIONI ESPRESSE NELLA NOTA PROT. N. 2020.578326 DEL 3.12.2020 che completa di allegati si allega alla presente (SIA IN MERITO ALL'AUTORIZZAZIONE RILASCIATA DA ANCED, CHE SULLA NATURA DI RIFIUTO NON PERICOLOSO DESTINATO AD OPERAZIONI DI RECUPERO) determina comunque l'impossibilità ad eseguire la notifica come previsto, e conseguentemente obbliga codesta Ditta Sra S.R.L. alla ripresa dei rifiuti ed al loro relativo trasporto nell'originario sito di provenienza in Italia, il tutto da effettuare con ogni urgenza e comunque NON OLTRE NOVANTA GIORNI…»; nonché laddove rimette esclusivamente alla S.R.A. di dover concordare le modalità di rimpatrio dei detti rifiuti in difetto di altri metodi di recupero degli stessi nel paese di destino»;

e) della nota sub d) anche nella parte in cui ordina il rimpatrio dei detti rifiuti ancorché demandando alle competenti Autorità tunisine «ai fini delle necessarie informazioni istituzionali, DI COMUNICARE se l'autorizzazione del 20.02.2020 rilasciata dalla “Regional Direction of ANGED …” “Agenzia Nazionale per la gestione dei Rifiuti – Ufficio Regionale di Sousse della Repubblica Tunisina” e la dichiarazione dell'API-SOUSSE del 03.03.2020, trasmesse con la precedente nota, SIANO FALSE O OTTENUTE ATTRAVERSO FRODE, nonché trasmettere copia di EVENTUALI ANALISI di caratterizzazione svolte in merito ai rifiuti di che trattasi, che evidenzino una difformità rispetto al certificato di analisi inviato dal notificatore con il dossier documentale»;

f) degli eventuali atti con cui la Regione Campania ha recepito il riscontro delle Autorità tunisine alla richiesta sub e), non conosciuti;

g) della nota Regione Campania U.O.D. 50.17.09 prot. 2020.0587065 del 09.12.2020 con cui è stata recepita la richiesta a mezzo e.mail del sig. Abderrazak Marzouki datata 03.12.2020) di rimpatrio dei detti rifiuti;

h) se e in quanto lesiva, della nota Regione Campania U.O.D. 50.17.09 prot. 2020.0578326 del 03.12.2020 con cui, nel riscontare una non nota richiesta, verosimilmente delle Autorità tunisine, ed evidenziando largamente e dirimentemente la legittimità del comportamento complessivamente tenuto tanto da essa Regione Campania, quanto dal notificante S.R.A., e la linearità dell'intero procedimento di notifica transfrontaliera de quo, si ribadiva «ogni opportuna collaborazione per la risoluzione positiva della presente questione, si comunica la massima disponibilità a concordare le azioni da intraprendere»;

i) del mancato riscontro e del silenzio alle note a mezzo P.E.C. della S.R.A. del 16.12.2020, 23.12.2020, 02.01.2021 e 05.01.2021 (anche a firma dei propri legali) con cui si contestava motivatamente la richiesta di rimpatrio e si richiedeva, in una prospettiva conciliativa, la dovuta assistenza nella richiesta di smaltimento e recupero dei detti rifiuti in altro impianto dell'area di destino; nonché di garantire il massimo contraddittorio nella necessariamente prodromica fase di campionamento, verifica, analisi dei rifiuti de quo e di apertura dei relativi n. 212 containers mediante rimozione dei sigilli;

j) del mancato riscontro e del silenzio alle citate note della S.R.A. anche nella parte in cui si richiedeva, in una prospettiva conciliativa, l'attivazione della procedura di risoluzione internazionale delle controversie di competenza statale ai sensi dell'art. 20 della Convenzione di Basilea cui aderiscono tanto l'Italia che la Tunisia;

k) del mancato riscontro e del silenzio alle citate note della S.R.A. anche laddove si richiedeva adeguata dimostrazione circa la presunta non conformità dei detti rifiuti nonché di confermare i sospetti di falsità dei citati documenti;

l) del mancato riscontro e del silenzio alle citate note della S.R.A. anche laddove si richiedeva di revocare/annullare/sospendere l'ordine di rimpatrio dei detti rifiuti, quantomeno nelle more del prodromico campionamento, da farsi per ovvi motivi in Tunisia (nel contraddittorio tra le parti);

m) se e in quanto lesive, delle note prott. n. 2020.0425361 del 16.09.2020 e n. 2020.0497762 del 22.10.2020;

n) di tutti gli atti presupposti connessi, collegati e conseguenziali;

