Tribunale di....
Comparsa di costituzione e risposta

per: il sig. PRIMO nato a _______ il _________ C.F. _______________________ residente in ____________________ (___), Via _________ n.__, elettivamente domiciliato in ________________ preso lo studio dell’avv. ____________________ che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al presente atto, (Si dichiara espressamente ai fini e per gli effetti degli artt. 133, 134 e 136, comma 3, c.p.c. di voler ricevere le comunicazioni di Cancelleria al seguente numero di fax:____________)


PREMESSO CHE

- con atto di citazione notificato in data ________ il sig. Terzo conveniva in giudizio la sig.ra Seconda per sentir dichiarare la detenzione sine titulo ad opera della medesima dell’appartamento sito in ______________, Via _________ n.__, Pal.__, int.___, richiedendo, pertanto, la condanna della sig.ra Seconda al rilascio del predetto immobile;

- in data ___________ si costituiva in giudizio la sig.ra Seconda a mezzo dell'Avv. ___________, depositando comparsa di risposta contenente domanda riconvenzionale e chiamata di terzi in causa;

- con il predetto atto la convenuta testualmente chiedeva a Codesto On.le Tribunale di voler: “ a) rigettare la domanda tendente ad accertare l’occupazione b) in accoglimento della domanda riconvenzionale accertare e dichiarare l’esistenza del rapporto di locazione corrente tra la conduttrice Seconda e i locatori sigg.ri Primo e Terzo in quanto eredi della defunta locatrice Giulia c) Condannare gli stessi al pagamento della somma di € 17.000,00 o quella maggiore o minore per maggior canone percepito. d) Con vittoria di spese competenze ed onorari da distrarsi all'avv._____ antistatario.”

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Con il presente atto si costituisce in giudizio il sig. Primo il quale impugna e contesta tutto quanto eccepito, dedotto e richiesto dalla convenuta Seconda poiché infondato in fatto ed in diritto.

Il sig. Primo eccepisce la propria totale estraneità al presente giudizio, non essendo in alcun modo erede della sig.ra Giulia.

Sul punto appare del tutto arbitraria la ricostruzione operata dalla controparte secondo cui l’odierno chiamato sarebbe erede della compianta sig.ra Giulia.

D’altro canto, trattandosi di un’affermazione priva del benché minimo fondamento, la sig.ra Seconda si è ben veduta dal fornire alcun elemento di prova a sostegno.

Sul punto non può non richiamarsi la norma di cui all’art. 96, comma 1, c.p.c. che testualmente recita “Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave [c.p.c. 220], il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza”.

Nel caso di specie risulta evidente quanto meno la colpa grave dell’odierna convenuta che fonda l’intera propria difesa su di un assunto del tutto arbitrario ossia la qualità di eredi dei sigg.ri Primo e Primorispetto alla compianta sig.ra Giulia. Il sig. Primo disconoscendo totalmente detta qualità di erede, si vede costretto, a causa di questo contegno processualmente azzardato dell’odierna convenuta, a dover sostenere un giudizio dal quale risulta palesemente estraneo.

A tal fine si chiede tenersi conto della condotta processuale della convenuta, della quale si chiede la condanna alle spese per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., lasciando alla valutazione equitativa del giudice la quantificazione del relativo danno.

Sul punto riportiamo di seguito quanto affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità: “All'accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria non osta l'omessa deduzione e dimostrazione dello specifico danno subito dalla parte vittoriosa, che non è costituito dalla lesione della propria posizione materiale, ma dagli oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l'ingiustificata iniziativa dell'avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa, danni la cui esistenza può essere desunta dalla comune esperienza” (Cass. Civile, Sez. III, sent. n. 6796 del 05-05-2003, Vernetti c. Minichelli).