PER L'ACCERTAMENTO

del diritto della ricorrente al riscontro, nel valido contraddittorio tra le parti, della piena conformità e rispondenza al certificato di analisi n. 9940I del 23.12.2019 dei rifiuti oggetto della suddetta spedizione, da garantirsi per il tramite delle Autorità italiane qui evocate anche con le necessarie garanzie diplomatiche;

E PER LA CONDANNA

delle Amministrazioni resistenti all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio anche mediante la tempestiva attivazione procedura risolutiva ex art. 20 della Convenzione di Basilea ai fini della risoluzione sul piano internazionale della controversia e comunque prima dell'eventuale rimpatrio dei rifiuti de quo, per il tramite del competente Segretariato, da garantirsi già in fase cautelare.

Motivazione

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 2 febbraio 2021, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 d.l. 28/2020 e 25 d.l. 137/2020, il dott. Fabio Maffei, come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1.- Con il ricorso indicato in epigrafe, la Società istante, premesso di operare da svariati anni nel settore del trattamento e dello smaltimento di rifiuti non pericolosi mediante la gestione di un impianto ubicato nella provincia di Salerno, esponeva che nell’anno 2020 aveva richiesto alla Regione Campania (Autorità di spedizione) l’autorizzazione ad una spedizione transfrontaliera di rifiuti non urbani ma speciali, derivanti dal trattamento operato nel suo impianto, destinati all’impianto di recupero della Soreplast di Sousse in Tunisia.

All’esito dell’instaurato procedimento amministrativo, la Regione Campania, rispettivamente con delibera n. 76 del 14.04.2020 e n. 153 del 8.07.2020, previa richiesta di eventuali motivi ostativi al Ministero dell’Ambiente e previa ulteriore autorizzazione rilasciata dalle Autorità tunisine, aveva autorizzato la richiesta spedizione transfrontaliera, da eseguirsi mediante due diverse movimentazioni.

Nonostante la prima delle autorizzate movimentazioni avesse avuto esito positivo, nel mese di settembre 2020, la ricorrente aveva appreso che la spedizione era stata fermata presso il porto di Sousse dalle autorità tunisine, essendone stato così precluso il ritiro da parte della Soreplast.

Nel mese di dicembre dello stesso anno, con n. 2 e.mails del 03.12.2020 e del 15.12.2020 (pervenute al protocollo regionale rispettivamente ai nn. 2020.0587065 del 09.12.2020 e 0601682 del 16.12.2020), l’autorità tunisina, nella persona del Sig. Abderrazak Marzouku (dichiaratosi responsabile per lo Stato tunisino in relazione alle spedizioni transfrontaliere dei rifiuti regolate dalla Convenzione di Basilea), aveva intimato il rientro immediato nel territorio italiano dei rifiuti in oggetto, invocando l’art. 9 della Convenzione di Basilea, in quanto i rifiuti esportati sarebbero del tipo «RIFIUTI URBANI Y46», rispetto ai quali sussisteva il divieto di introduzione transfrontaliera secondo la Convenzione di Basilea, caratterizzandosi pertanto come rifiuti pericolosi.

In ragione della nota proveniente dalle autorità tunisine, la Regione Campania, pur ribadendo la legittimità dei provvedimenti autorizzativi precedentemente adottati, aveva ordinato alla ricorrente (cfr. note prot. n. 2020.587764 del 09.12.2020 e n. 2020.0604818 del 17.12.2020) di provvedere entro 30 giorni al rimpatrio dei rifiuti esportati sul territorio nazionale.

Avverso gli indicati atti, la Società istante ha proposto, dunque, il presente ricorso, deducendo i seguenti motivi di censura:

1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4, 9, 13 e 20 della convenzione di Basilea del 22.03.2019 approvata dalla U.E. con decisione del Consiglio del 01.02.1993 ed entrata in vigore in Italia il successivo 08.05.1994;

2. Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4, 9, 13 e 20 della convenzione di Basilea del 22.03.2019 approvata dalla Ue. con decisione del consiglio del 01.02.1993 ed entrata in vigore in Italia il successivo 08.05.1994; violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 10, 24, 41 e 97 Cost..; violazione dei principi comunitari e costituzionali di buona amministrazione, dell’affidamento, leale cooperazione, trasparenza e contraddittorio, e degli artt. 3 e 10, l. 241/1990; violazione dell’allegato alla parte iv, allegato d- elenco dei rifiuti, del T.U. Ambiente; violazione degli artt. 2, 7, 11, 22, 23 e 24 del reg. U.e. 1013/2006 e dell’art. 194 del T.U. Ambiente;

3.- Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4, 9, 13 e 20 della convenzione di Basilea del 22.03.2019 approvata dalla Ue. con decisione del consiglio del 01.02.1993 ed entrata in vigore in Italia il successivo 08.05.1994; violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 10, 24, 41 e 97 Cost.; violazione dei principi comunitari e costituzionali di buona amministrazione, dell’affidamento, leale cooperazione, trasparenza e contraddittorio, e degli artt. 3 e 10, L. 241/1990; violazione dell’allegato alla parte iv, allegato d-elenco dei rifiuti, del T.U. Ambiente; violazione degli artt. 2, 7, 11, 22, 23 e 24 del reg. U.e. 1013/2006 e dell’art. 194 del T.U. Ambiente;

4. Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4, 9, 13 e 20 della convenzione di Basilea del 22.03.2019 approvata dalla Ue. con decisione del consiglio del 01.02.1993 ed entrata in vigore in Italia il successivo 08.05.1994; violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 10, 24, 41 e 97 Cost.; violazione dei principi comunitari e costituzionali di buona amministrazione, dell’affidamento, leale cooperazione, trasparenza e contraddittorio, e degli artt. 3 e 10, l. 241/1990; violazione dell’allegato alla parte IV, allegato d-elenco dei rifiuti, del T.U. Ambiente; violazione degli artt. 2, 7, 11, 22, 23 e 24 del reg. Ue. 1013/2006 e dell’art. 194 del T.U. ambiente;

5. Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4, 9, 13 e 20 della convenzione di Basilea del 22.03.2019 approvata dalla Ue. con decisione del consiglio del 01.02.1993 ed entrata in vigore in Italia il successivo 08.05.1994; violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 10, 24, 41 e 97 cost.; violazione dei principi comunitari e costituzionali di buona amministrazione, dell’affidamento, leale cooperazione, trasparenza e contraddittorio, e degli artt. 3 e 10, l. 241/1990; violazione dell’allegato alla parte iv, allegato d-elenco dei rifiuti, del T.U. Ambiente; violazione degli artt. 2, 7, 11, 22, 23 e 24 del reg. U.E. 1013/2006 e dell’art. 194 del T.U. Ambiente;

6. Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4, 9, 13 e 20 della convenzione di Basilea del 22.03.2019 approvata dalla Ue. con decisione del consiglio del 01.02.1993 ed entrata in vigore in Italia il successivo 08.05.1994; violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 10, 24, 41 e 97 Cost.; violazione dei principi comunitari e costituzionali di buona amministrazione, dell’affidamento, leale cooperazione, trasparenza e contraddittorio, e degli artt. 3 e 10, l. 241/1990; violazione dell’allegato alla parte iv, allegato d-elenco dei rifiuti, del T.U. ambiente; violazione degli artt. 2, 7, 11, 22, 23 e 24 del reg. U.e. 1013/2006 e dell’art. 194 del T.U. ambiente.

Infine, oltre all’annullamento per i sopra riportati motivi degli atti gravati, la ricorrente concludeva affinché le Amministrazioni resistenti adottassero le misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio anche mediante la tempestiva attivazione della procedura conciliativa prevista dall’art. 20 della Convenzione di Basilea.

Si costituivano la Regione Campania e le resistenti amministrazioni statali insistendo per la reiezione del ricorso, atteso che i provvedimenti impugnati si erano limitati a recepire le determinazioni dell’autorità straniera, secondo quanto espressamente previsto in materia dalla summenzionata Convenzione di Basilea.

La causa è stata trattenuta per la decisione nella camera di consiglio del 2 febbraio 2021, tenutasi in forma telematica da remota, nel rispetto della disciplina dettata dal d.l. n. 137/2020.

2.- Il ricorso è inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione, alla stregua della motivazione che segue.