Ed ancora: “L'accoglimento della domanda di condanna al risarcimento del danno ex art. 96, comma 1, cod.proc.civ.presuppone l'accertamento sia dell'elemento soggettivo (mala fede o colpa grave) sia dell'elemento oggettivo (entità del danno sofferto). Il Seconda presupposto, per concretizzarsi nella conoscenza della infondatezza domanda e delle tesi sostenute ovvero nel difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta conoscenza, è ravvisabile in tutti quei casi in cui venga proposto - contrariamente ad un costante, consolidato e mai smentito indirizzo giurisprudenziale - ricorso per cassazione avverso provvedimenti di natura ordinatoria, quali quelli emessi ex art. 273 e 274 c.p.c..Il Primopresupposto richiede, invece, l'esistenza di un danno e la prova da parte dell'istante sia dell' "an" che del "quantum debeatur", il che non osta a che l'interessato possa dedurre, a sostegno della sua domanda, condotte processuali dilatorie o defatigatorie della controparte, potendosi desumere il danno subito da nozioni di comune esperienza anche alla stregua del principio, ora costituzionalizzato, della ragionevole durata del processo (art. 111, comma 2, Cost.) e della legge n. 89 del 2001(c.d. legge Pinto), Primocui, nella normalità dei casi e Primol' "id quod plerumque accidit", ingiustificate condotte processuali, oltre a danni patrimoniali (quali quelli di essere costretti a contrastare una ingiustificata iniziativa dell'avversario sovente in una sede diversa da quella voluta dal legislatore e per di più non compensata sul piano strettamente economico dal rimborso delle spese ed onorari liquidabili Primotariffe che non concernono il rapporto tra parte e cliente), causano "ex se" anche danni di natura psicologica, che per non essere agevolmente quantificabili, vanno liquidati equitativamente sulla base degli elementi in concreto desumibili dagli atti di causa (Dichiara inammissibile, Trib. Roma, 19 Febbraio 2004)” (Cass. Civile, Sez. lavoro, Sent. n. 24645 del 27-11-2007).


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Tanto premesso, il sig. Primo , come sopra rappresentato, domiciliato e difeso, rassegna le seguenti

CONCLUSIONI

oglia l’On.le Tribunale adito, contrariis reiectis,

- in via pregiudiziale accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva del sig. Primo nel presente giudizio per i motivi esposti nel presente atto e per l’effetto estromettere lo stesso dal giudizio de quo;

- in via principale e nel merito:

a) rigettare ogni domanda formulata dalla sig.ra Seconda nei confronti del sig. Primo in quanto il medesimo non risulta essere in alcun modo erede della compianta sig.ra Giulia;

b) condannare la sig.ra Seconda ai sensi dell’art. 96 c.p.c. al risarcimento dei danni da “lite temeraria” da liquidarsi d’ufficio in via equitativa.


Con vittoria di spese, competenze ed onorari.




Il sottoscritto PRIMO, nato a ____________ il __________, residente in ________, via ________n.______, C.F. ___________ informato ai sensi dell’art.4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da atto allegato, delega a rappresentarlo e difenderlo, unitamente e disgiuntamente, in ogni stato e grado, anche esecutivo del presente procedimento, con ogni più ampio potere di legge - ivi compresa la facoltà di agire e resistere in riconvenzionale, di chiamare terzi in causa, di rinunciare ed accettare rinunce agli atti ed all’azione, di nominare sostituti, di transigere e conciliare, di incassare e quietanzare anche in relazione alle somme che saranno versate in sede esecutiva, di sottoscrivere qualsiasi atto giudiziale e stragiudiziale utile all'adempimento del mandato conferito - l’Avv. _____________ nel cui studio in _______, via _________, elegge domicilio. Ai sensi e per gli effetti della L. 675/96, come sostituita dal T.U. 196/03, dichiaro di avere ricevuta apposita informativa e presto il consenso al trattamento dei dati, compresi quelli sensibili, direttamente o anche tramite terzi per ottemperare agli obblighi previsti dalla legge e al mandato conferito.

 

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