2.1.- In limine, reputa il Collegio necessario precisare che il preliminare vaglio della propria giurisdizione, come prospettato alle parti già con il decreto monocratico n. 101/2021, si è reso necessario poiché il proposto gravame, oltre ad essere rivolto alla caducazione del provvedimento regionale n. 2020.0619970 del 29.12.2020, reca l’espressa contestazione, diretta o in via presupposta, di atti o comportamenti delle Autorità tunisine (cfr., inter alia, lettera b): “delle eventuali risposte e/o riscontri trasmessi dalle Autorità tunisine ...”, lettera c): della nota... (comprensiva della nota in calce del sig. Abderrazak Marzouki …); d) “della nota …con cui, nel trasmettere la richiesta di rimpatrio dei detti rifiuti pervenuta in data 3.12.22 dell’Autorità tunisina…”).

Inoltre, l’indicata questione deve essere prioritariamente esaminata rispetto a quella, ugualmente sottoposta alle parti sin dalla fase cautelare presidenziale, involgente la competenza territoriale dell’adito Tribunale, in ossequio al costante orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione secondo cui la pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto a quella di competenza - fondata sulle previsioni costituzionali riguardanti il diritto alla tutela giurisdizionale, la garanzia del giudice naturale precostituito per legge, i principi del giusto processo, l'attribuzione della giurisdizione a giudici ordinari, amministrativi e speciali ed il suo riparto tra questi secondo criteri predeterminati – non può essere derogata, se non nelle residuali ipotesi, non dedotte ovvero emergenti nell’odierna controversia, in cui sussistano norme o principi della Costituzione, espressivi di interessi o di valori di rilievo costituzionale, come, ad esempio, nei casi di mancanza delle condizioni minime di legalità costituzionale nell'instaurazione del "giusto processo", oppure della formazione del giudicato, esplicito o implicito, sulla giurisdizione" (cfr. Cassazione civile, sez. VI, 27/02/2020, n.5298; Cassazione civile, sez. un., 05/01/2016, n. 29).

2.2.- Tanto chiarito, osserva il Collegio come l’attività amministrativa di cui costituisce espressione l’impugnato provvedimento regionale deve essere sussunta nell’ambito di una vicenda fattuale unitaria - di cui l’impugnato atto regionale è solo parte, come più sotto meglio si dirà - e di una cornice normativa complessa che travalicano i confini dell’ordinamento nazionale, involgendo disposizioni sia di diritto internazionale convenzionale, sia di diritto unionale.

In particolare, relativamente al primo nucleo di norme, viene in rilievo la Convenzione di Basilea approvata il 22 marzo 1989 ed avente ad oggetto il controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti

pericolosi.

Nel dettaglio, con riguardo alla presente controversia, devono essere rispettivamente considerati: l’art. 9, che regola le fattispecie integranti il traffico illecito transfrontaliero di rifiuti; l’art. 13, volto a disciplinare le comunicazioni tra gli Stati sottoscrittori delle decisioni assunte da ciascuno di essi in ordine alla non autorizzazione dell’importazione di rifiuti pericolosi o di altri rifiuti affinché siano eliminati in una zona sottoposta alla loro giurisdizione nazionale; l’art. 20, che disciplina un procedimento di natura essenzialmente arbitrale, su base volontaria, onde dirimere le controversie insorte tra gli Stati in ordine all’interpretazione, all’applicazione e all’osservanza della Convenzione o di uno dei suoi protocolli, con tendenziale copertura di tutte le possibili controversie interstatali che riguardino i movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi, come tali definiti dalla stessa Convenzione (cfr. art. 1, comma 1, Conv. cit.), e la loro eliminazione.

In merito alle norme unionali, infine, occorre richiamare l’art. 22 del regolamento CE 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti, secondo cui, in applicazione dell’apicale principio “chi inquina paga” - che vale all’interno della UE ma che, per effetto degli impegni internazionali assunti dagli Stati membri, non ultima la citata Convenzione di Basilea, si estende anche nei confronti degli Stati non-UE -, quando una delle autorità competenti interessate abbia conoscenza che una spedizione di rifiuti, inclusi il recupero o lo smaltimento di questi, “non possa essere portata a termine come previsto dalle clausole del documento di notifica e del documento di movimento e/o del contratto stipulato tra notificatore e destinatario, ne informa immediatamente l'autorità competente di spedizione. Quando un impianto di recupero o smaltimento rifiuta una spedizione, ne informa immediatamente l'autorità competente di destinazione. L'autorità competente di spedizione provvede affinché, salvo nei casi di cui al paragrafo 3, i rifiuti in questione siano ripresi nella sua zona di competenza o altrove all'interno del paese di spedizione dal notificatore quale individuato secondo la gerarchia stabilita nell'articolo 2”.

Dalla delineata cornice normativa si evince chiaramente come l’impugnato provvedimento regionale si inquadri nell’ambito di un articolato procedimento, che non si limita alle determinazioni dell’Amministrazione nazionale ma che mutua i suoi presupposti, sia di fatto (qualificazione dei rifiuti esportati) che giuridici (individuazione dell’autorità straniera competente ad autorizzare l’importazione dei rifiuti), dall’istruttoria compiuta e dalle valutazioni operate sulla natura dei rifiuti, come trasfuse nelle note email del 3.12.2020 e del 15.12.2020, dall’autorità tunisina investita, a sensi della Convenzione di Basilea, del potere autorizzativo in ordine alla contestata movimentazione transfrontaliera dei rifiuti in entrata, non sindacabili dal giudice interno in quanto involgenti questioni di “interpretazione”, “applicazione” o “osservanza” della Convenzione di Basilea (come fatto palese dalla stessa rubrica dei motivi di ricorso, sopra testualmente riportata e riferiti, tra l’altro, a “falsa applicazione” di svariati articoli della richiamata Convenzione di Basilea), riservate all’organismo arbitrale individuato dall’art. 20 della medesima Convenzione.

Tanto sarebbe sufficiente a ritenere privo di giurisdizione il giudice nazionale.

2.3. Si tratta, in ogni caso, per quanto sopra detto, di materia in cui vengono in rilievo competenze nazionali e del singolo Stato straniero, con il conseguente intersecarsi di determinazioni che non appartengono esclusivamente all'uno o all'altro apparato amministrativo.

Ciò premesso, secondo la più autorevole dottrina, il cui eco si avverte anche nelle pronunce della Corte di Giustizia Europea (Grande Sezione, Corte di Giustizia, sentenza 19 dicembre 2018, n. C-219/17), al fine di stabilire la sussistenza o meno della giurisdizione nazionale è necessario valutare la natura vincolante o meno per l’autorità amministrativa nazionale degli atti adottati dallo Stato Straniero, in modo tale che quest’ultimi, lungi dal porsi come atti meramente endoprocedimentali, costituiscono l’effettiva e definitiva espressione del potere decisionale.

In altri e più esplicativi termini, la giurisdizione nazionale deve escludersi ogniqualvolta tra il provvedimento dell’autorità straniera e quello successivo dell’autorità nazionale sia ravvisabile un rapporto di presupposizione necessaria, in ragione del quale l’atto straniero a “monte” si atteggi come presupposto unico ed imprescindibile dei successivi atti nazionali che, in quanto tali, sono, rispetto a quello, meramente consequenziali, ponendosi nell'ambito della medesima sequenza procedimentale quale inevitabile conseguenza dell'atto anteriore, senza necessità di ulteriori valutazioni di interesse, stante il carattere immediato, diretto e necessario del rapporto che s’instaura tra gli atti considerati (cfr., in argomento, ex multis, Cons. Stato, IV Sez., 21 gennaio 2019, n. 510; Cons. Stato, VI Sez., 20 marzo 2018, n. 1777; Cons. Stato, II Sez., parere del 27 agosto 2014, n. 2957).

Ricorrendo una simile relazione procedimentale, sussiste l’immunità dello Stato straniero ai sensi di una consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. Cassazione civile, sez. un., 08/03/2019, n.6884; Cass., S.U., n. 19674/2014, n. 4882/2017, n. 13980/2017), secondo cui, in forza dell'art. 10 Cost., "l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute e tra queste rientra la regola, di carattere consuetudinario, dell'immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione italiana, in base ad una prassi e ad un'opinio iuris internazionali, volta al rispetto della sovranità degli Stati e degli altri soggetti di diritto internazionale.

Questa regola consuetudinaria sull'immunità si applica anche ad altri soggetti che rivestono, in senso ampio, la qualità di organi dello Stato estero (enti pubblici, comunque denominati: Cass., SS.UU n. 150/1999, n 331/1999".

La giurisprudenza di legittimità citata e la prassi internazionale hanno, tuttavia, tracciato alcuni confini all'area dell'immunità mediante il concetto d'immunità “ristretta”, in forza del quale l'immunità non opera soltanto allorquando gli atti compiuti dai soggetti internazionali stranieri e destinati a produrre effetti nell'ordinamento nazionale non siano riconducibili all'esercizio di poteri sovrani. Occorre, infatti, un bilanciamento delle opposte esigenze di tutela della sovranità dello Stato e di tutela del diritto dell'individuo di accesso alla giustizia secondo quello che la giurisprudenza della Corte EDU (sent. 18 gennaio 2011, Guadagnino c. Italia) definisce come "rapporto di ragionevole proporzionalità" (sul carattere non assoluto dell'immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione italiana cfr. anche C. Cost. n. 329/1992, che parla appunto di "immunità ristretta" o funzionale).

Sempre tenendo conto di questa evoluzione, il giudice di legittimità si è orientato nel senso che, nei confronti degli enti estranei all'ordinamento italiano, perché enti di diritto internazionale, e immuni dalla giurisdizione, il giudice italiano è titolare della potestà giurisdizionale esclusivamente per quelle controversie che risultino del tutto esterne ed estranee alle funzioni istituzionali e all'organizzazione dell'ente, sorte, cioè, nell'esercizio di capacità di diritto privato e limitatamente a questioni di contenuto esclusivamente patrimoniale; per gli altri rapporti, per contro, il medesimo giudice è carente della potestà giurisdizionale nei limiti in cui la tutela invocata interferirebbe nell'assetto organizzativo e nell’esercizio delle funzioni, sovrane ed autoritative, proprie degli enti.

Pertanto, l'esenzione dello Stato straniero dalla giurisdizione nazionale viene meno non solo nel caso di controversie aventi per oggetto l'esecuzione di attività meramente ausiliarie delle funzioni istituzionali dell’ente straniero, ma anche nel caso in cui si domandi al giudice italiano una decisione che, attenendo ad aspetti soltanto patrimoniali, sia inidonea ad incidere o ad interferire sulle funzioni dello Stato sovrano (v. Cass., SU, n. 118/2007; n. 14703/2010, n. 1774/2011, n. 7382/2013).

2.4.- Orbene, applicando i menzionati principi all’odierna fattispecie, appare evidente come la stessa Convenzione di Basilea tuteli le funzioni sovrane degli Stati contraenti in ordine alle determinazioni da assumere ai fini della movimentazione transfrontaliera dei rifiuti, prevedendo sia un mero dovere di tempestiva informazione alla controparte dei provvedimenti adottati (art. 13), sia l’obbligo dello Stato esportatore di provvedere tempestivamente alla reimportazione dei rifiuti (art. 8), sia infine una procedimento di risoluzione delle controversie insorte mediante l’impegno di instaurare e proseguire negoziati bilaterali, alternativo alla possibilità di ricorrere volontariamente ad un giudizio arbitrale (art. 20).

Ne consegue che, stante il rapporto di presupposizione necessaria tra l’impugnato provvedimento regionale e gli atti assunti dall’autorità tunisina, il sindacato giurisdizionale sul primo, non potendo funzionalmente prescindere dall’esame dei provvedimenti presupposti, implicherebbe la sua necessaria estensione alla sfera dei poteri sovrani e di governo dello Stato straniero.

La preminenza assoluta degli interessi della collettività organizzata a Stato, che con i provvedimenti indicati si è inteso tutelare, esclude, pertanto, la valutabilità degli stessi sotto il profilo della eventuale violazione del regime giuridico di atti posti in essere "iure imperii".

Il che, appunto, comporta il riconoscimento della immunità dalla giurisdizione dello Stato straniero e, quindi, il difetto assoluto di giurisdizione dell’adito Tribunale, poiché l’eventuale riconoscimento delle pretese della ricorrente richiederebbe apprezzamenti ed indagini sull'esercizio dei poteri pubblicistici dello Stato o ente straniero preclusi al giudice nazionale.

In definitiva, la questione di giurisdizione sollevata con riferimento alla domanda caducatoria posta dalla ricorrente deve essere risolta con la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice italiano, dovendosi postulare l’inammissibilità del ricorso avverso atti, come sopra detto, meramente conseguenziali a, ovvero comunque presupponenti, quelli posti in essere dall’autorità amministrativa straniera.

Invero, l’eventuale sindacato richiesto sull’atto regionale non può prescindere dalla compiuta disamina del procedimento, svolto in Tunisia secondo le regole ivi applicate, cha ha condotto prima alla decisione (tunisina) - legittima o meno non compete a questo giudice valutare - di bloccare l’importazione dei rifiuti, e non a caso fatta oggetto di contestazione specifica da parte della stessa ricorrente (cfr. sub c) e g) dell’epigrafe, quanto al ricorso impugnatorio, nonché la domanda di accertamento cumulativamente proposta), e poi alla conseguente decisione (regionale) di disporre la “ripresa” del carico di rifiuti stante il rifiuto dell’Amministrazione straniera di riceverli in una zona sottoposta alla propria giurisdizionale nazionale (cfr. art. 2 della Convenzione), a conferma della rilevata indissolubile connessione tra i diversi atti del procedimento, riconducibili a diverse autorità nazionali e imponenti l’unicità del controllo sugli stessi, che sola potrebbe garantire da rischi di valutazioni divergenti e, in ultima analisi, l’effettività della stessa tutela esecutiva sulle relative decisioni (cfr. la già citata decisione della Corte di giustizia, in C-219/18, in particolare punti 50, 51 e 58 della motivazione).

Va pure aggiunto che la compiuta regolamentazione della fattispecie all’interno della cornice pattizia costituita dalla Convenzione di Basilea esclude che il giudice nazionale possa, in via autonoma e al di fuori delle speciali procedure individuate nella detta Convenzione per la risoluzione delle relative controversie, ingerirsi in siffatte questioni e definirle con efficacia di giudicato, con effetti, a tacer d’altro, sulla responsabilità internazionale degli Stati.

3.- Analogamente, il difetto assoluto di giurisdizione sussiste anche con riguardo alle ulteriori domande di accertamento e di condanna proposte dalla ricorrente, entrambe volte ad ottenere dalle Amministrazioni resistenti “l'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio anche mediante la tempestiva attivazione della procedura risolutiva ex art. 20 della Convenzione di Basilea ai fini della risoluzione sul piano internazionale della controversia”.

Orbene, reputa il Collegio che, con riguardo agli invocati obblighi del Governo italiano rispettivamente di avvalersi del procedimento arbitrale e di attivare la cooperazione internazionale, non è dato individuare un procedimento amministrativo avente le menzionate finalità né, men che meno, un termine entro il quale concludere un iter di tal genere, rientrando piuttosto le suddette attività nelle prerogative governative - di natura eminentemente politica - in materia di esecuzione di trattati internazionali (cfr. art. 7, co. 1, ult. per., c.p.a., secondo cui "Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico", nonché C. Cost. 10 marzo 2016, n. 52, su ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato in una fattispecie concernente il diniego di avvio di trattative finalizzate alla conclusione di un'intesa ex art. 8, 3° co., Cost., secondo cui non è configurabile una pretesa giustiziabile all'avvio delle inerenti trattative, non risultando conseguentemente sindacabile l'eventuale diniego opposto in tal senso dal Governo).

Pertanto, nell’odierna fattispecie, mutuando l'orientamento di C. Cost. n. 52/2016 cit. - non è ravvisabile una "pretesa soggettiva alla conclusione positiva" di un negoziato con la controparte estera finalizzato alla risoluzione del potenziale conflitto delineatosi in ordine alla contestata movimentazione transfrontaliera di rifiuti, non sussistendo, di conseguenza, la correlata (e logicamente antecedente) pretesa all’attivazione ed alla conclusione con provvedimento espresso del "procedimento" che la parte ricorrente ha inteso sollecitare con la propria diffida.

Conclusivamente, anche su tale domanda va dichiarata l'inammissibilità del ricorso stante il difetto assoluto di giurisdizione.

5.- Le spese di giudizio possono essere interamente compensate in ragione della complessità e della novità della questione decisa.

PQM

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Napoli (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2021, mediante collegamento da remoto in videconferenza con l’applicativo TEAMS, ai sensi del combinato disposto dell’art. 4 d.l. 28/2020, dell’art. 25 d.l. 137/2020 e dell’art. 2 comma 2 d.P.C.S. 28 dicembre 2020, con l'intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente

Pierluigi Russo, Consigliere

Fabio Maffei, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fabio Maffei Maria Abbruzzese


 

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